Il documento che si offre alla consultazione e allo studio è un elaborato catturato dal periodico

mensile Vidyā, Edizioni Āśram Vidyā, numero di Luglio Agosto 2004. Vidyā è un periodico mensile,

giunto al suo trentaduesimo anno di vita, che con i suoi scritti si riallaccia alla Philosophia perennis

o Metafisica tradizionale il cui intento è essenzialmente realizzativo.

In distribuzione gratuita e può essere richiesto a:

 

Edizioni Āśram Vidyā

Via Azone 20 - 00165 Roma.

 

Il documento è opera d'ingegno del Professor Paolo Scroccaro ed  è parte integrante di un ciclo di

conferenze tenute all'Associazione Filosofica Trevigiana.

Ogni diritto gli è riconosciuto.

 

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Premessa

Nell'età moderna, la ragione è diventata la facoltà più importante, attorno alla quale si collocano le altre facoltà, che rivestono un'importanza secondaria. La centralità della ragione, che appare ai moderni qualcosa di ovvio e di indiscutibile, in realtà è il risultato di un lungo e tormentato percorso, contrassegnato da due movimenti più essenziali degli altri: il tramontare dell'intuizione intellettuale (nous) e la correlata ipervalutazione della ragione (moti inversi che risultano particolarmente visibili nel corso della modernità).

 

Perché Aristotele e Popper?

Poiché non possiamo qui soffermarci sulle varie fasi di queste trasformazioni (cioè sulle varie filosofie, soprattutto moderne, che di volta in volta le hanno registrate e interpretate), prendiamo come pretesto un antico (Aristotele), considerato il padre della Logica, e un contemporaneo (Popper), considerato il più importante esponente del Razionalismo scientifico, per mettere a fuoco l'importanza e i limiti della ragione nella prospettiva della metafisica classica e in quella dell'epistemologia contemporanea. Il confronto permetterà di apprezzare affinità e differenze tra i due punti di vista; in sovrappiù, e questo è ciò che più conta, consentirà anche di riflettere sul fatto che il nostro vissuto, le nostre esperienze, le nostre aspettative subiscono cambiamenti radicali nel richiamarsi alle varie prospettive.

 

Logica e razionalità

In Aristotele la logica formale figura come studio del funzionamento della razionalità, indipendentemente dai contenuti. È noto che la figura tipica del ragionamento è il sillogismo deduttivo, così detto perché, date certe premesse universali, ne deduce conseguenze particolari che sono assolutamente valide dal lato formale. Il sillogismo, o ragionamento deduttivo, è caratterizzato dalla coerenza logica e dalla necessità intrinseca delle conclusioni, a partire dalle premesse date. Popper condivide questo aspetto dell'Aristotelismo e ritiene, al pari di Aristotele, che la Logica formale sia un prerequisito essenziale di qualsiasi ragionamento e di qualsiasi sapere scientifico.

 

La logica formale quale condizione necessaria, ma non sufficiente, della scienza

Anche in questo Aristotele e Popper convergono: la coerenza formale e il carattere stringente e necessario (deduttivo) delle concatenazioni razionali non possono garantire in alcun modo la verità dei contenuti, ma solo la coerenza interna delle proposizioni che costituiscono il ragionamento. La razionalità formale è del tutto compatibile con la falsità dei contenuti.

Questa ovvia ammissione (dovuta non a qualche irrazionalista misticoide, ma a due sostenitori della ratio) dovrebbe esser sufficiente per ridimensionare non poco le velleità di coloro che vorrebbero assolutizzare la ragione, velleità oltranziste che sono ben presenti nel panorama moderno e contemporaneo, dentro e fuori la scienza: quando, per esempio, a scuola si dice che "bisogna insegnare a ragionare" (enfatizzando tale finalità come se fosse quella somma), traspare un'eco di tale atteggiamento (lo stesso si potrebbe dire a proposito di Kant, quando pretende di affidare in esclusiva alla "ragion pura" le prerogative più importanti!).

 

Le teorie scientifiche possono avere un'origine logicorazionale?

I sostenitori più accaniti della ragione hanno cercato di dare una risposta positiva a tale interrogativo, a maggior ragione temendo i contraccolpi di una risposta negativa. La domanda può essere riformulata anche così: esiste un metodo logico-razionale per ottenere teorie scientifiche? Oppure, più semplicemente: è possibile una logica induttiva? (La possibilità di ricavare leggi universali dai dati empirici particolari è stata esaminata da quasi tutti gli autori moderni, vedi per esempio F. Bacone, Hume, Kant, Positivismo, Neopositivismo... con esiti diversi, che hanno dato luogo a molteplici prospettive epistemologiche).

 

La posizione di Aristotele e Popper

Aristotele esamina tale possibilità nel contesto da noi richiamato al punto 4: se le premesse a carattere universale dei sillogismi sono false, false saranno anche le conseguenze che logicamente ne discendono. Affinché vi sia scienza, occorre che le premesse siano vere: possono esse esser ricavate tramite una logica induttiva? Benché l'esposizione aristotelica risulti spesso oscura e contorta, alla fine la risposta di Aristotele, per quanto tormentata, risulta negativa (l'induzione-epagoghé di Aristotele non corrisponde ad una impossibile logica induttiva). Alla stessa conclusione arriva Popper, tramite un percorso più lineare e determinato, nel corso del quale vengono confutati i sostenitori vecchi e nuovi di presunte logiche induttive. Ciò apre la strada all'ammissione dell'origine alogica delle teorie scientifiche.

 

L'origine alogica-arazionale delle teorie scientifiche

Esclusa a rigore la possibilità di un "ragionamento induttivo" vero e proprio, resta aperta la domanda cruciale: come ottenere premesse universali vere (per Aristotele) o almeno verosimili (per Popper)? Aristotele, a detta dello stesso Popper, propende per la soluzione dell'intuizione intellettuale, che sarebbe a suo dire una soluzione di tipo "platonizzante" (nonostante i tentativi di Aristotele di sganciarsi dal Maestro). Quanto a Popper, egli non esclude l'intuizione intellettuale, ma la colloca in un contesto di altre soluzioni parimenti possibili (immaginazione, creatività, colpo di genio, etc.), accomunate comunque dal loro carattere extrarazionale.

 

Il diverso statuto dell'intuizione intellettuale in Aristotele e in Popper

Nel primo, l'intuizione noetica conduce ai principi e alle essenze delle cose, quindi a qualche verità universale capace di fondare i sillogismi scientifici, nei quali la logica si accompagna alla verità dei contenuti: ne risulterebbe dunque un sapere necessario e incontrovertibile, cioè una epistéme. Popper, nel contesto di una cultura moderna prevalentemente orientata al rifiuto dell'intuizione intellettuale, la riabilita, sia pure parzialmente, assieme ad altre prerogative arazionali di cui si è detto. Inoltre, occorre considerare che tale riabilitazione avviene nel quadro epistemologico del razionalismo critico contemporaneo: ciò significa che detta intuizione non conduce a principi, essenze e teorie incontrovertibili, ma ad ipotesi scientifiche proprio perché controvertibili (cioè a congetture controllabili e confutabili, e mai "verificabili").

 

Scienze, razionalismo critico, intuizione intellettuale: note per un confronto aperto tra antichi e moderni

Rispetto a certe epistemologie grossolane diffuse nel mondo attuale, spesso neanche tematizzate ma surrettiziamente e arrogantemente presupposte, risultano evidenti i meriti del razionalismo critico popperiano (e post-popperiano: v. Kuhn, Feyerabend, ecc.): è auspicabile una sua diffusione nella scuola e nella società, anche per ridimensionare le immagini volgari e autoritarie della scienza, che comportano inquietanti ricadute fondamentaliste e antipluralistiche di cui sono ricche le cronache contemporanee.

In sovrappiù (e questo non è meno importante), la consapevolezza dell'origine alogica delle stesse teorie scientifiche agevola la riconsiderazione di quelle facoltà che si situano al di fuori della ragione, e specialmente dell'intuizione intellettuale. Anche in questo caso si tratta di difendere il pluralismo, controbilanciando le pretese egemoniche e totalizzanti della ragione (ben rappresentate da Hegel, il quale pretendeva che il sistema della ragione coincidesse con il Tutto: è evidente che molti rozzi "razionalisti" odierni sono hegeliani anche senza saperlo).

Merita sottolineare inoltre che l'intuizione intellettuale, se considerata nella sua più ampia portata (il che sfugge totalmente al pragmatico Popper, per il quale la vita è più che altro un continuo risolvere problemi), comporta un'esperienza contemplativa che per gli antichi costituiva la quintessenza della saggezza. La riabilitazione dell'esperienza contemplativa può diventare una potente forza risanatrice (sia per la persona, sia per la civiltà), capace di correggere i gravissimi squilibri attuali, che sono correlati ad uno sbilanciamento allarmante verso l'attivismo produttivistico, il calcolo progettante, la manipolazione tecnico-scientifica, l'economicismo bieco e sfrenato ... fenomeni smisurati, il cui carattere invasivo nei confronti della vita individuale, sociale e cosmica è proporzionato al ritrarsi di qualsiasi etica sapienziale, compassionevole e non antropocentrica.

Possa perciò la saggezza contemplativa irradiare nel mondo un influsso benefico e armonizzatore.

 

 

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