Per un innamorato della Dottrina
ermetica, la tentazione di analizzare il
simbolismo massonico per cercarvi i
segni di un rapporto con l’Arte Regia è
evidentemente irresistibile.
Specialmente se questi conosce lo studio
magistrale di Eugène Canseliet sul rito
della messa cattolica, cioè universale,
come la Medicina cui tende l’alchimista,
Phàrmacon Katholikón, secondo il titolo
di un pregevole trattato ermetico del
XVII secolo...
L'elaborato, opera d'ingegno del
Carissimo F:. Paolo Lucarelli
costituisce Opera della sua maestria ed
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Paolo Lucarelli
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Per un innamorato della Dottrina
ermetica, la tentazione di analizzare il
simbolismo massonico per cercarvi i
segni di un rapporto con l’Arte Regia è
evidentemente irresistibile.
Specialmente se questi conosce lo studio
magistrale di Eugène Canseliet sul rito
della messa cattolica, cioè universale,
come la Medicina cui tende l’alchimista,
Phàrmacon Katholikón, secondo il
titolo di un pregevole trattato ermetico
del XVII secolo.
Cederemo quindi a questo impulso,
seppure nei limiti evidentemente imposti
dalle dimensioni di un articolo, e della
scarsezza del tempo–durata che si va
riducendo in questa fase del ciclo
macrocosmico. Materia sempre più
preziosa, in confronto a quell’oro
volgare che gl’insipienti continuano a
descriverci come lo scopo ultimo dei
filosofi ermetici.
Esamineremo dunque, con sufficiente
brevità, soltanto i rituali di
iniziazione ad Apprendista, di passaggio
a Compagno e di elevazione a Maestro
Libero Muratore, più per dare una
indicazione ai curiosi che non per
un’esegesi completa, che ci condurrebbe
troppo lontano.
Che esista un legame con il simbolismo
della Scienza alchemica, il figlio della
dottrina non può non notarlo sin dal suo
ingresso nel Gabinetto di Riflessione.
Il nero delle pareti della cameretta, il
Testamento che il candidato deve
compiere, l’atteggiamento del Maestro
Esperto, sono tutti chiari segni di una
morte, in qualche modo utile e benefica,
che deve evidentemente precedere
qualunque altra operazione. L’alchimista
operativo sa che questo primo e
fondamentale evento della Grande Opera è
il momento della putrefatio,
della prima morte della materia, per
l’ottenimento, al termine
dell’operazione, se questa è stata
condotta con saggezza e prudenza, di
quel nero più nero del nero –
nigrum nigro nigrius – primo dono dello
Spirito, e prima, tanto attesa, conferma
che la preparazione fu canonica, il
tempo e il luogo scelti correttamente, e
la teoria ben compresa.
Riferendosi a questo risultato
straordinario e fondamentale, che
conduce l’artista a superare il primo
gradino della scala dei Saggi e gli
assicura, col possesso della prima
materia, il successo dei lavori
successivi, Iside nella Kore Kosmu
dice con fierezza: «ascolta Horus figlio
mio, perché qui tu senti la dottrina
segreta che il mio avo Kamephis apprese
da Ermete... poi io da Ermete quando
egli mi onorò col dono del Nero
perfetto....»
(1).
In effetti senza questa separazione del
nero nerissimo dal bianco splendente,
del Cielo dalla terra, che secondo gli
antichi Maestri rappresenta la fine del
primo giorno nella loro piccola genesi,
secondo la sequenza data da Mosè,
l’Opera non può proseguire. Essa infatti
non avrebbe ricevuto dall’alto quel
sigillo che assicura l’ingresso in un
mondo fenomenico più elevato di quello
comune. Diventa perciò occasione di
stupita meditazione per il filosofo il
nome di questa cameretta oscura, poiché
egli sa che è proprio il fenomeno della
riflessione del segno spirituale,
che il bianco riproduce come uno
specchio –Speculum Artis– ad
assicurargli la perfezione e la semplice
esecuzione del resto della Prima Opera:
«Quod facile est, si Saturnus in
Speculum Martis suam formam aspexerit»,
«che si farà facilmente, se Saturno avrà
visto la sua immagine nello Specchio di
Marte...»
(2).
Questa verifica, che si fa in Loggia
simbolicamente, mettendo al voci Il
testamento del candidato, l’operatore lo
farà positivamente dopo aver assestato
col martello il sapiente colpo che
compie la separazione del nero caput dal
bianchissimo corpo, dopo cioè che avrà
compiuto quella decapitazione che il
segno di Apprendista vuole ricordare
come l’atto principale dì questo grado
«Testam repudia, nucleumque selige»
getta l’involucro, scegli il nucleo
(3).
Dopo questa prima operazione
misteriosissima, opera della Natura e
non dell’Artista, il Mercurio dei
Filosofi deve subire le tre
purificazioni successive che lo
innalzeranno a quello stato di
perfezione che lo rende idoneo al lavoro
successivo. Sono tre passaggi,
nell’invariabile sequenza che
dall’acqua, per il tramite dell’aria,
conducono ad un fuoco che non sarà certo
quello comune e volgare dei nostri
focolari, ma quello più segreto che fu
chiamato filosofico. I tre viaggi
dei candidato li riproducono con
esattezza, e il rumore, che qui descrive
le scorie del Mercurio, si attutisce
sino a scomparire definitivamente per
l’elemento che rappresenta la stessa
purezza. L’impresa è ripetuta
simbolicamente alla fine di questi
lavori, che sono poi in realtà quelli
dell’Apprendista, quando il Maestro
Esperto ne dimostra con l’esempio le
modalità. In effetti è con l’Acciaio dei
Saggi, cioè con un martello di ferro,
che la pietra va colpita tre volte per
la sua estrema purificazione, o
squadratura:
«purga tercia vice per ignem ac salem»
purga per tre volte, per mezzo del fuoco
e del sale
(4)
A questo punto la Prima Opera è
compiuta. il suo risultato più
importante è ricordato dalla colonna
nera, il cui nome rammenta la forza
occultata nel caput. Il libro si è
schiuso nell’aria a dimostrare che la
materia stessa si è aperta, mentre la
squadra sovrapposta al compasso ci dice
che lo spirito è profondamente
imprigionato in quella terra da cui non
può più sfuggire: esso è stato
finalmente fissato e
corporificato.
In ognuno dei tre gradi il candidato
sottoposto al rito personifica l’ente
principale degli stessi, così come il
loro straordinario risultato. Nel
corretto succedersi delle acquisizioni
avremo dunque prima il Mercurio, poi i1
Sale, infine il Solfo o, se si
preferisce usare la simbologia più
antica, l’Acqua, l’Aria ed il Fuoco.
In questo grado quindi egli sostiene il
ruolo del Mercurio, ente dalla duplice
natura, per metà su un piano, per metà
su un altro, quindi ancora estremamente
instabile, o volatile come si
suol dire più tecnicamente. Perciò il
candidato all’inizio è stato reso
simbolicamente zoppo, con un piede
calzato e uno no, e semi svestito, come
si può ancora leggere in questo
catechismo dell’inizio del secolo
scorso, dove il Maestro Venerabile
interroga l’Apprendista sulla sua
iniziazione:
D. Come siete stato ricevuto?
R. Con tutte le formalità
richieste.
D. Quali sono queste formalità?
R. Avevo il ginocchio nudo sulla
squadra, la mano destra sulla spada,
tenevo un compasso aperto a squadra, con
la punta poggiata sul seno sinistro, che
era nudo
(5).
Per lo stesso motivo, poiché il Mercurio
dei Filosofi è bianco, di questo stesso
colore sarà il grembiule del grado.
Il passaggio al grado di Compagno fa
riferimento a uno dei punti più segreti
della pratica, punto che la maggior
parte degli Adepti o ha taciuto o peggio
ancora, come fa Filalete, ha sostituito
con una serie di operazioni chiaramente
fittizie ed inventate per gettare lo
studioso nella più terribile confusione.
Già Fulcanelli, a questo proposito,
deplorava l’invidia del misterioso
filosofo inglese di cui Pierre Dujols de
Valois, nella sua Ipotiposi al Mutus
Liber che firmò con lo pseudonimo di
Magophon, scrive giustamente: «La
pratica di Filalete, presentata in forma
amabile e persuasiva, sta fra gli
inganni più sottili e più perfidi della
letteratura ermetica. Essa tuttavia
contiene la verità, ma come il veleno
talvolta racchiude il suo antidoto, se
lo si sa isolare dai perniciosi
alcaloidi»
(6).
In effetti la preparazione dei Mercurio
dei Saggi è propedeutica alla
liberazione del Solfo dalla materia che
lo tiene imprigionato. Tra i classici,
solo Basilio Valentino può dare qualche
indicazione sul problema dell’operazione
che fu definita dagli antichi
calcinatio e che permette di aprire
la serratura della prigione del Re.
Si tratta dunque di penetrare nella
terra, di praticare positivamente
l’assioma maggiore della Scienza
Ermetica, a tutti noto, ma da così pochi
compreso nella sua concretezza:
Visita Interiora Terrae Rectificando
Invenies Occultum Lapidem, Veram
Medicinam
Visita le Profondità della Terra, e
rettificando troverai la Pietra Occulta,
vera medicina
Le iniziali delle parole del famoso
apoftegma, ricordando in anticipo che la
u vocale e la v consonante si
confondevano, lette di seguito, danno il
nome del risultato preziosissimo
Vitriolum.
In effetti se noi riprendiamo nei cinque
viaggi del rituale di passaggio la
successione degli strumenti che sono
portati di volta in volta, vediamo che
nei primi quattro essi sono:
·
un Maglietto e uno Scalpello, cioè
Fuoco
·
un Compasso, cioè Aria
·
una Cazzuola, cioè Acqua
·
una Squadra, cioè Terra
L’Apprendista ha ripercorso, questa
volta in senso inverso, il cammino dei
quattro elementi, per ritornare in seno
a quella Terra da cui era partito, per
visitare le profondità e trovarvi il
tesoro racchiuso. Questo è
rappresentato, nel quinto viaggio, dal
Pentalfa o Stella Fiammeggiante,
antichissimo simbolo del Vitriolo dei
Saggi che, essendo una perfetta ed
equilibrata combinazione di spirito e
materia, comporta che in questo grado la
squadra ed il compasso siano
interconnessi.
A proposito dì questa Stella, che è il
vero sigillo canonico dell’Opera,
dovremmo spiegare il significato della
lettera G che sta nel mezzo. Già
Fulcanelli dice, in un capitolo che è
una curiosa mescolanza di invidia e
carità, che questa lettera è l’iniziale
del nome volgare della materia che il
filosofo operativo deve scegliere per
compiere la sua Opera. Di più
evidentemente impossibile dire, senza
cadere in una divulgazione inutile e
pericolosa. Possiamo tuttavia aggiungere
alle parole del prestigioso Adepto che,
essendo questo simbolo tra i più
antichi, la parola va evidentemente
cercata in una lingua che non è
probabilmente più tra quelle vive, e
forse nemmeno nel nostro alfabeto, anche
se la struttura della lettera resta la
stessa. Suggeriamo allora al volonteroso
di guardare nei testi dei Berthelot, e
gli assicuriamo che il tempo dedicato,
se sarà attento e paziente, non andrà
sprecato.
Infine, per completare brevemente il
commento su questo grado, notiamo che il
segno fa evidentemente riferimento
all’operazione di estrazione dal centro,
cioè dal cuore, di qualcosa che viene
reso visibile. Semmai è proprio in una
particolarità di questo segno, che
ritroveremo in un momento importante
dell’elevazione al grado di Maestro, che
è racchiuso il trucco che permette di
riuscire con estrema semplicità
nell’operazione.
Il Vitriolo, se è ottenuto
correttamente, assume una splendida
colorazione verde che lo ha fatto
chiamare anche Smeraldo dei Filosofi, e
che si dice fosse il colore del Santo
Graal. Di conseguenza, per quanto si è
detto prima, questo è evidentemente il
colore del grembiule del grado.
Giunto a questo punto della pratica
l’Artista ha eliminato il carceriere che
teneva strettamente imprigionato l’oro
dei filosofi, e che Basilio Valentino
chiama molto opportunamente Saturno. Può
quindi, senza altri impedimenti,
procedere alla liberazione del Solfo.
Per il suo stesso carattere di
estrazione dal seno della terra, e
poiché questa operazione incomincia con
una seconda Putrefactio, gli
antichi Maestri ne hanno sempre parlato
come di un’uscita di un resuscitato
dalla tomba e hanno spesso insistito, a
questo proposito, sulla necessità di
«rivivificare il morto». In effetti,
morto e seppellito profondamente nella
terra, Hiram rappresenta positivamente
quell’anima metallica, di cui il ramo
d’acacia ricorda simbolicamente il
carattere aureo e che, vero Spirito
Universale corporificato, può essere
liberato dal suo sepolcro con una lunga
e difficile serie di operazioni,
definite sublimazioni, in cui si
riassume tutta la Seconda opera
ermetica.
Queste furono anche chiamate Aquile
da alcuni Maestri, in particolare da
Filalete, perché il rapace dedicato
perticolarmente a Giove, e quindi
all’elemento aria, ben rappresenta
l’azione attrattiva del Mercurio dei
Saggi che solo può captare e
impadronirsi del minuscolo seme che non
tarderà, una volta liberato dalle
tenebre, a diventare per semplice
cottura – ludus puerorum – nel
vaso appropriato, la splendida gemma
della terza opera.
Di questo nome e di questo simbolo resta
nel rituale di elevazione la
presa di Maestro ad artiglio, che
sola può risollevare dalla tomba
il corpo putrefatto. È vero che in
questa operazione il Mercurio dei Saggi
deve essere aiutato, così come lo è il
Maestro venerabile, da due attori
presenti nell’Opera.
Questa serie di operazioni, se condotte
a buon fine, sono davvero il segno della
Maestria, sono il Magistero, come si
chiamò sempre in Spagiria e in
farmaceutica l’estrazione e
l’ottenimento della Quintessenza di un
corpo. A questo riguardo l’adepto
inglese ci dice: «Scia Frater, quod
exacta Aquilorum philosophorum
paeparatio, primus perfectionis gradus
censetur, in quo cognoscendo ingenium
requiritur habile» «Sappi Fratello che
l’esatta preparazione delle Aquile dei
Filosofi è considerata il primo grado di
perfezione, per conoscere il quale si
richiede un ingegno abile»
(7).
Poco più avanti aggiunge: «Intellige
ergo, frater, Sophorum dicta cum
scribunt, aquilas suas ad leonem
vastandum esse ducendas, quarum quo
parcior numerus, eo gravior lucta,
tardior item victoria, paestantissime
autem opus perfici septenario numero aut
noveno». «Comprendi perciò, fratello, i
detti dei Sofi, quando scrivono che
bisogna condurre le aquile a divorare il
leone, delle quali tanto minore è il
numero, tanto più dura la lotta, tanto
più tarda la vittoria, peraltro
l’operazione è compiuta in modo
eccellente dal numero sette o nove»
(8).
E sette sono infatti i Maestri mandati
alla ricerca di Hiram nel rituale
attuale, mentre - senza contraddizione
con la pratica – si leggeva in un
catechismo più antico:
D. Che significano le nove
stelle?
R.
Il numero dei maestri inviati alla
ricerca di Hiram
(9).
Coerentemente con i gradi precedenti il
grembiule si tinge di rosso sulfureo,
mentre finalmente lo Spirito – il
compasso – si è innalzato sulla materia,
la squadra, e la domina perfettamente
fissato. L’artista, il Maestro Massone,
ha ritrovato l’acacia. Emulo di Ulisse,
di Enea e di tutti i veri iniziati, è
penetrato nella Camera di mezzo e ha
colto il ramo d’oro, il Moly, la
Bovissa, il Baraas, la Lunaria, infine
il tanto prezioso Oro dei Filosofi che
tuttavia: «est enim nondum Lapis, at
Sulphur nostrum verum» «non è ancora la
pietra, ma il nostro vero Solfo»
(10).
E poiché qui termina il rituale
massonico, vediamo che esso non completa
l’insegnamento, ma si arresta sulla
soglia della Terza opera senza nemmeno
accennarvi. Esiste in realtà nei «cinque
punti della Maestria» un ben preciso
suggerimento per la preparazione della
Materia prima della cottura finale, ma
nulla di più.
Peraltro le nostre ricerche sui
cosiddetti «gradi alti» dei riti più
noti non ci hanno permesso di trovare
qualcosa di diverso. Tutti, a cominciare
dall’Arco Reale per finire col
trentatreesimo e ultimo grado del Rito
Scozzese, ripercorrono gl’insegnamenti
già dati, senza nulla aggiungere a
quanto di positivo gli antichi maestri
avevano profuso con tanta sapienza e
semplicità.
Ne deduciamo, come conclusione logica e
comprensibile, che le istruzioni più
segrete fossero trasmesse in una forma
più occulta, a quei pochi che avessero
già penetrato il valore di queste,
nell’unico modo tradizionale possibile,
e cioè oralmente. E ci riferiamo anche
agl’insegnamenti sulla parte parziale
dell’Opera, a quella preparazione che
rende le materie vive e filosofiche,
senza la quale non sarebbe possibile
sperare in alcun risultato.
E in questo non possiamo che lodare la
saggia prudenza degli Antichi che forse
prevedevano che il tanto decantato
«Segreto Massonico» non sarebbe rimasto
a lungo conservato nei Templi.
Abbiamo dunque esaminato i rituali della
Libera Muratoria alla luce delle
operazioni della Grande Opera, così come
le abbiamo apprese dall’insegnamento del
nostro maestro Eugène Canseliet F. C. H.
– unico discepolo di Fulcanelli – e
parzialmente verificate nel nostro
laboratorio. Il risultato ci sembra così
perfetto, nella sua corrispondenza
biunivoca, che concludendo non possiamo
evidentemente esimerci dal rispondere ad
una domanda naturale. Pensiamo veramente
che tutto il rituale massonico sia di
origine alchemica, ed abbia come scopo
la trasmissione di insegnamenti ermetici
operativi? Diciamo subito che se abbiamo
qui spesso usato l’opera maggiore di
Eireneo Filalete, ad esemplificare
alcune affermazioni, è proprio perché
sappiamo che l’Adepto che operò in
Inghilterra nella prima metà del XVII
secolo ebbe rapporti e contatti con
alcuni dei primi massoni «speculativi».
In altra sede abbiamo già detto e
cercato di dimostrare la nostra
opinione, sempre fondata su documenti,
che il movimento Rosacrociano tedesco
sia stato all’origine dell’esoterismo
massonico quale lo conosciamo oggi.
Infine, e crediamo di averlo indicato
con questo breve studio, la successione
ci sembra al di là di qualunque
probabilità casuale. E, per brevità, non
ci siamo soffermati su tutti i punti del
rituale, come sarebbe stato possibile.
Dunque, potremmo rispondere
affermativamente, ma preferiamo
attendere, con la massima disponibilità,
che qualcuno ci dia di tutto ciò
un’esegesi altrettanto completa, ma
difforme. Sino ad allora, ma è
evidentemente un valore personale,
restiamo nella convinzione che ancora
una volta sia confermato il vecchio
assioma della Scienza Sacra, da Eliopoli
ai giorni nostri: «Quod ubique, quod
ab omnibus, quod semper.
1
- Frammento di Stobeo n. XXIII:
“Estratto dal libro sacro di Ermete
Trismegisto intitolato «Pupilla dei
Mondo»”, par. 31.
2
- Introitus apertus ad Occlusun Regis
Paiatium Authore Anonimo Philaleitha
Philosopho, in Bibliotheca Chemica
Curiosa. Libro III, Sect.
III, Substec. IV, cap. VII.
3
- Introitus, op. cit., ibidem.
4
- Introitus, op. cit., ibidem.
5
- Instructions pour Les trois prerniers
grades de la Franc–Maçonnerie.
6
- «Mutus Liber» avec une hipotypose de
Magophon in Bibliotheca Hermetica, E.P.
Denoël, Paris 1971, p. 24.
7
- Introitus, op. cit., ibidem.
8
- Introitus, op. cit., ibidem.
9
- Instructions ctc., op. cit.
10
- Introitus, op. cit., cap. XIX.
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