La musica è considerata, fin dalla notte dei tempi, l’arte per eccellenza. Sappiamo che, nella lingua greca classica, la parola mousiké, riferita all’arte dei suoni, sottintendeva il termine techné, era quindi un aggettivo che si riferiva ad una arte (techné), alla quale soprintendevano le Muse: non una sola fra le dee alle quali era affidata la protezione dcgli artisti, ma tutte le nove divinità erano coinvolte nel processo creativo che è all’origine dell’arte dei suoni. Musica, quindi, come la più spirituale delle arti; la più vicina al mistero che avvolge l’inventiva dell’uomo. La più efficace nell’esaltare il valore simbolico della realtà visibile; l’arte, il cui linguaggio si serve dei mezzi più ”immateriali” (i suoni), per comunicare sensazioni, suscitare sentimenti, evocare eventi lieti o tristi, dare significato al dramma, esaltare la gioia, conferire vigore alla preghiera, potenziare e indirizzare a buon fine la volontà dell’uomo. Ma, oltre valore simbolico, la Musica è soprattutto testimonianza della conoscenza esoterica, immagine della realtà autentica che si manifesta agli ascoltatori nello splendore della verità, disvelamento di ciò che è oltre e al di là di ciò che appare e quindi rivelazione e conoscenza del noumeno rispetto al fenomeno. La suggestione provocata dai suoni sulla psiche umana è testimoniata fin da epoche remote.
Le liturgie più antiche prevedono l’esecuzione di musiche e canti rituali a sostegno di pratiche di iniziazione, di pratiche magiche e di preghiere salvifiche.
Illuminante, a tale proposito, è la tradizione che si richiama ai misteri orfici, risalendo alla Grecia dell’età preistorica. Nell’equinozio di primavera si celebrava un rito particolarmente suggestivo.
Si diceva che i tripodi sacri e le lire del tempio di Apollo, senza che la mano dei sacerdoti li toccasse, emettessero dei suoni meravigliosi e misteriosi nel momento in cui fiorivano i narcisi intorno alla fonte Castalia: Orfeo tornava sulla terra emergendo dall’Ade su un carro trainato da cigni.
La grande sacerdotessa del tempio, con la fronte cinta di alloro, cantava per gli iniziati, narrando le vicende di Orfeo, figlio di Apollo e di una sacerdotessa.
Orfeo che, con la dolcezza del suo canto, aveva salvato gli uomini dominando le forze del male e che era stato incoronato tre volte: sulla terra, nell’Ade e in cielo, assurto tra gli dèi. Le sette corde della sua lira dominavano l’universo: ciascuna delle sette corde del suo meraviglioso strumento custodiva il segreto di una scienza o di un’arte, ma, soprattutto, riassumeva nella simbologia dei numeri tre e sette (le tre corone, le sette corde della lira) l’esaltazione della speranza iniziatica che, attraverso la Musica, la Poesia e la Danza, tendeva alla conquista della verità eterna. Nei millenni che precedono la nascita di Gesù Cristo e l’edificazione del tempio di Salomone, le caste sacerdotali custodiscono e tramandano il sapere iniziatico, le scienze, le arti.
La musica, prima tra le arti, è parte fondamentale ed irrinunciabile del rito e su di essa si fonda la simbologia di tutti gli elementi liturgici. La capacità, propria dell’arte dei suoni, di esprimere l’inesprimibile, la colloca al vertice dei mezzi di interlocuzione tra gli esseri umani; anzi, proprio nella musica e nel canto si realizza la più stretta unione tra uomo e natura. In tal senso, Orfeo è l’eroe che, per mezzo del canto accompagnato dal suono della cetra, domina ed indirizza al bene tutte le forze naturali, anche quelle che potrebbero insidiare la felicità degli esseri viventi o turbarne l’esistenza.
Il culto delle divinità primigenie, dall’Assiria all’Egitto, dalla Fenicia alla Giudea, viene esaltato dall’arte dei suoni. Nelle regioni dell’Ellade sorgono templi dedicati alle divinità femminili: Giunone si venerava ad Argo, Artemide nell’Arcadia, l’Astarte fenicia era venerata come Afrodite nata dalla spuma del mare, nei templi di Pathos e di Corinto. Una colonia egizia aveva trasferito ad Eleusi il culto della dea Iside, alla quale era stato consacrato un tempio sotto il nome di Demetra (la Cerere dei Latini), madre di Persefone (o Proserpina), la dea della primavera, patrona della Locride.
Al di sopra delle divinità alle quali erano dedicati i santuari che aggregavano i fedeli di una determinata regione, si ergeva solitario e possente nella sua qualità di Signore della Luce la figura emblematica e simbolica del dio solare: Apollo, “dominatore dei mortali”, secondo l’epiteto più diffuso nei testi poetici e negli inni celebrativi. Ad Apollo è dedicato il famoso santuario di Delfi, consultato dai fedeli che provenivano da tutto il mondo allora conosciuto. Pitagora si ispirerà ad Apollo Delfico e ad Orfeo, suo primo sacerdote e rivelatore della divinità solare, nel tracciare il cammino esoterico che porterà i giovani neofiti alla conquista della Luce. Orfeo, rappresentazione emblematica della forza dell’arte dei suoni, è considerato divinità cosmogonica in quanto padre di tutti gli iniziati e quindi generatore della parte migliore dell’umanità. Al di là di questa tradizione iniziatica, secondo la quale Orfeo rappresenta la forza e la bellezza esaltate dalla luce della Scienza e quindi dal possesso della Verità, Pitagora richiamava nella sua dottrina i misteri del tempio di Iside celebrati a Menfi, il culto di Bel a Babilonia e la religiosità ebraica. Convergono nella dottrina pitagorica e ne ampliano l’approfondimento esoterico i principi del monoteismo ebraico, la ricchezza dei contenuti umani e simbolici del politeismo greco, l’armonica perfezione del trinitarismo indù e I’equilibrio del dualismo persiano. La profonda saggezza, che Pitagora aveva maturato attraverso la ricerca iniziatica, gli faceva considerare tutte le fedi religiose come i diversi aspetti di una stessa verità, i raggi di una stessa luce ed egli, alla ricerca di una sintesi di queste dottrine, la trovò nella verità esoterica che sta alla base del suo sistema teologico e teleologico. In tal senso, possiamo affermare che Pitagora, primo fra i grandi iniziati, si rese conto che, al fondo di tutti gli antichi misteri e come obiettivo finale della conoscenza umana, si trova l’idea di un dio unico e supremo Ma Pitagora non illustrava in maniera comprensibile agli adepti questo aspetto fondamentale del suo sistema cosmogonico; lasciava soltanto intravedere questa verità attraverso le sensazioni e soprattutto attraverso i sentimenti che la musica suscitava nei neofiti. La musica e i numeri che la governano sono le porte attraverso le quali si può giungere a possedere la Luce.
Pitagora insegnava, infatti, che i numeri contengono il segreto di tutte le cose e che Dio non è soltanto l’immagine dell’armonia universale, ma egli stesso è Armonia, consonanza, accordo di suoni che rivelano ed esaltano la realtà visibile ed invisibile. La percezione della sacralità dei sette modi sacri costruiti sulle sette note dell’eptacordo è l’immagine dei sette colori della luce. Le melodie che scaturiscono dai sette modi sacri rendono l’anima dell’uomo capace di vibrare all’unisono con il “soffio della verità”. L’analisi della simbologia dei numeri veniva ancor più approfondita quando Pitagora assegnava ad ogni numero un principio, una legge, una forza attiva dell’universo.
Particolarmente importanti, a questo riguardo, erano i primi quattro numeri perché, dalla loro addizione, scaturivano tutti gli altri. Si nota facilmente, infatti, che sommando l’l e il 2 più il 3 e aggiungendo il risultato (6) al 4 si ottiene il numero 10 comprensivo di tutte le unità possibili.
In sintonia con i più grandi Maestri dell’esoterismo, Pitagora, lo abbiamo visto, attribuiva grande importanza al numero 7, composto dalla somma del 3 più il 4; il 7 rappresenta l’unione dell’uomo con Dio. Il numero 3 è infatti l’immagine delle forze primordiali che compongono I’universo e che Pitagora definisce come materia, anima e spirito.
È chiaro il parallelismo con le sette note musicali, i sette giorni della creazione, i sette giorni della settimana, ma l’aspetto più interessante per il nostro argomento è quello che si richiama al termine Musica = Arte delle Muse, arte, cioè, ispirata dalle nove Muse. Per Pitagora il numero 9 rappresenta il raggruppamento ternario che si evolve nei nove mondi visibili e che forma, con Hestia, la dea che custodisce il fuoco primordiale, la cosiddetta Decade Sacra, immagine della scienza (rappresentata da Hestia) e dell’arte, strettamente unite per l’esaltazione dello spirito eterno che anima tutto ciò che vive nelle profondità del cosmo.
Platone, nato nel 427 a.C., 60 anni dopo la morte di Pitagora (560 – 497 a.C.), si rifà alla dottrina esoterica del grande Maestro, dopo aver vissuto per un certo periodo a Crotone ed averne incontrato gli eredi. Se è vero che i popoli e le nazioni compiono un’evoluzione culturale che si può assimilare al corso del sole, la tradizione esoterica della Grecia antica può essere rappresentata da Orfeo come il grande iniziato dell’aurora, Pitagora, lo splendore solare del mezzogiorno e Platone, il vessillifero della luce crepuscolare che preannuncia una nuova alba. Per Platone la Musica è un mezzo per raggiungere il perfetto equilibrio tra corpo e spirito; strumento di conoscenza, ma anche di perfezione morale e presupposto indispensabile per conoscere e praticare la virtù. Secondo la scuola filosofica alessandrina (Proclo), Platone conobbe i misteri orfici a seguito dello studio della dottrina pitagorica. Al ritorno dal suo viaggio in Magna Grecia, Platone fondò ad Atene l’Accademia, la grande Istituzione che irradiò la cultura, l’arte e la scienza esoterica per molti secoli ed ai cui insegnamenti ricorsero i primi Padri della Chiesa e soprattutto S. Agostino (354 – 420 d. C. ) nel formulare i principi basilari della teologia e dell’esoterismo cristiano. Sappiamo che Platone era stato iniziato ai misteri del tempio di Eleusi e, attraverso le dottrine platoniche, l’esoterismo eleusino giungerà a permeare di sé la dottrina cristiana dopo essere stato praticato dagli Esseni, l’Ordine eletto dei grandi taumaturghi all’interno del quale visse lunghi anni e forgiò il suo carattere, studiando e praticando le antiche Leggi, Johshua-Gesù il Rabbi (Maestro), figlio di Dio, profeta della Rivelazione.
Nel corso delle celebrazioni dei misteri eleusini le sacerdotesse di Proserpina si disponevano in cerchio e intonavano canti sacri in modo dorico: la musica era parte irrinunciabile della formazione mistica ed esoterica degli Esseni e ciò spiega anche quanto sia importante la musica nella tradizione cristiana, tanto da far dire ad Agostino che “chi canta prega due volte” e chi partecipa alla giubilazione liturgica non verba dicit sed sonus quidem laetitiae est sine verbis: non dice parole ma lo stesso suono (della voce) è di letizia senza (che vi sia bisogno delle) parole.
Ritroviamo l’arte musicale unita alla simbologia del numero 7 nella tradizione esoterica del Medioevo.
Sette erano le cosiddette arti liberali, le discipline del trivium ( grammatica, dialettica e retorica ) e del quadrivium (aritmetica, musica, geometria e astronomia). Abbiamo visto quanta parte nella liturgia cristiana avesse la musica, il cui significato simbolico ed esoterico era peraltro ignorato dai fedeli. Sappiamo che parecchie parti cantate dell’Ordinarium Missae derivano dalla tradizione musicale greca: l’Epitaffio di Sicilo (composizione musicale rinvenuta su una lapide mortuaria a Tralles e decifrata in epoca moderna) era musica ben nota agli anonimi musicisti dell’alto Medioevo, tanto da essere cantata sulle parole latine del Kyrie.
La liturgia cristiana deve molto alla tradizione musicale pitagorica filtrata attraverso il simbolismo esoterico degli Esseni. In tal senso risultano chiare le analogie tra il rituale esseno e quello pitagorico che rivelano questi punti in comune confluiti poi nella liturgia cristiana: -
il canto della preghiera del mattino, al levare del sole; -
le agapi fraterne allietate dalla musica e dalla danza; -
la celebrazione dei riti con l’accompagnamento di suoni e canti.
L’esaltazione del significato simbolico della musica viene celebrato tra gli iniziati dell’Ordine dei Rosacroce, la più misteriosa ed indecifrabile delle antiche confraternite (sorta nei primi decenni del ’600), che tendeva proprio all’unione armonica di tutti gli uomini senza distinzione di censo, razza, nazione, concezione religiosa. L’analogia tra la musica e la fratellanza tra gli uomini è il fondamento della dottrina di Giordano Bruno e degli Ordini iniziatici che, tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘90%, si ispirano all’esoterismo neoplatonico.
Dagli inizi del XVIII secolo non vi è un solo compositore che non abbia esaltato il valore esoterico del linguaggio musicale attraverso la sua fantasia creatrice, anche perché quasi tutti i grandi musicisti sono stati anche (e vorrei dire: soprattutto) Grandi Iniziati. Per testimoniare il valore simbolico della Musica basterebbe elencare le composizioni più celebrate dei più grandi musicisti. Come spiegare il significato più profondo della ”Passione secondo S.
Matteo” di Bach?
Che dire dell’Oratorio II Messia di Haendel o della Creazione di Haydn?
Dei Concerti di Vivaldi, Veracini, Geminiani, Corelli?
Della Missa Solemnis o della Nona Sinfonia di Beethoven? Cosa dire delle musiche di Schubert, Chopin, Schumann, Brahms, Bruckner, Mahler?
Delle opere di Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi, Puccini, del Mefistofele di Arrigo Boito e del nostro Cilea? E quali parole potranno mai chiarire l’altissimo valore simbolico de “Il flauto magico” di Mozart? Basterà dire che quest’opera meravigliosa, dovuta alla divina genialità di uno dei più Grandi Iniziati, forse del più Grande Iniziato mai apparso sulla terra, nell’esemplificazione del viaggio esoterico rappresenta il culmine irraggiungibile di quanto la mente di un uomo abbia potuto concepire per celebrare ed esaltare, con il linguaggio dei suoni, l’aspetto creativo più vicino al Grande Architetto dell’Universo. |