Importanza del Simbolo Nell'antica Grecia, per avere un segno di riconoscimento e controllo fra due o più persone legate da una comunanza di interessi materiali o morali, poiché non vi erano i mezzi di cui ora si dispone, si ricorse ad accorgimenti commisurati ai materiali ed alle conoscenze allora a disposizione.
Tale accorgimento era realizzato spezzando in due o più parti un oggetto, in genere una moneta od una tavoletta di bronzo o di metallo più pregiato, consegnando poi un frammento ad ogni interessato. Il possessore di una delle parti poteva così farsi riconoscere dai possessori delle altre mostrando come le diverse parti fra di loro combaciassero. Tale segno di riconoscimento era chiamato "Simbolo" dal greco "Sùn" = insieme e "Bàllo" = gettare-tenere cioè: che tiene assieme. I detentori delle diverse parti dell'oggetto spezzato si consideravano dunque "legati" fra di loro da un filo continuo, astratto ma indistruttibile, come componenti di un tutto omogeneo e coerente così come le diverse parti dell'oggetto che, da sole, non avevano alcun significato né valore, unite, ricostituivano l'oggetto stesso nella sua integrità originaria restituendo al medesimo la sua identità fisica ed il suo scopo. Così, più persone che, da sole, non avevano coerente indirizzo, raccolte in un certo ambito, componevano una entità con finalità ben definite. Dunque, fino dalle epoche più lontane la trasmissione delle notizie riservate e dell'insegnamento relativo alle conquiste dei sapere, nel significato più ampio della sua accezione, si servì di segni sia perché si riconoscessero fra di loro gli interessati sia, soprattutto, perché la comunicazione importante rimanesse riservata fra gli interessati stessi. Ciò lo si deduce anche dal più antichi poemi babilonesi e dagli enigmi mitologici come: Prometeo, la Nascita di Venere, Leda ed il Cigno, narrazioni tutte che, ad una prima lettura, paiono essere delle favole infantili mentre, in effetti, hanno un recondito significato simbolico e trascendente. Per questo le mitologie dei poemi più antichi racchiudono misteriosi insegnamenti ed indicazioni che si ritrovano, diversi nelle forme ma pressoché identici nella sostanza, nelle tradizioni religiose di tutti i tempi e di tutti i popoli. É importante notate come anche quelle genti che non ebbero fra di loro comunicazioni storiche abbiano ricreato poemi di analogo significato simbolico in tempi diversi fra di loro ma circa nella stessa fase della loro civiltà ed evoluzione scientifica. Ugualmente, si hanno simili ricorrenze nel vari culti e perfino nelle favole e nel racconti delle leggende popolari. Sarebbe anzi interessante effettuare, e in parte è già stata iniziata, una approfondita analisi comparata sui significati delle leggende, maturate nelle diverse civiltà, raggruppandole per generi riferiti al loro contenuto implicito, al di là della forma, e comparandole per analogie di significati e per momenti storici in cui le medesime fiorirono nei diversi popoli e civiltà. La simbologia uscì, dunque, da un medesimo ceppo di uomini, che usavano dei segni per riconoscersi, depositari del sapere, nel momento in cui furono indotti ad associarsi per istruirsi reciprocamente, comunicarsi misteriosi poteri o conoscenze e trasmetterli, a loro volta, ad altri individui capaci di rilevare ed aumentare il peso di tali poteri e conoscenze. Tale simbologia, nel corso del tempo, si differenziò in funzione dei significati prescelti da tramandare in conseguenza dell'estendersi del sapere e della necessità di dividere lo stesso per categorie, e dell'accresciuto patrimonio di conoscenze intervenute nello scorrere del tempo. Si ebbero così simbolismi diversi per: sacerdoti, maghi, mistici, filosofi, esoterici, alchimisti, occultisti, astrologi, ermetisti, sino al costruttori. La presenza dei simboli è poi una delle componenti più evidenti nella storia delle religioni e si esplicita nel modo più vario a seconda delle componenti filosofiche ed etniche delle diverse manifestazioni religiose. Nelle religioni misteriche o misteriosofiche orientali il simbolo è essenzialmente un modo di espressione allegorico che, progressivamente, si stacca dal concreto e dal contingente per assurgere a rappresentazione di significati astratti ponendo le premesse al concetto attuale di simbolismo. Infatti, nelle religioni primitive, il simbolo si identifica con la pratica della magia, ha valore realistico e coincide con la cosa che esso vuole significare. I ritmi totemici, le danze magiche e propiziatorie, le scene mitiche, i travestimenti animaleschi, sono manifestazioni di significato occulto e magico che costituiscono identificazione fra ciò che si vuole rappresentare e la rappresentazione stessa (la caccia o la pesca, la fertilità dei terreni, un buon raccolto, la pioggia, ecc.). Nelle manifestazioni religiose ellenistiche, il simbolo ha già un carattere più razionale ed intellettuale ed indica, per curiosa similitudine con la nostra Istituzione, l'inserimento del neofita fra i fedeli del Dio, per lo più attraverso azioni quali: gesti rituali, degustazione di bevande, ecc. Nella storia del cristianesimo in genere, del cattolicesimo in particolare, il simbolo assume una preminente importanza come strumento della vita mistica. Si ricordi ad esempio il simbolo del pesce, "lkthùs", le cui lettere significavano: "lesoùs Kristòs Theù Uiòs Sotèr". Il simbolo del pesce era dunque utilizzato come segno di riconoscimento fra i rimi adepti. Da questo e da altri simboli, nel tempo e gradualmente, si è passati alla organizzazione simbolistica di tutta la vita cristiana fino a far assurgere al simbolo, il valore di dogma e ad organizzare, in chiave simbolistica, tutto il rituale religioso cattolico. Ne sono esempi: il pesce, il Crocifisso, il rosario, l'Ostia, il vino, le gestualità dell'officiante e, perfino, sino a poco tempo fa, il rituale della Messa in lingua latina, ormai, del tutto decifrabile alla stragrande maggioranza dei fedeli.
La stessa liturgia ecclesiastica è un complesso di formule, azioni, cerimonie simboliche, che richiamano continuamente la presenza del soprannaturale, la cui complessità della lettura, da parte della massa non iniziata, fu avvertita dalle stesse autorità religiose le quali, recentemente, hanno provveduto ad esemplificare tale simbologia e ad introdurne altra di più facile lettura ivi compresa la traduzione in lingua moderna delle scritture liturgiche. Nel caso della Chiesa, poi, furono proprio divergenze sulla interpretazione e l'adorazione di simboli (Eucaristia, Croce, ) e sul valore dogmatico, che i diversi pensatori cristiani intendevano dare ad essi, a determinare la formazione di sette cristiane ed a contribuire al frazionamento dello spirito religioso. Infatti il cristianesimo e, soprattutto, il cattolicesimo, come d'altra parte altre religioni e l'esegesi biblica, si fondarono prevalentemente sul simbolismo teologico, cioè esclusivamente di Dio e delle sue manifestazioni, con prevalente significato dogmatico. In tutti i casi infatti, oggetti, atti, formule, disegni, numeri e rappresentazioni iconografiche hanno volto il fedele alla attenzione del Divino come attestano le tavole delle Leggi, l'Arca, ecc... Per contro, la filosofia ed il pensiero laico diedero ampio sviluppo al simbolo in senso allegorico, scientifico ed anche immaginifico. A questo punto è opportuno parlare della scrittura cioè la rappresentazione grafica del concreto e dell'astratto. La scrittura primitiva constava di segni che evocavano idee, così come i numeri evocano quantità. Le idee, così come le quantità, si leggono indifferentemente in qualsiasi lingua conservando esse sempre lo stesso significato. In Estremo Oriente (Cina e Giappone) l'ideogramma si sviluppò mediante l'adozione di un insieme di caratteri la cui composizione portò ad un unico elemento di pensiero; infatti ideogramma significa, dal greco "Ideogràmma" "Pensiero-parola". In tal modo i letterati asiatici potevano comprendersi per iscritto, pur non essendo in grado di spiegarsi verbalmente a causa della molteplicità dei loro idiomi. Una scrittura di tale genere non è molto pratica nella vita corrente ma presenta l'incontestabile vantaggio, dal punto di vista speculativo e filosofico, di indurre a pensare a concetti facendo astrazione dalle parole e dalla loro pronuncia venendo così a cadere il detto che l'uomo ha il dono della parola per dissimulare il proprio pensiero e nascondere, al più, i propri concetti riservati. In coerenza con l'Estremo Oriente, anche gli ermetisti medievali si servirono di una scrittura segreta fatta di segni, ciascuno dei quali portava un nome ed un significato. Le parole contavano, dunque, solo per i profani mentre il simbolismo dei segni comunicava agli iniziati il significato profondo dei termini usati. Gli ermetisti medievali raccolsero e, in certo qual modo, codificarono gli elementi del simbolismo fino ad allora rimasti frammentari. Paventando ogni profanazione, i veri iniziati si attennero sempre alla disciplina del silenzio e parlarono con estrema cautela: la verità doveva essere alla portata solo di quelli che erano in grado di conoscerla e di capirla e perciò fu ammantata di immagini, allegorie e simboli che alludessero a quello che si chiedeva fosse intuito. A questo metodo si attennero, ad esempio, i Rosa-Croce, ed i Templari mutuando le metodologie degli ermetisti. Per la prosecuzione dell'argomento, è necessario chiarire che vi è profonda differenza di significato fra tre parole che facilmente, ma impropriamente, vengono intercambiate: - allegoria: che vuol dire "parlo in altro modo" cioè espongo un pensiero dando ad esso un significato diverso da quello letterale. Tale significato vale anche per la parabola e per l'apologo che sono due rappresentazioni diverse dell'allegoria; - emblema: esso è la semplice rappresentazione di un concetto: lupa = città di Roma; bilancia = giustizia; ecc.. - segno: rappresenta una azione, un comportamento od un modo di essere;
Il simbolo ha, invece, un significato più esteso dei tre precedenti, la sua comprensione ha riferimenti totalmente astratti ed è in strettissima dipendenza con la conoscenza già acquisita di ciò che il simbolo stesso rappresenta. In altre parole, mentre le prime tre categorie di termini e cioè l'allegoria, l'emblema ed il segno, hanno un riferimento immediato con un fatto, un oggetto od un modo di essere tangibile, il simbolo ha un significato totalmente astratto e si presenta, in seconda istanza, attraverso i primi tre. Il simbolo ha poi quattro significati: letterale: "luce" come opposto di "tenebre"; trascendente: "luce" = "sapere" cioè opposto dell'ignoranza; morale o topologico:"luce"= "comprensione di atteggiamenti o di fatti" cioè "vedere le cose"; Mistico o anagogico: "luce"= "essenza superiore" o "divinità".
Con questi contenuti, il simbolo è stato quindi ritenuto, per millenni, un valido e sostanziale strumento per creare unità psicologica e pedagogica in una comunità. Il simbolismo dell'Istituzione, in particolare, è costituito da un complesso di tradizioni derivate ed extrapolate dai simbolismi precedentemente elencati. Infatti, ad esempio, tiene conto del valore cabalistico dei numeri sacri e regola il cerimoniale sulla scorta di certi principi magici; dispone del sole, della luna e delle stelle come l'astrologia; deriva dall'alchimia filosofica Rosacrociana, del XVI secolo, la più evidente analogia nel simbolismo ove si ponga attenzione al fatto che da analoghe culture esoteriche e da analoghi elementi iniziatici siano discese analoghe allegorie e simboli assunti rispettivamente, in un secondo tempo, dalla metallurgia e dall'arte edificatoria. Esso, con il trascorrere del tempo, acquistò un significato sempre più generico ed astratto così da essere considerato la rappresentazione di qualche cosa di misteríoso o di sacro o che difficilmente cade sotto l'osservazione o la comprensione comune, quando non è addirittura un oggetto impercettibile ai sensi. Così esso arriva a significare un'idea, una legge, un principio, un fatto.
Tenendo il posto di cose, fatti o processi del inondo esterno, per lo più scientifico o filosofico o religioso, che sono o sono stati oggetto di studio o ricerca o verifica o addirittura di prova, oggi il simbolo costituisce l'indizio di qualcosa (catalizzatore) che ci induce ad assumere un atteggiamento, a compiere azioni, a pensare ad una determinata cosa in assenza di oggetti stimolatori. Il simbolo dunque predispone l'uomo ad incontrare concetti totalmente astratti. Il creare un simbolo è un atto volontario che stabilisce un rapporto fra uomini, fra uomini e cose, fra uomini ed Entità Superiore. Quindi, se delle cose, dei riconoscimenti, delle rappresentazioni, dei segnali o degli stimoli, guidano il comportamento di esseri verso un fine comune, con modi fra di loro simili ma non necessariamente identici, si può dire che queste cose sono dei segni. Ad esempio il modo di salutare nella Istituzione è diverso in funzione dei diversi livelli di maturità raggiunti dai componenti in seno ad essa, però il fine è il medesimo. Quando invece il "segno" agisce come denominatore comune, sostitutivo di altri segni di cui è l'equivalente, per cui non richiede un successivo atto di conoscenza e di esperienza reale, diviene un "simbolo". Cioè cessa di essere un "segnale" e diviene uno stimolo per l'intelletto. Esempio tipico di "segni" sono le diverse rappresentazioni del Dio nei credi religiosi, mentre il simbolo di Dio è nelle menti di tutti i credenti in modo analogo, indipendentemente dalla religione che praticano. Da ciò consegue che l'utilizzazione dei segni è comune sia all'uomo che all'animale mentre, e qui sta la grande differenza, il simbolo è caratteristico soltanto dell'uomo. Un animale,infatti, dà un segno della sua presenza, del suo sesso o del suo territorio, con suoni, rumori, odori, danze, atteggiamenti ma, a questi, non sostituisce altri mezzi espressivi convenzionali. Solo il linguaggio e la scrittura danno all'uomo la possibilità di innalzarsi al livello del simbolo in quanto questo vale nella sua trascrizione e per il significato convenzionale che gli viene dato, in conseguenza del quale, tale simbolo, diviene un insegnamento.
Ora, lo studio di questi significati è diventato una scienza che si chiama semeiotica e spazia su un ampio campo di materiale scientifico. Non è questa la sede per parlare del simbolismo e del suo significato nel campo delle scienze: basti ricordare i simboli ermetici, matematici, logaritmici, differenziali, integrali, geometrici, meccanici, fisici, chimici ove, con la forza dei simboli, si è giunti ad interi linguaggi simbolici, convenzionali, intelligibili solo agli iniziati alle singole materie. Passando ora dal generale al particolare, che più direttamente ci interessa, si rileva che l'adozione di un simbolo non è altro che un insegnamento, muto ed indecifrabile dal profano, perfettamente leggibile dall'iniziato in quanto rappresenta una idea. Il segno è uno dei diversi atti di riconoscimento convenzionale di una cosa o di un fatto; il simbolo è, invece, un insegnamento che viene trasmesso fra gli addetti per la propria istruzione e per conservare la conoscenza di idee. Un simbolo può essere sempre considerato da una infinità di punti di vista, ed ogni iniziato può scoprire in esso un significato conforme alla logica delle proprie concezioni e dei propri presupposti culturali ed intellettuali. Esso, quindi, si adegua continuamente al singolo che ne comprende il significato, ed entra nel quadro culturale e mentale dell'addetto il quale comprende il significato del simbolo che è, così, sempre adeguato al proprio habitus mentale. I simboli, infatti, sono destinati a risvegliare idee assolute nella nostra mente. Essi esercitano una suggestione sul pensiero, lo stimolano e così portano alla luce le verità sepolte nel profondo del nostro spirito. Di conseguenza, perché i simboli abbiano un significato e possano parlare a chi è in grado di capirli, è indispensabile che in noi esista un germe delle idee che essi hanno il compito di fare emergere e sviluppare. Ciò non è possibile se lo spirito è vuoto, inerte o sterile; i simboli non sono dunque rivolti a chiunque. Quelli scientifici, in particolare, assumono significati convenzionali di mareria, formule, operazioni e costituiscono la base del ragionamento per le intelligenze positive.
E indubbiamente utile la validità di tali formule e dei simboli che le compongono in quanto hanno permesso di innalzare, mattone su mattone, l'intero edificio della scienza moderna. Occorre però evidenziare che la precisa simbologia scientifica e religiosa, corrisponde ad un pensiero rigido, dogmatico, convenzionale, delimitato volontariamente, cristallizzato. - La simbologia scientifica e religiosa viene dunque usata per ridurre ogni e qualsiasi possibilità di discussione e ogni qualsiasi elasticità a privare lo spirito delle sue libertà dando una interpretazione unidirezionale ad ogni significato in esso contenuto. - La simbologia filosofica, esoterica ed iniziatica, invece, riflette un pensiero vivo, infinito, complesso, mobile, continuamente in fase di adeguamento al continuo divenire del sapere e del pensiero umano. - La simbologia filosofica, esoterica ed iniziatica, non traducendo, quindi, verità scientifiche o religiose, resta elastica, vaga ed ambigua, come le sentenze degli oracoli, in quanto la sua funzione essenziale consiste nello svelare i misteri, indurre a pensare, sollevare problemi, lasciando, però, allo spirito tutte le sue libertà di interpretare tali misteri e di valutarli nella loro importanza e consequenzialità.
Per questo, c'è un abisso fra il simbolo, nella sua accezione generica, ed il dogma, il quale non è altro che il simbolo trasposto nella religione. Il dogma deriva dal simbolo ma il suo significato e la sua sostanza si sono, man mano, discostati da quelli del simbolo, fino ad assumerne il significato opposto. Il "Credo" cattolico si chiama, propriamente, "Simbolo Niceno Costantinopolitano" ma, in effetti, ha il significato di dogma. Il dogma, quindi, si presta all'indottrinamento univoco; è strumento di rigida ed assoluta disciplina intellettuale così come lo intendono le chiese e le sette; il simbolo, invece, favorisce l'indipendenza ed il libero pensiero a scapito delle ortodossie, o presunte tali, che, per loro stessa natura, sono dispotiche. Lo stesso significato di "ortodossia" vuol dire "verità giusta" e, quindi, esclude in modo categorico ogni possibilità di dibattito e di libertà di pensiero. Qualunque valore si dia al simbolo, valore filosofico, religioso o matematico, non vi è dunque da stupirsi che nelle iniziazioni se ne faccia grande uso in quanto esso permette di eliminare la schiavitù delle parole e delle formule per esporre il proprio pensiero. Il simbolismo è dunque necessario per penetrare nei misteri, cioè nella verità avvolta dall'oscurità, in quanto l'uso di un linguaggio, diverso da quello del simbolismo rituale, potrebbe causare errori gravissimi di interpretazione nella sostanza dei misteri che si esaminano e non vi è peggiore errore della verità male compresa.
D'altra parte, la conoscenza occulta non si comunica né con i discorsi né con gli scritti ma solo con lo studio e la meditazione. É necessario, quindi, entrare in se stessi per scoprire le conoscenze riposte, e ingannerebbe solo se stesso chi pensasse di cercarle fuori di sé. Questa è l'interpretazione da dare al socratico: "Gnòthi Seautòn".
Con questi presupposti, trova la sua giustificazione il silenzio che viene imposto agli iniziati; parola che, dal latino "initium" cioè "inizio", vuol dire semplicemente "colui che è stato messo sulla via" e che pertanto deve percorrerla, a lungo, per affinare il proprio spirito e migliorare sé stesso, senza giungere mai al termine della via stessa, e lo strumento per procedere su tale via è, appunto, il simbolo. |