Il documento che segue è opera dell'ingegno del carissimo Umberto Capotummino ed è estratto dal testo "L'Occhio della Fenice",  adattato dall'autore, che ringraziamo pubblicamente, per questo sito. Lo scritto ritrae un opera della maestria dell'Autore e non indica di necessità la visione della Loggia o del GOI. Ogni diritto gli è dichiarato.

© Umbero Capotummino

 

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La Gematria, dal greco gewmetria, è un metodo utilizzato dagli interpreti della Torah, basato sulla attribuzione di valori numerici alle lettere dell’alfabeto ebraico, quindi considerando alcune parole scelte, si pone in essere  successivamente una sostituzione delle lettere, con altre lettere dell’alfabeto e rispettivi numeri assegnati, secondo un sistema fisso.

             Questo manipolare secondo il valore numerico è un procedimento di proiezione dell’ energia espressa, da alcune parole in altre che fungono da ricettacolo, il successivo  dispiegamento di questa energia così trasformata si dà in manifestazione visibile.

             Applicando questo sistema ai valori numerici contenuti nei trigrammi, che a loro volta formano gli esagrammi dell’I Ching,  proiettando questi valori nelle matrici numeriche, ovvero i quadrati magici dell’I Ching,  posti a fondamento della rotazione e manifestazione degli stessi trigrammi, si ha la sorpresa di vedere apparire il nome di YHWH connesso al valore della Sua Dimora “maqom”.

             Il lettore voglia seguirci nell’esplorare il metodo, perdonandoci l’uso di alcune parole non strettamente riconducibili alla tradizione ebraica.

             Nel doppio Mandala dell’I Ching (vedi Tavola sotto) la vitalità e l’intelligenza di un essere, espresse in un esagramma, possono venire dissociate dagli elementi costitutivi e dislocate in immagini primigenie, quali i trigrammi, tramite i quali la trasmutazione del principio cosciente incarnato si attua. Traslando i loro elementi costitutivi in matrici numeriche, si fa fluire oltre la manifestazione illusoria, maya, il ciclo della consumazione delle forme samsara. Una volta pervenuti al di là del flusso del tempo, si trasmette l’energia ricodificata, tramite i trigrammi, da un punto all’altro del sistema del doppio Mandala. Abbiamo chiamato questo processo «trasduzione».

             Una distribuzione non posizionale supporta la dislocazione dei cha-kra del soggetto, negli abbinamenti equinoziali-solstiziali del doppio Mandala.

 

In ogni esagramma e nel suo omologo, per la Sequenza Primaria dell'I Ching, che rappresenta l'immanenza dello Spazio-Tempo, i numeri attribuiti ai trigrammi, sono nominati con: a, b, c,d, e, f, g, h. 

In ogni esagramma e nel suo omologo, per la Sequenza Secondaria dell'I Ching, che rappresenta la manifestazione dello Spazio-Tempo, i numeri attribuiti ai trigrammi sono nominati con: a', b', c', d', e', f', g', h'.

I trigrammi, così nominati, sono trasdotti nei posti oprativi pertinenti, attraverso le ipostasi delle rispettive Sequenze, Primaria e Secondaria, segnate sul bordo dei quadrati magici, i quali elaborano la rotazione del doppio Mandala nelle funzioni destrogire e levogire. 

Infine si sommano i valori, sia delle linee, sia degli esagrammi dati. 

Il totale "900" sottratto quattro volte a 180° dà 180, segnando l'asse solstiziale del sistema.

 

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Nel modello esplicativo presentato, il doppio Mandala  è animato dal primo dei sessantaquattro esagrammi dell’I Ching: esagramma Kkienn (il Creativo)  n.1 rappresentato da sei linee intere. Queste a gruppi di tre, sono detti trigrammi,  ognuno dei quali può essere estrapolato, per  quattro volte contando dal basso. L’esagramma suddetto,  contiene quindi virtualmente quattro trigrammi i quali, modulati all’interno nei quadrati magici, rappresentano il tempo d’origine che si incarna nel divenire. Considerando anche il mutamento virtuale di questo esagramma , che abbiamo chiamato “omologo”, si ottengono altri quattro trigrammi, in tutto otto valori che animano i quadrati magici della Tavola, secondo un procedimento tratto dalla Gematria.

            È di grande interesse rilevare che per questo esagramma Kkienn (il Creativo) n. 1, gli esiti delle modulazioni dei quadrati magici, riportati nella partitura sinistra del doppio Mandala (vedi Tavola), corrispondono esattamente al valore che la cabala ebraica assegna al Dio generatore nel Nome YHWH, rivelato nel numero 26; come anche corrispondono al valore della «dimora» del Nome YHWH rivelato nel numero 186. Queste modulazioni o sembianze del principio creativo in divenire, sono identificabili, nella cabala ebraica, con lo pneuma divino di cui narra la Genesi (1) quale si volgerà su sé medesimo, animando lo spazio tempo della creazione, quindi manifestando le emanazioni del Nome YHWH.

             Alcuni esegeti hanno osservato che il Nome YHWH unito ad Élohïm, dà nove lettere; quest’unione rivela la manifestazione di Dio mentre si trasforma nella creazione. All’inizio della Genesi, nell’esposizione della creazione, il Nome divino Élohïm è ripetuto 32 volte.

            Se moltiplichiamo le 32 vie della sapienza del Sepher Yetzirah, testo ebraico sulla formazione del mondo (2), per il numero dei giorni dell’anno rituale, otteniamo 32 x 360 = 11520 che corrisponde al numero di tutti i possibili moti combinatori degli steli dell’I Ching, nella pratica oracolare connessa agli accadimenti cosmici.

            Dall’unione magica del Nome YHWH con Élohïm si attiva la doppia polarità dello yud inferiore e dello yud superiore rivelata nel nome di Yud-He-Vau-He. Questo processo esprime il dispiegarsi, a partire dall’unità del Nome, delle forze creative e ricettive quali Cielo e Terra, Luce e Tenebra, intesi come poli opposti della manifestazione divina.

            In questa nuova forma di scrittura il nome è utilizzato nel Siphra De-Tzeniuta, che Jounet definisce la chiave dello Zohar, libro che riporta la tradizione esoterica d’Israele (3). Sepher, nell’etimologia ebraica, significa cifra, mentre Zohar significa splendore. Il Siphra Zeniuta fa parte dello Zohar. Tutto il Sepher ha Zohar d’altronde costituisce un commento al Pentateuco, che è la prima parte del Vecchio Testamento.

            Nel Siphra Zeniuta sta scritto:

“Ahah, Yud-he-vau-he-Élohïm. Quando la prima «he», appare alla seconda «he»«Yud-he-vau-he» vien chiamato Élohïm, Nome Pieno” (4).

             Trattasi del Nome YHWH: lo yud è la sua origine, e la lettera che lo connota è raffigurata da un punto il cui segno grafico in ebraico è simile a un piccolo uncino, ed è la prima delle quattro lettere: yud, he, vau, he.

            Rabbi Simeone commenta:

“Benché la lettera yud sia raffigurata da un punto, questo punto si prolunga in due tratti: uno in alto e uno in basso, formando così un complesso di tre punti disposti in quadrato; sono nove, ma in realtà sono otto; sono i troni dello yud sacro e non possono esistere senza il mistero dei nove punti della legge. Nel mistero del libro di Adamo, queste nove lettere, che sono in realtà otto, risultano dall’unione delle lettere del Nome sacro, unite in modo perfetto. Quando si pongono questi otto, che sono in realtà nove, in modo da formare la figura della «mem» finale, si percepiscono solo otto punti, ma che sono composti di nove lettere” (la «mem» finale ha la forma di un quadrato) (5).

            Rabbi Simeone traccia la seguente figura che mostra lo yud superiore e lo yud inferiore del Nome YHWH come due uncini uniti al centro:

 

 

 

               L’analogia con le matrici dell’I Ching è evidente, nel rapporto che unisce chiave ottonaria con chiave novenaria, quali potenze date dai troni dello yud. Nel quadrato l’unione di YHWH con Élohïm contiene il processo ternario, che ha preso il via dall’unità dello yud, come dallo Zohar:

“Tre vengono da uno, uno è in tre, uno è nel mezzo di due e due contiene quello del mezzo e quello del mezzo contiene il mondo” (6).

 

            Tutto ciò ricorda molto da vicino la manifestazione che, nell’Esodo, Dio porta in esistenza da un roveto ardente, nell’enunciare il suo Nome a Mosè: «Io sono colui che sono» (7). Ovvero: “Ehyeh Aser Ehyeh” che corrisponde secondo le regole della sintassi ebraica a «Io sono colui che è», come lo hanno compreso i traduttori della versione alessandrina: “Egw eimi w on (8). Questo passo contiene in seme i segreti che Dio darà a Giovanni, nel rivelargli il circuito delle lettere sacre:

 

“Io sono l’Alfa e l’Omega. Colui che è, che era e che viene” (9).

 

            Nell’Esodo Dio si rivela a Mosè, dal roveto ardente, in un tempo intrinseco rispetto all’apparizione dell’angelo e allo splendore comburente:

 

“L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto [...] e il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava” (10).

 

            Alla consumazione dell’esistenza in atto nello splendore della fiamma, agalma (11), fuoco dall’angelo del Signore, alla cui essenza di «spettacolo» (12) Mosè si avvicinava per indagarne il segreto della combustione sovratemporale, Dio prepone a Mosè l’enunciato del suo Nome, ente primo dato, nel testo, dalle figure dei padri: Abramo, Isacco, Giacobbe. Rivelazione di archetipi, funzione e velo della parola esposta, per Mosè:

 

“Dio lo chiamò ‘dal’ roveto” (13).

 

            Nell’immanenza dell’invocazione, segue esplicito anche il comando:

 

“Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa” (14).

 

            Al profeta, a chi profeta, si fa divieto di partecipare all’ipostasi della trasformazione, che si dà nel «luogo» della matrice originaria.

 

            “Mosè allora si velò il viso” (15), non potendo guardare verso la dimora di Dio.

 

            Detto questo, riveliamo i segreti della «dimora» connessa al Nome YHWH celato nel capitolo I di Michea, al terzo versetto, dove si recita:

“Ecco che il Signore –YHWH- esce dalla sua dimora –maqom-” (16).

           La parola ebraica maqom vuol dire «dimora», luogo della manifestazione del Nome divino. Orbene, si considerino i valori di ogni lettera del Nome YHWH:

 

                                                

                                                 5     6   5    10

                                                 Y     H   W   H

                                                         26

                                                                        

           La somma dei valori al quadrato delle lettere del Nome YHWH vale:

 

                                            52 + 62 + 52 + 102 = 186

ovvero in altra forma: 

                                            25 + 36 + 25 +100 = 186

          Parimenti con procedimento pertinente alla ghematria (calcolo alfabetico e valutazione numerica della parola) maqom vale:

 

                                                  

                                                    40  6 100  40

                                                     M  A  Q  O  M

                                                            186

 

            Dal Nome YHWH = 26, suscitandone le potenze spazio-temporali, si forma la «dimora», ossia maqom, che vale 186.

            L’unione di questi due valori: 26 + 186 dà 212, che nei Paralipomeni o Cronache, indica il numero dei Custodi della Soglia del tempio di Gerusalemme, scelti da Davide e dal veggente Samuele (17).

            La funzione di una soglia di potenza è evidenziata nel valore numerico 212 il quale sottratto a 180, numero che indica i gradi di rotazione dell’asse solstiziale inscritto sulla sfera del Cosmo, darà a sua volta 32.

            L’asse solstiziale governa le 32 vie della sapienza con procedimento analogo a quello registrato nel Sepher Yetzirah, per il quale le 32 vie derivano dalle 22 lettere che, unitamente alle 10 potenze originarie, Sefirot, animano il Nome YHWH, distribuendosi e combinandosi in un quinario generato da 5 organi: gola, palato, lingua, denti e labbra dell’iniziato (18).

            Le 32 vie della sapienza, dette anche 32 sentieri, nella metafora linguistico-numerica della cabala, sono paragonati nel Sepher Ha Bahir a un «re che si trova nelle stanze più interne», associate alla parola “lev” significante il «cuore», nell’indicare i recessi dell’energia in formazione(19).

            Nel lato sinistro del doppio Mandala , nell’interazione dei quadrati della Sequenza Primaria e della Sequenza Secondaria dell’I Ching – entrambi abitati dai valori dati dai quattro esagrammi Kkienn (il Creativo) che, analogamente alle quattro lettere del Nome YHWH, ruotano nel «cuore» del processo quinario del mutamento – si esplica il processo di potenza nel computo 26 + 186 = 212. Questo valore è soggetto alla stessa rotazione, su evidenziata, relata al numero 32.

            Nel doppio Mandala, sono stati appaiati ai due esagrammi Kkienn (il Creativo)  n. 1, posti a sinistra; altri due esagrammi

Kenn (l’Arresto)  n. 52, posti a destra, secondo le complementarità date dal Compasso Geomantico correlato alla cosmologia dell’I Ching di cui qui non diciamo, rimandando il lettore interessato al libro “L’Occhio della Fenice” da cui è tratto l’articolo.

            Nell’esagramma n. 1 si rappresenta il tempo alla sua origine, nell’immagine di sei draghi che ascendono al cielo e manifestano il principio creativo dell’uomo nel microcosmo; nell’esagramma n. 52 si rappresenta il tempo misterioso che s’involve su sé, in seno all’origine descritta da sei stadi di meditazione, nei quali si manifesta la ricongiunzione dell’uomo con il principio divino assimilato al macrocosmo. Per tal motivo nel doppio Mandala si conteggiano, in ragione dei valori 6, 7, 8, 9 (vedi Tavola), anche le sei linee di ogni esagramma, corrispondenti ai sei stadi ora descritti, sia nella partitura sinistra, sia nella partitura destra. Il risultato del conteggio, compreso il valore delle linee, nel doppio Mandala , partitura sinistra dà: 26 + 186 + 84; nella partitura destra dà: 248 + 264 + 92. La somma di tutti i valori dà 900, valore numerico che corrisponde, nella cabala operativa, al valore finale della lettera Sadè (20), che domina con il sole ed è l’ultima e la più potente delle cinque forze misteriose preposte ai gradi della conoscenza occulta (21).

            Analogamente Abinavagupta riferisce il valore 900 ad una formula distributiva di respirazione e proiezione rituale, basata su 24 gruppi sillabici a partire dal numero del mantra solare 21600, che porta la ruota karmica preposta al «divoramento del tempo» a far percepire, nella coscienza dell’iniziato, l’Uno splendente al di sopra della molteplicità (22).

            Un anello di potenza è stato attivato intorno al trono dell’Uno. Si anima in tal modo una permutazione rotatoria simile alla rotazione delle lettere dell’alfabeto che i mistici ebraici animano nel “golem”, l’omuncolo impastato di terra e acqua, posto al centro del rituale di meditazione. La parola “golem” è una forma nominale derivata dalla radice del verbo “galam” che indica il ripiegare o l’avvolgere, “wa-yiglom”, un tessuto, nel segno del mantello ravvolto col quale il profeta Elia percuote le acque che si separano, al Giordano. Dopo che questi è asceso al cielo in un turbine, interpostisi carro e cavalli di fuoco, il segno si dà nello stesso mantello raccolto da Eliseo, che riceve «i due terzi» dello spirito di Elia, quando anch’egli percuote e separa nuovamente le acque, tornato indietro sulla riva del Giordano (23). Nell’ambito di questo processo, le membra dell’omuncolo magico si danno avvolte come in una placenta o embrione contratto, “golmì”, la cui animazione e il successivo dispiegamento delle virtù, verrà resa con la rotazione degli alfabeti magici, che riproducono prima la contrazione, poi l’espansione dell’energia del Cosmo.

            Anche in questa tradizione, infatti, l’asse del cielo è raffigurato da un drago, attorno al quale si muovono sole e luna, asse che ritrova, nel corpo umano, il suo parallelo nella colonna vertebrale, con rapporti che legano membra, lettere e numeri, ad una rinascita misterica nel seno del tempo (24).

 

Articolo tratto dal libro:

L’Occhio della Fenice di Umberto Capotummino - Sekhem Editore

 Vedi - http://umbi.blogspot.com/

 

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1) La Bibbia di Gerusalemme, Genesi, 1,2, Dehoniane , Bologna, 1973.

2) G. Busi, E.Loewenthal (a cura di), Mistica Ebraica; Sepher Yesirah, Il Libro della Formazione, 1 ss., p. 35, Torino Einaudi 1995.

3) A.Jounet, La chiave segreta della cabala; Zohar, Siphra Zeniuta, fra la Sezione Therumah e la Sezione Thetzaveh, e va dal foglio 176b al foglio 179°, prima edizione1909, Rebis 1990, Viareggio.

4) A.Jounet, La chiave segreta della cabala; Siphra Zeniuta, cap. 5, n. 43, p. 232, op. cit. Cfr. G.Scholem, I Segreti della Creazione, p. 117 sgg., Adelphi, Milano 2003.

5) L. Georges Barry, I numeri magici nucleari, traduzione di: N. Gabrielli; cit. p. 57-58, Atanòr, Roma, 1981.

6) L. Georges Barry, I numeri magici nucleari, cit. de: Zohar, I, 326, op. cit.

7) La Bibbia di Gerusalemme, Esodo 3, 14, op. cit.

8) Ibidem, in nota. Cfr. G.Scholem, I Segreti della Creazione, p. 71, op. cit.

9) La Bibbia di Gerusalemme, Giovanni, Apocalisse, 1, 8, op. cit.

10) La Bibbia di Gerusalemme, Esodo, 3, 2, op. cit.

11) Cfr. M.Cacciari, L'angelo necessario, Paralipomena all'angelo: Il corpo dell'angelo, p. 149, in nota, Adelphi, Milano 1992. Cfr.C.Suarès, The Cipher of Genesis, p. 31-32. Samuel Weiser, Inc York Beach, Maine 1992 (trad. di La Bible restitueé, Editions du Mont-Blanc 1967).

12) La Bibbia di Gerusalemme, Esodo, 3, 3, op. cit.

13) La Bibbia di Gerusalemme, Esodo, 3, 4, op. cit.

14) La Bibbia di Gerusalemme, Esodo, 3, 5, op. cit.

15) La Bibbia di Gerusalemme, Esodo, 3, 6, op. cit.

16) La Bibbia di Gerusalemme, Michea I, 3, op. cit.; Cfr. G. Ifrah, Storia universale dei numeri, cap. 22, p. 341, Mondadori, Milano, 1983.

17) La Bibbia di Gerusalemme, I, Cronache, 9,22, op. cit.

18) G.Scholem, Il nome di Dio e la teoria cabbalistica del linguaggio, p. 29-35, Adelphi 1998.

19) G. Busi, E. Loewenthal (a cura di), Mistica Ebraica; Sepher Ha Bair, Il Libro Fulgido, 6,3; p. 166, op. cit.

20) Cfr. Papus, dott. G. Encauss, La scienza dei numeri, p. 78, Atanòr, Roma, 1984. Cfr. I. Regardie, La magia della Golden Dawn, Vol. 1°, p. 105, Mediterranee, 1980.

21) G. Busi, E. Loewenthal (a cura di), Mistica Ebraica; Sepher Ha-Temurah, Il Libro della Figura, p. 254-256; 273, 277, 322-323, op. cit.

22) Abhinavagupta, Luce dei tantra, Tantra¯loca, VII, I (5b-19a); R.Gnoli (a cura di), p. 161, Adelphi Edizioni, 1999.

23) La Bibbia di Gerusalemme, 2Re, 2,8-2,14, op. cit. Cfr. G. Busi, E. Loewenthal (a cura di), Mistica Ebraica, pp. XLI, nota 49, op. cit.

24) G. Busi, E. Loewenthal (a cura di), Mistica Ebraica, pp. XLIII, op. cit.