Sebbene gli estratti qui riportati siano estremamente brevi, essi sono sufficienti per intuire in quale ampia misura il contenuto dei vangeli gnostici della "collezione" di Nag Hammadi sia contrastante con quello della "scuola paolina". Anzi, possiamo senz'altro affermare che spesso si percepisce una vena intenzionalmente polemica nei confronti della teologia neo-cristiana dei seguaci di Paolo. Non possiamo negarlo nel momento in cui ci troviamo di fronte ad affermazioni del tipo: "Coloro che dicono che ... si sbagliano". Questa intonazione provocatoria l'avevamo già incontrata nei vangeli cosiddetti giudeo-cristiani, o piuttosto nelle severe critiche che i padri della chiesa hanno rivolto contro quei testi, dichiarando che i nazareni e gli ebioniti "...rifiutano l'apostolo Paolo...", "...chiamano apostata l'apostolo Paolo...", dichiarandolo uomo menzognero. Si ricordi che spesso Paolo, nelle sue lettere, insiste nel difendersi dalle accuse di menzogna e afferma con energia di "non mentire", confermando l'esistenza di una aspra polemica contro le sue idee. Senz'altro ci viene in mente l'immagine dell'"uomo di menzogna" contro cui si scagliano spesso le scritture Qumràniane. Tutto questo è molto illuminante sulla via del nostro tentativo di sbrogliare la complicata matassa delle origini della letteratura evangelica e del loro legame con la letteratura essena del Mar Morto.
Evidentemente, nei primissimi secoli, prima che la riforma costantiniana accettasse il cristianesimo a pieno diritto fra le religioni principali dell'impero e la chiesa diventasse organo di potere dell'impero stesso (cioè prima che iniziasse l'epoca lunga e tragica delle persecuzioni contro gli "eretici"), il cristianesimo era una vasta costellazione di "scuole" in contrasto l'una con l'altra e, fra queste, quella paolina non poteva dirsi né l'unica né la più accettata.
La scuola giudeo-cristiana, ovverosia quella dei discepoli ebrei di Gesù, i quali non avevano alcuna intenzione di abbandonare la fede mosaica e interpretavano le profezie messianiche nel modo più tradizionale, era stata ripresa successivamente da diverse correnti gnostiche che conservavano una aperta ostilità nei confronti della teologia revisionista, e addirittura scissionista, di cui Paolo, che aveva finto una opportunistica conversione, fu l'iniziatore.
Uno dei principali elementi polemici che notiamo subito negli scritti gnostici riguarda il tema della resurrezione. Su esso non ci può essere dubbio alcuno: il vangelo di Filippo si esprime in termini estremamente chiari, dicendo che la resurrezione intesa come la intende la teologia cristiana che tutti conosciamo, ovverosia come ritorno alla vita biologica della carne morta, è uno "sbaglio". Essa deve essere piuttosto interpretata come una immagine simbolica, che rappresenta l'accesso ad una condizione di "vita eterna", di "gnosi", di "illuminazione", di consapevolezza spirituale che libera l'uomo dai legami dei sensi e della carne, ovverosia dai limiti in cui la sua vita materiale sembra essere irrimediabilmente imprigionata. Sono decisive, in tal senso, certe affermazioni, come quella che se "uno non consegue la resurrezione finché è vivo...", ecc...
Altro elemento di forte contrasto è quello che riguarda il ruolo di Maria Maddalena. Nel vangelo detto "di Maria" abbiamo visto la testimonianza di una aspra contesa fra Pietro e Maria, e l'intervento di Gesù che tradisce una spiccata inclinazione per quest'ultima. Lo stesso identico fatto è testimoniato anche dall'ultimo verso del vangelo copto di Tomaso, mentre il vangelo di Filippo si spinge molto più in là affermando, per ben tre volte, che Maria Maddalena è "la consorte" di Cristo. Ora non possiamo fare a meno di rammentare alcune importanti tradizioni medievali, severamente combattute dalla chiesa soprattutto nella Francia meridionale, in cui si credeva che Maria Maddalena fosse proprio la moglie dell'aspirante Messia dei giudei e che, attraverso un figlio da lei concepito con l'illustre marito, avesse avuto un seguito la stirpe del sangue reale di Davide (il Sang Raal dei provenzali di lingua d'Oc, che noi storpiamo nella forma San Graal). É una delle questioni più censurate della storia medievale, dietro la quale si sono giocati anche importanti equilibri nella lotta per l'egemonia politica sull'occidente cristiano. Il Santo Graal, che noi siamo soliti rappresentare simbolicamente come una coppa in cui sarebbe stato raccolto il sangue del figlio di Davide, sarebbe in realtà la dinastia davidica (il Sangue Reale appunto) a cui qualcuno si sarebbe fregiato di appartenere, motivando così la sua ambizione a regnare sul Sacro Romano Impero.
I versi 101 del vangelo di Tomaso e 17 del vangelo di Filippo trattano di una questione relativa allo Spirito Santo come Madre (Ruah = entità femminile in ebraico) e al concetto di Padre e Madre (con evidente riferimento al comandamento biblico "Onora tuo Padre e tua Madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà"). Ciò ha implicazioni profonde che svelano quanto sia stato reinterpretato il concetto trinitario dalla teologia neo-cristiana. Ovviamente, se leggiamo con attenzione il comandamento biblico, possiamo subito notare che il Padre e la Madre di cui si parla non sembrano essere i genitori carnali che ciascuno di noi ha. Non ha senso infatti l'idea che uno debba vivere a lungo solo qualora onori i genitori carnali. Diciamo invece che il Padre e la Madre a cui ci si riferisce nel significato originario del comandamento biblico sono figure che, attraverso una simbologia nuziale che è ripresa più volte in altri versi da noi non citati dei vangeli di Tomaso e di Filippo, rappresentano i principi creativi che hanno posto in essere il mondo e che hanno stabilito le sue leggi. In pratica il Padre e la Madre sono le prime due figure del concetto originario di trinità, avente una connotazione fortemente sessuale, ed essendo il Figlio la terza figura, cioè tutto ciò che dai principi creativi è stato generato e, in particolare, l'umanità. Il verso 101 del vangelo di Tomaso confuta l'interpretazione neo-cristiana del comandamento biblico, affermando in modo chiarissimo che la madre contingente ha dato al figlio solo una spoglia mortale, mentre il principio essenziale della vita proviene a lui dalla vera Madre che è, appunto, la figura trinitaria che il neo-cristianesimo sostituisce con l'immagine desessualizzata dello Spirito Santo, eliminando così, tra le figure del Padre e del Figlio, l'unica che possa inserirsi logicamente. Il verso 17 del vangelo di Filippo si domanda come possa essere stata ingravidata Maria dallo Spirito Santo, cioè dal principio femminile della trinità, al quale, e solo al quale, è attribuita la qualità di una verginità intrinseca. Addirittura il verso si spinge a polemizzare apertamente con l'idea che Gesù non avesse una padre carnale, idea che appare nelle natività presenti nei vangeli canonici.
L'ultimo punto che noteremo è quello espresso nel verso 47 del vangelo di Filippo. In cui si afferma chiaramente che il titolo Nazareno non ha relazione alcuna con una eventuale origine di Gesù dalla città di Nazareth, bensì ha un significato religioso che sembrerebbe legato al termine "verità". A questo proposito vorrei citare un messaggio che ho ricevuto il 10 Maggio del 1998 dal professor Daniel Gershenson della Università di Tel Aviv, nel corso delle nostre discussioni sulle origini della letteratura evangelica: