La Gran Loggia, dunque, era stata concepita e si affermava come autorità giurisdizionale autonoma e sovrana. Ma quale era l'ambito in cui tale autorità si esplicava?

A noi sembra fuor di dubbio che i fondatori della Gran Loggia di Londra avessero pienamente maturato una visione della «Fraternity» a carattere universale.

 

Nonostante tutte le ingenuità e improprietà attribuibili al Dottor Anderson, emerge sufficientemente dal Libro delle Costituzioni che la Massoneria non era più concepita né in limiti locali né in limiti settoriali, non era più un modo di essere riferito ad una determinata categoria di uomini, ma un modo di essere dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo.

 

Al di là della forma retorica o sommaria non si può negare che l'Anderson abbia comunque espresso una configurazione universale della Massoneria sia nella dimensione del tempo («...come tutti i veri Muratori hanno fatto dal principio del mondo e faranno fino alla fine del tempo») sia nella dimensione del pensiero («...quella Religione nella quale tutti convengono...») sia nella dimensione dei propri fini («... Centro di Unione per conciliare sincera amicizia fra persone che sarebbero rimaste perpetuamente distanti...») (16).

 

È in rapporto proprio ad una tale concezione che i fondatori della Gran Loggia si sforzarono, anche se assai semplicisticamente, di ricostruire e porre a fondamento e ad avallo della Istituzione non soltanto le tradizioni locali, ma una tradizione universale, facendo risalire la Massoneria addirittura al Genesi (17) e comunque riferendosi ad esperienze di altri Paesi come a precedenti diretti e fonte dei nuovi Istituti.

 

Di ciò l'Anderson cerca di lasciare anche una propria «certificazione» quando dichiara che gli Antichi Doveri sono «estratti da antichi documenti di Logge d'oltremare e di quelle di Inghilterra, Scozia e Irlanda», Dichiarazione che riecheggia nella formale «Approvazione» del Libro delle Costituzioni, dove si afferma che l'Autore è pervenuto alla redazione del testo dopo aver «esaminato diverse copie avute dall'Italia, dalla Scozia e da diverse parti dell'Inghilterra».

 

Gli storici dubitano molto che l'Anderson abbia veramente potuto consultare antichi statuti italiani e d'oltremare in genere; tuttavia ciò non impedisce di ritenere che il modo di presentare le Costituzioni corrispondesse al desiderio di configurare la Massoneria come un fenomeno a carattere e sostanza universale; desiderio tanto più evidente se si considera che esso non appare come un vezzo del tutto personale dell'Anderson. Infatti lo stesso Desaguliers, che è generalmente considerato personaggio di tutto rispetto, nella sua «Dedica» nel Libro delle Costituzioni, ricalca esattamente l'impostazione dell'Anderson: «È superfluo dire a Vostra Grazia quanta fatica abbia richiesto la compilazione e la elaborazione di questo Libro dalle Antiche Memorie, e con quanta accuratezza si sia riscontrata ogni cosa e resa conforme alla Storia e alla Cronologia, in modo da rendere queste Costituzioni come un giusto e preciso ragguaglio della Massoneria, dal principio del mondo alla Gran Maestranza di Vostra Grazia...».

 

E il Fratello Carlo de La Faye, compositore dell'inno del Compagno, esordiva: «Salute Massoneria! Ordine divino!» e concludeva: «Una Loggia, così costituita per ere passate, è durata e sempre durerà».

D'altra parte, a voler ben guardare, né Anderson n* gli altri confratelli inventavano dal nulla: infatti i manoscritti del XIVXV secolo documentano in misura sufficientemente probante che, particolarmente in Inghilterra, sin dall'Era corporativa l'ideale del perfetto massone si era sviluppato in rapporto ai valori universali dell'uomo.

 

E proprio la esistenza di questo antico retaggio, spiega, a nostro avviso, perché gli edificatori della Gran Loggia non furono nemmeno tentati di tradurre la loro visione universalistica in termini giurisdizionali e nel senso di concepire una organizzazione strutturata in dimensioni internazionali o mondiali.

 

In altri termini già la Tradizione aveva maturato il concetto della Massoneria come Fratellanza universale, cioè come comunione naturale di operai dell'arte prima e di uomini liberi dopo, praticando, come abbiano già visto, il costume della libera unione, talché costituivano principi acquisiti quello della pluralità e della reciproca autonomia dei corpi massonici e conseguentemente quello della loro strutturazione principalmente territoriale.

Con tutta naturalezza avviene così che l'Anderson concepisca gli Antichi Doveri, per quanto «estratti da documenti di Logge d'oltremare, d'Inghilterra, Scozia e Irlanda», soltanto «per l'uso delle Logge di Londra»; parimenti i Regolamenti Generali si dichiarano «ad uso delle Logge in e intorno a Londra e Westminster», e nella «Approbation» delle Costituzioni si proclama: «E noi ordiniamo che questi scritti siano accolti in ogni Loggia particolare della nostra giurisdizione...».

 

Il rispetto del principio di territorialità è quanto mai evidente. È vero, tuttavia, che la Gran Loggia di Londra si pose in limiti territoriali che superarono in qualche modo quelli propriamente tradizionali che erano essenzialmente cittadini, in quanto, come si può rilevare dalle dichiarazioni testé citate, la validità delle Costituzioni emanate dalla Gran Loggia (e quindi la sua giurisdizione) viene estesa mano a mano dalle Logge di Londra a quelle «in e intorno a Londra e Westminster». Ma ciò soltanto in apparenza costituisce una deroga al principio di autonomia e di territorialità.

 

Non bisogna infatti ignorare quanto già abbiamo posto in rilievo e che cioè la Gran Loggia fondava i propri poteri giurisdizionali sulla volontà delle Logge che ad essa si assoggettavano per libera determinazione. E la riprova è data dal fatto che la estensione della giurisdizione territoriale oltre l'ambito della città di Londra non fu un atto di autorità della Gran Loggia (che peraltro non avrebbe potuto avere alcun effetto). Infatti nella «Approbation» del Libro delle Costituzioni si dichiara formalmente che la solenne approvazione del Libro stesso avviene «con il consenso dei Fratelli e dei Compagni delle città e dintorni di Londra e di Westminster».

 

D'altra parte a noi sembra che con la risoluzione del 25 novembre 1723, la Gran Loggia, attribuendo ai Maestri e Sorveglianti «di diverse Logge» il potere «di regolare tutte le cose relative alla Massoneria nella loro riunione trimestrale, ecc.», non faceva altro che dettare un principio generale, il quale, se da un lato legittimava la stessa Gran Loggia come autorità giurisdizionale, dall'altro ne demarcava i limiti nell'ambito delle Logge particolari che ne costituivano la base strutturale; nello stesso tempo, perciò, fissava il criterio di riconoscimento di autorità giurisdizionale che in altri ambiti territoriali si fossero costituite con lo stesso proprio metodo.

 

Si può, dunque, concludere che la Gran Loggia, soddisfacendo esigenze di coordinamento maturate dalla evoluzione della Muratoria Operativa, si poneva e si affermerà come massima espressione organizzativa corrispondente ad una Comunione Massonica territoriale, nel suo ambito autonoma e sovrana.

 

Ancora una volta perciò analogamente al sistema medioevale, il rapporto tra diverse comunioni massoniche sul piano istituzionale, risulterà quello tra organismi paralleli e orizzontali la cui legittimità è fondata sul riconoscimento reciproco in virtù della identità di origine e della comune essenza, di per sé universale.

 

 

16 - Vedi Antichi Doveri, paragrafi I e VI.

17 - La tendenza a far risalire l'origine dell'Arte a tempi remoti non è peraltro affatto nuova, essendosi già manifestata alcuni secoli prima in piena epoca operativa (v. Poema Regius, Cooke MS, ecc.).