Nella prima metà dell'Ottocento, un
membro della Società Commerciale dell'Abissinia scoprì ad
Alessandria d'Egitto, in una biblioteca appartenuta a monaci greci e
- come si scoprì in seguito - sorta sulle vestigia di una comunità
essena, una pergamena in latino.
La pergamena traduceva una lettera, forse originariamente in
aramaico o in greco, che un Anziano esseno di Gerusalemme, ovvero un
esponente di grado elevato della comunità, aveva indirizzato ai
confratelli di Alessandria. Lo scopo della lettera, scritta "sette
Pasque dopo la crocifissione", era rendere testimonianza all'evento
al quale egli aveva personalmente assistito (e nel quale, come
leggerete, era stato direttamente coinvolto), per correggere la
disinformazione dei fratelli esseni, comunità alla quale era
appartenuto lo stesso Gesù, in un momento in cui le... "voci"
circolanti sulla sua fine turbinavano incontrollate in tutto il
Medio Oriente.
Il manoscritto scoperto ad Alessandria sollevò subito le reazioni
dei gesuiti e sappiamo che venne messo in salvo in Germania ad
opera della Massoneria; qui, nel 1849, fu pubblicato in edizione
tedesca a Lipsia. Dal '49 al '51 ne furono stampate ben 50 mila
copie, un'elevatissima tiratura per quel tempo, ad oggi tutte...
misteriosamente scomparse. Seguirono altre tre versioni: due
americane (la seconda delle quali, del 1907, l'unica ancora in
circolazione, si è dimostrata scarsamente attendibile) ed una
francese, del 1863, tradotta direttamente dal tedesco,
di cui è possibile prenderne visione
Il testo in lingua latina, scritto su pergamena, consisteva in una
lunga lettera che un membro importante e stimato della comunità
essena di Gerusalemme (un "terapeuta", ossia un membro della
comunità essena appartenente al più elevato grado iniziatico
dell'ordine) aveva inviato ai confratelli di Alessandria, dietro una
loro precisa richiesta di chiarimenti circa certe voci fantasiose a
proposito della vita e della morte di Gesù che all'epoca circolavano
in Egitto.
Presumendo che quella lettera fosse stata originariamente scritta in
aramaico, o forse in greco, quel manoscritto latino doveva essere
una traduzione più tarda, che tuttavia non è databile in quanto del
manoscritto originale si persero quasi subito le tracce.
L'autore della lettera - scritta, come egli dice, "sette Pasque"
dopo "la morte del Giusto" - fornisce un'ampia descrizione della
vita, dell'insegnamento e della morte di Gesù, specificando non solo
che Gesù era un iniziato della comunità essena, ma anche che
l'autore della lettera era stato testimone oculare della
crocifissione e direttamente coinvolto nei fatti che avevano
preceduto e seguito l'evento; la ragione per cui il testo fece tanto
scalpore (e soprattutto irritò tanto la Chiesa) è che, pur senza mai
mettere in dubbio la divina missione dell'uomo, riconduce
dichiaratamente tutti gli elementi miracolistici e soprannaturali
cari alla tradizione cristiana alla fantasia e all'ignoranza
popolare, oltre che all'opportunistico comportamento degli esseni
stessi, che non vollero mai pubblicamente smentirli. Fra questi,
l'origine soprannaturale del concepimento, le guarigioni, e la
resurrezione.
Dal Capitolo Primo dell’Edizione Italiana
(1)
Che la pace sia con voi, miei cari fratelli! Avete saputo delle voci
che circolano sui fatti accaduti a Gerusalemme, e in genere nel
paese dei giudei.
Se pensate che sia di un fratello della nostra santa comunione, che
i suoi amici del popolo giudeo e del popolo romano hanno parlato per
raccontarne i miracoli e le sofferenze a Gerusalemme, siete nel
vero; perché Gesù, nato a Nazareth, all'imboccatura di quella bella
valle in cui si precipita il fuggitivo Kison, quando scende dalle
ripide cime del Tabor, era un membro della nostra santa
confraternita, a cui era stato votato sin dall'infanzia, trascorsa
nella valle del monte Casio; qui suo padre, fuggendo, aveva trovato
asilo presso un uomo della comunità essena, giacché i nostri
fratelli dimorano in quel luogo, e in buon numero, intorno al
confine con l'Egitto, sul suo lato orientale.
E Gesù fu accolto contemporaneamente a un adolescente della sua
stessa stirpe, chiamato Giovanni, mentre trascorreva gli anni della
sua giovinezza in Galilea, e aveva poi visitato Gerusalemme ove era
stato tenuto d'occhio dalla nostra comunità; al ritorno si era
recato a Jutha, ove sorgono le montagne, presso la fiera fortezza di
Masada.
Dalle dottrine che Gesù ha disseminato fra il popolo, dai suoi segni
e dalle parole di riconoscimento o di alleanza, ovvero dal
battesimo, dallo spezzare il pane e dalla presentazione del calice,
avete facilmente potuto riconoscere, cari fratelli miei, che fu uno
dei nostri; perché fu uno dei fratelli della nostra segreta
confraternita, di nome Giovanni, membro della nostra grande
comunità, a battezzarlo lungo la riva del mar Morto, a ovest, nel
Giordano.
Il battesimo è una delle nostre più antiche usanze sacre.
Desiderate sapere che accadde, poi, in Giudea e, in ultimo, a
Gerusalemme.
Vi stupite che miracoli e cose sovrannaturali siano state attribuiti
a un esseno, sebbene voi sappiate che tutto ciò che uno dei nostri
fa deve essere garantito da tutta la comunità.
Ricordatevi dunque che le voci su certe cose sono simili al vento:
là dove il vento si leva e si forma, ivi esso sospinge innanzi a sé
l'aria pura; ma, nella sua corsa, raccoglie anche tutte le
emanazioni e le nebbie della terra. Quando giunge lontano dal suo
luogo di partenza, ha raggruppato le nubi, e invece di quella
corrente d'aria pura che era alla nascita, porta lontano solo quanto
ha raccolto per strada. Così è precisamente per le voci su Gesù, e
sulle vicissitudini attraverso le quali è passato.
Riflettete anche sul fatto che gli uomini ispirati che ci hanno
parlato di lui, ne hanno parlato e scritto con il trasporto di una
forte passione e che, nel loro amore santo, hanno creduto a tutto
ciò che il popolo, nella sua naturale superstizione, aggiungeva sul
conto suo.
Riflettete anche sul fatto che costoro ignoravano la pratica di
tutti i misteri della nostra santa comunità, e che soltanto i
superiori del nostro Ordine sono stati iniziati alla segreta
protezione e ai misteriosi aiuti che Gesù ha ricevuto da noi.
Riflettete in ultimo sul fatto che la nostra severa legge ci
proibisce di prestare pubblicamente il nostro aiuto al popolo,
intervenendo nel consiglio e nelle decisioni degli uomini che
governano il paese.
È per questa ragione che abbiamo agito in silenzio, che abbiamo
lasciato che la legge seguisse il suo corso, senza tuttavia
trascurare di servire in segreto il nostro amico.
Perché Gesù è figlio nostro; mentre era a Jutha, quando fece il suo
ingresso nel primo grado, ebbe anche a promettere che il nostro
Ordine avrebbe, da allora, sostituito suo padre e sua madre, il che
è quanto davvero noi fummo per lui, come prescritto dalle nostre
regole.
Affinché apprendiate la verità su tutto ciò che è accaduto, vi
scrivo come fratello, in piena e totale conoscenza di causa e per
amore della verità della nostra regola, e vi parlo da testimone
oculare, vi racconto quanto so. E ho visto molto perché, agendo in
segreto, ho cooperato a ciò che è avvenuto.
Nel momento in cui, qui, vi scrivo, miei cari fratelli, i giudei
hanno mangiato sette volte l'agnello pasquale dacché è stato
sacrificato il nostro fratello che tutti amavamo, e in cui abbiamo
visto la glorificazione di Dio. Ma non ho dimenticato nulla della
storia di cui sono stato testimone.
Così come vere sono le parole che sfiorano in questo momento le mie
labbra, e veri sono i pensieri che qui annoto, allo stesso modo sono
convinto che Gesù fosse un eletto di Dio, generato dallo Spirito
Eterno.
Egli stesso si diceva figlio di Dio, e lo fu nel senso che insegnò e
agì in nome di Dio: era stato iniziato ai misteri della natura,
tanto del regno animale quanto del regno vegetale, e inoltre
iniziato alla maggior parte delle umane conoscenze e alla conoscenza
degli uomini.
In tutte queste cose riconosciamo Dio. E colui che può dire: vedete,
io vengo da Dio, costui può dire, a buon diritto, d'essere inviato
da Dio, perché colui che non è inviato da Dio non può dirlo, giacché
la parola gli manca: lo Spirito non gliel'ha data.
VAI AL TESTO
1. Il Manoscritto di
Alessandria D. Muggia (a cura di) Edizioni Amrita.
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