Il contenuto di questa istruzione non può essere altro che la sapienza della cultura universalmente umana, che ogni epoca deve cercare nei misteri


 

Così, nell’esposta maniera, potrebbe dunque realmente essere sorto e pervenuto fino ai nostri tempi un insegnamento, che ora fosse confermato in seno a una separata società. Ma qual valore e quale significato poté avere questo insegnamento disceso giù per la sequela dei tempi? Domando io tanto a mio nome che nel vostro. Deve forse esso porre in qualche modo dei vincoli alla libertà e al progresso della ragione, soggiogare con l’autorità il libero impulso alla ricerca, e imporre una cieca fede? - Coraggiosamente e più forte che posso e contro ogni rischio io grido: lungi sia, lungi dal Massone, il quale deve aver rigettato tutti i vincoli dell’autorità, che egli qui si lasci cacciare tra nuovi vincoli segreti; lungi sia da lui, che tende a ottenere una cultura puramente umana e in generale a vivere soltanto nello spirito, [l’eventualità] che egli si lasci qui legare a una nuova lettera; lungi sia dalla società che disprezza ogni spirito di corpo, [il pericolo] di trasformarsi essa stessa in una corporazione! - Che cosa furono allora coloro che gettarono il primo seme di questa istruzione, possibilmente esistente, e quelli che più tardi la svilupparono, perfezionarono, accrebbero? Che cosa furono dunque, che non fossero anche i loro lontani discendenti? Che cosa avevano in sé, che anche questi non avessero in sé egualmente? Con quale diritto fecero quelli ciò ch’essi fecero, che anche questi non avessero lo stesso diritto?

La cultura pubblica col proceder dei tempi ha progredito, ed é verosimile che così abbia fatto anche la cultura segreta; la pubblica progredirà ancora, né la segreta può arrestarsi e rimanere indietro alla prima. Ma quell’insegnamento tradizionale, se ne esiste uno siffatto, non può avere altra autorità che quella conferitagli dalla sua venerabile antichità, non altro che quella a cui sola può aspirare qualsiasi uomo e qualsiasi attività umana sopra altri uomini, cioè che si supponga di buon grado di avere in sé nascosta una sapienza, che si facciano serii sforzi per trovare questa sapienza, e che gioiosamente la si accolga, dopo averla trovata e confermata nel proprio intelletto e nel proprio cuore.

Questo insegnamento tradizionale non poteva né doveva essere per gli iniziati altra cosa da ciò che sono per noi, come partecipi della cultura profana, Omero, Sofocle e Platone. Che si custodiscano fedelmente quelle reliquie [della tradizione], né le si falsifichi, o, quando siano falsate, si restituiscano nella loro originaria purezza, - é cosa ragionevole e richiesta dalla giusta venerazione dell’antichità; che poi in ogni insegnamento si parta da esse, e se ne faccia del pari il testo delle proprie considerazioni, sarebbe un abile espediente per conservare l’unità della catena giuntaci per tradizione, e perché esse trapassino ognora tal quale alla posterità; che infine la si interpreti e se ne usufruisca (perché si volga, in causa d’esse, la mira a una cultura pura e universalmente umana) secondo l’unico punto di vista possibile dei misteri, é assolutamente necessario, e illegittima ogni altra spiegazione.

Siffatta restaurazione dell’antico, e inoltre questa interpretazione conforme all’antica civiltà che le si aggiunge, é l’opera costante di ciascuna epoca e il mezzo con cui si accresce ed estende la somma dell’istruzione: il che costituiva la seconda parte della mia tesi.

Così, su quel terreno della tradizione, ciascuno costruisce ciò ch’egli ha per l’appunto [da costruire]; dall’uno si usano saldi materiali da costruzione, dall’altro (per usare qui anch’io un’immagine impiegata da un sacro autore) paglia e stoppie. Ma tanto la prima che la seconda [costruzione] dev’essere confermata dalla prova del tempo, e conservata per l’epoca successiva, che può poi decidere se questi materiali debbano essere aggiunti per qualche utilità all’antico tesoro, o rigettati come di nessun valore.

Ma come può, voi mi avete già da un pezzo domandato, come può talun Massone, se lo scopo della Massoneria é così pienamente determinato quale fu esposto e distinto, disconoscerlo al punto da recargli (come ben sanno anche i profani) contributi inefficaci e alieni affatto? - Ciò si unisce così strettamente con un’altra lagnanza, ch’io spesso ho sentito, che bisogna dare ad entrambe la stessa risposta; voglio dire la lagnanza sul temibile contrasto dell’ideale che la Massoneria si prefigge con la comune realtà. Rispondo: certamente molto ci manca a che siano tutti massoni quelli che recano questo nome; ma tutti debbono pervenirvi, e non si deve abbandonare nessuno che porti questo nome. Finché così accade, finché ci si sforzi soltanto verso quell’ideale, l’associazione resta massonica, anche nel caso che neppure uno dei suoi singoli membri abbia raggiunto tale scopo, anche nel caso che fino ad oggi stesso lo scopo effettivo della Massoneria sussistente fosse stato soltanto di cercare il suo scopo.

Voi avete innanzi, un concetto della Massoneria nettamente determinato, in sé chiaro e universalmente comprensibile. Provate questo concetto; domandate al vostro intelletto e al vostro cuore, se esso possa esprimere lo scopo della Massoneria e se sarete disposti a far vostro tale scopo. Allora saprete quello che dovete fare. - Una volta così confermato siffatto scopo, non limitiamoci a sapere, ma agiamo, anche; per agire con tanto maggior zelo quanto più potessimo trovare che la realtà sia, secondo la nostra opinione, lontana dall’ideale.

Chi allo spettacolo delle deficienze degli umani rapporti, e della nullità, dell’inversione, della corruzione regnanti fra gli uomini, si lascia cadere le braccia, e va fuori dei gangheri e si lagna della malvagità dei tempi, non é uomo. Appunto nella vostra capacità di scorgere i difetti degli uomini é insita una santa missione di renderli migliori. Se già tutto fosse come dovrebbe essere, non ci sarebbe punto bisogno di voi nel mondo, e voi avreste potuto benissimo restare in grembo al nulla. Rallegratevi che non tutto sia ancora come dovrebbe essere, sì che abbiate da lavorare e possiate rendervi utili a qualche cosa.