LA QUARTA FATICA
La Cattura della Cerva o Daia
(Cancro, 21Giugno - 21 Luglio)

Il Mito

Colui che presiede la Camera del Consiglio del Signore parlò al Maestro che stava al Suo fianco: "Dov'è il figlio dell'uomo che è anche figlio di Dio? Come si sta comportando? Quali prove ha sostenuto e in quale servizio è ora impegnato?".

Il Maestro, volgendo lo sguardo verso il figlio dell'uomo che è figlio di Dio, rispose: "Nulla per il momento, o Grande Reggente. La terza prova ha apportato grandi insegnamenti per un allievo come lui. Ora vi medita e riflette".

"Dategli una prova che evochi la sua scelta più saggia. Mandatelo a lavorare in un campo ove debba decidere quale voce, fra le tante, risveglierà l'obbedienza del suo cuore. Dategli una prova di grande semplicità esteriore, ma che, nel contempo, risvegli sul piano interiore tutta la sua saggezza e la capacità di scegliere in modo giusto. Che proceda con la quarta prova".

 

*  *  *

 

Ercole, figlio dell'uomo eppure figlio di Dio, stava dinnanzi alla quarta grande Porta. Il silenzio era profondo. Né parola né alcun suono da parte sua. Oltre la Porta si estendeva un ameno paesaggio e in lontananza, all'orizzonte, appariva il tempio del Signore, il santuario del Dio-Sole con il suo scintillante bastione. Nei pressi, su una collina, stava uno snello cerbiatto. Ercole osservava ed ascoltava, e ascoltando udì una voce. La voce proveniva dal disco luminoso della luna, dimora di Artemide. E Artemide, la bella, pronunciò parole di ammonimento all'indirizzo del figlio dell'uomo.

"La cerva è mia, non devi quindi toccarla", ella disse. "Per lunghe ere l'ho allevata e accudita quando era giovane. La cerva è mia e mia deve restare".

All'improvviso apparve Diana, la cacciatrice dei cieli, la figlia del sole. Calzata di sandali, si slanciò verso la cerva, rivendicandone anch'ella il possesso.

"No, mia bella Artemide", disse, "la cerva è mia e mia deve restare. Finora era troppo giovane, ma ora può essere utile. La cerva dalle coma d'oro è mia, non tua, e mia deve restare."

Ercole, in piedi fra i pilastri della Porta, ascoltò la disputa, sorpreso che le due fanciulle si contendessero il possesso della cerva.

Un'altra voce colpì il suo orecchio con tono autoritario: "La cerva non appartiene ad alcuna delle due fanciulle, o Ercole, ma a quel Dio di cui tu vedi il tempio lassù su quel monte lontano. Vai, liberala, portala in salvo nel tempio e lascialaLì. Cosa facile a farsi, o figlio dell'uomo, tuttavia (e rifletti bene sulle mie parole), poiché sei figlio di Dio, puoi cercare e catturare la cerva. Và."

Ercole si lanciò attraverso la quarta Porta lasciandosi dietro i molti doni ricevuti per non essere impedito nella veloce caccia a cui si accingeva. Da lontano, le due fanciulle contendenti lo seguivano con lo sguardo. Artemide, la bella affacciata dalla luna, e Diana, la avvenente cacciatrice dei boschi di Dio, seguivano i movimenti della cerva, ed entrambe non perdevano occasione di ingannare Ercole, cercando di rendere vani i suoi sforzi. Egli inseguì la cerva in ogni dove, ma più e più volte essa lo ingannò con astuzia.

 

Per un anno intero il figlio dell'uomo, che era anche figlio di Dio, rincorse la cerva di luogo in luogo, scorgendone la forma come in un lampo, per poi perderla subito di vista nella profondità del bosco. Di collina in collina e di bosco in bosco egli l'inseguì continuamente fino a che, un giorno, la vide addormentata presso uno stagno, esausta dalla lunga corsa.

A passi silenziosi, con la mano tesa e lo sguardo fermo, Ercole scoccò una freccia verso la cerva, ferendola ad una zampa. Facendo appello a tutta la sua volontà, le si avvicinò, ma la cerva non si mosse. Le si fece ancora più vicino e la prese fra le braccia e se la strinse al cuore. Artemide e la bella Diana osservavano la scena.

"La ricerca è compiuta", esultò. "Nelle tenebre del nord fui tratto, ma non trovai la cerva. Nelle profonde oscurità delle foreste, lottai a lungo, ma non trovai la cerva. Per desolate ed aride pianure, per luoghi deserti e selvaggi mi affannai a cercarla, ma non la trovai. In ogni momento, le fanciulle sviavano i miei passi, ma io persistetti ed ora la cerva è mia! La cerva è mia!"

"Non è così, o Ercole", gli giunse all'orecchio la voce di qualcuno che stava vicino a Colui che presiede la Camera del Consiglio del Signore. "La cerva non appartiene al figlio dell'uomo, anche se figlio di Dio. Porta la cerva laggiù al santuario ove dimorano i figli di Dio e lasciala a loro."

"Perché mai, o saggio Maestro? La cerva è mia; mia dopo il lungo cercare, è mia perché la tengo stretta al mio cuore."

"E non sei tu un figlio di Dio, pur essendo un figlio dell'uomo? E non è quel tempio la tua dimora? E non condividi forse la vita con tutti coloro che li abitano? Porta al tempio di Dio la cerva sacra e lasciala lì, o figlio di Dio.

 

*  *  *

 

Ercole allora portò la cerva al sacro tempio di Micene e la posò a terra, nel centro del luogo sacro. Nel posarla innanzi al Signore, notò sulla zampa la ferita fatta dalla freccia scagliata dall'arco che aveva posseduto e usato. La cerva era sua per diritto di ricerca. La cerva era sua per la forza e l'abilità del suo braccio: "La cerva è quindi doppiamente mia", egli disse.

Ma Artemide, che stava nella corte esterna di quel sacrosanto luogo, udì risuonare il suo alto grido di vittoria e disse: "Non è così. La cerva è mia ed è stata sempre mia. Io vidi la sua forma riflessa nell'acqua; io udii i suoi passi sulle vie della terra; so che la cerva è mia, perché ogni forma e mia".

Il Dio-Sole parlò dal suo luogo sacro: "La cerva è mia, non tua, o Artemide! Il suo spirito riposa con me dall'eternità, qui nel centro del sacro tempio. Tu non puoi entrare qui, o Artemide, ma sappi che dico la verità. Diana, la bella cacciatrice del Signore, può entrare qui per un momento e dirti ciò che vede".

Per un breve momento la cacciatrice del Signore passò nel tempio e vide la forma di quella che era la cerva, distesa davanti all'altare come morta. Disperata, Diana disse: "Ma se il suo spirito riposa con te, o grande Apollo, nobile figlio di Dio, sappi allora che la cerva è morta. È stata uccisa dall'uomo che è un figlio dell'uomo quantunque sia anche un figlio di Dio. Perché può egli entrare nel tempio mentre noi aspettiamo la cerva qui fuori?".

"Perché egli ha portato la cerva tra le braccia, stretta al suo cuore e in questo luogo sacro la cerva trova riposo e così anche l'uomo. Tutti gli uomini sono miei. La cerva è del pari mia, non tua, di nessun altro che mia."

 

*  *  *

 

Ercole, ritornando dalla prova, passò di nuovo per la Porta e prese la via che lo riportava dal Maestro della sua vita.

"Ho adempiuto al compito affidatomi da Colui Che presiede. È stato facile, benché lungo e faticoso. Non ho ascoltato coloro che reclamavano, né ho esitato lungo la Via. La cerva è nel luogo sacro, vicino al cuore di Dio così come, nell'ora del bisogno, è vicina anche al mio cuore.

"Va e guarda ancora, Ercole, figlio mio, tra i pilastri della Porta". Ed Ercole obbedì. Oltre la Porta il paesaggio si estendeva in pittoreschi contorni e lontano, all'orizzonte, si stagliava il tempio del Signore, il santuario del Dio-Sole con la sua brillante merlatura, mentre sulla collina vicina stava una snella cerbiatta.

"Ho superato la prova, o saggio Maestro? La cerva è di nuovo sulla collina dove l'avevo vista per la prima volta."

E dalla Camera del Consiglio del Signore, ove siede il Grande Che presiede, giunse una voce: "Ripetutamente devono i figli degli uomini, che sono anche figli di Dio, cercare la cerva dalle corna d'oro e portarla al sacro luogo; ancora ed ancora di nuovo.

Quindi il Maestro disse al figlio dell'uomo che è figlio di Dio: "La quarta fatica è compiuta e, per la natura della prova e per la natura della cerva, la ricerca deve essere frequente. Non lo dimenticare e rifletti sulla lezione che hai appreso".

 

Sintesi dei Segni

 

Il Cancro è l'ultimo dei quattro segni che possiamo chiamare preparatori, sia che consideriamo l'involuzione dell'anima nella materia o l'evoluzione dell'aspirante che lotta per passare dal regno umano al regno spirituale. Acquistate le facoltà mentali in Ariete, il desiderio in Toro e giunto a realizzare le sua essenziale dualità in Gemelli, l'essere umano che si incarna entra, con la nascita in Cancro, nel regno umano.

Il Cancro è il segno della massa; l'influsso che emana è considerato da molti esoteristi determinante per la formazione della razza, delle nazioni e del nucleo familiare. Per quanto concerne l'aspirante, la cosa è alquanto diversa, poiché in questi quattro segni egli prepara il suo equipaggiamento ed impara ad utilizzarlo. In Ariete fortifica la sua mente e cerca di piegarla ai suoi bisogni, imparando così il controllo mentale. In Toro, "la madre dell'illuminazione" riceve il primo lampo di quella luce spirituale che aumenterà sempre più il suo splendore a mano a mano che si avvicinerà alla meta. In Gemelli egli non solo riconosce i due aspetti della sua natura, ma l'aspetto immortale comincia ad aumentare a spese di quello mortale.

Ora, in Cancro, l'aspirante ha il primo contatto con quel senso più universale che è l'aspetto superiore della coscienza collettiva. Dotato quindi di una mente controllata, della capacità di registrare l'illuminazione, di quella di prendere contatto col suo aspetto immortale e di riconoscere intuitivamente il regno dello spirito, egli è ora pronto per un lavoro più importante.

 

Nei prossimi quattro segni, che possiamo considerare come segni di lotta sul piano fisico per giungere ala realizzazione, troviamo raffigurata la tremenda battaglia tramite cui l'individuo autocosciente, uscendo fuori dalla massa in Cancro, si riconosce quale individuo in Leone, come Cristo potenziale in Vergine, quale aspirante che si sforza di equilibrare le paia degli opposti in Bilancia e come colui che vince l'illusione in Scorpione. Questi sono i quattro segni di crisi e di sforzi straordinari. In essi tutta l'illuminazione, l'intuizione e la potenza dell'anima di cui Ercole, l'aspirante, è capace, sono utilizzate al massimo. Essi hanno pure un riflesso sull'arco involutivo e se ne può rintracciare lo sviluppo con una sequenza simile. L'anima raggiunge l'individualità in Leone, nutre idee e capacità potenziali in Vergine, oscilla violentemente da un estremo all'altro in Bilancia ed in Scorpione è soggetta all'effetto disciplinante del mondo dell'illusione e della forma.

Gli ultimi quattro segni sono quelli della realizzazione. L'aspirante è uscito dal mondo dell'illusione e della forma e, nella sua coscienza, è libero dalla loro limitazione.

 

*  *  *

 

Ora, in Sagittario, può essere l'arciere che va diritto allo scopo. Ora può essere la capra in Capricorno, che scala il monte dell'iniziazione. Può essere il servitore del mondo in Acquario e il salvatore del mondo in Pesci. Così può riassumere in sé tutto ciò che ha acquisito nel periodo preparatorio e nelle aspre battaglie combattute nei quattro segni d'intensa attività; e può dimostrare in questi ultimi quattro segni ciò che ha appreso e il potere che ha sviluppato.

Questo breve riassunto dei segni serve a dare un'idea della prodigiosa sintesi del lavoro di Ercole, del sicuro progresso e del controllato dispiegarsi delle forze che svolgono il loro sottile ruolo nel produrre cambiamenti nella vita dell'uomo.

Tre parole riassumono l'oggettiva coscienza di sé o aspetto cosciente dell'uomo che evolve: istinto, intelletto, intuizione. Il segno che stiamo ora studiando è, in modo predominante, il segno dell'istinto; ma la sublimazione dell'istinto è l'intuizione. Come la materia deve essere elevata al cielo, così l'istinto deve essere elevato e, una volta trasceso e trasmutato, manifestarsi come intuizione simboleggiata dalla cerva. Lo stadio intermedio è quello dell'intelletto. Grande necessità di Ercole adesso, è sviluppare l'intuizione e familiarizzarsi con quel riconoscimento istantaneo della verità e della realtà, che è l'alta prerogativa e un fattore potente nella vita di un figlio di Dio liberato.

 

Il Significato della Storia

 

Euristeo, dunque, inviò Ercole a catturare la cerva dalle corna d'oro. La parola inglese "hind" deriva da un'antica parola gotica che significa "quella che deve essere presa"; in altre parole, ciò che è sfuggente e difficile da prendere. Questa cerva era consacrata ad Artemide, dea della luna; ma anche Diana, cacciatrice dei cieli, figlia del sole, la reclamava, così le due dee se ne disputavano il possesso. Ercole accettò l'incarico di Euristeo e si mise in cammino per catturare la cerva gentile. La cacciò per un anno, andando da una foresta all'altra, intravedendola all'improvviso e perdendola poi di vista. Per mesi e mesi non riuscì a catturarla. Finalmente il successo coronò i suoi sforzi: prese la cerva e "se la strinse al cuore"; la portò nel tempio sacro a Micene, dove la depose davanti all'altare, nel luogo sacro. Poi tornò, soddisfatto del suo successo.

È questa una delle storie più brevi; ma, benché poche cose ci siano raccontate, questa fatica, esaminata attentamente, è di profondo e straordinario interesse e la lezione che contiene è di grande importanza. Non c'è alcuna possibilità di successo per l'aspirante finché non ha trasmutato l'istinto in intuizione, né può esservi un corretto uso dell'intelletto finché non entra in gioco l'intuizione, che interpreta ed estende l'intelletto e conduce alla realizzazione. Allora l'istinto è subordinato ad entrambi.

 

Qualità del segno

 

Il Cancro è chiamato il Granchio e i Greci affermavano che era stato mandato da Era a mordere il piede di Ercole (incontriamo ancora questa simbologia nel mito del "tallone di Achille"). Questo è un interessante modo di esprimere l'obbligatorietà del processo d'incarnazione e di illustrare gli svantaggi che assillano l'anima mentre percorre il sentiero dell'evoluzione. Simboleggia le limitazioni di tutte le incarnazioni fisiche, perché il Cancro è uno delle due grandi porte dello zodiaco. È l'entrata nel mondo delle forme, nella incarnazione fisica e il segno in cui la dualità della forma e dell'anima viene unificata nel corpo fisico.

 

Il segno opposto a Cancro è Capricorno, ed essi costituiscono le due porte, essendo uno l'entrata nella vita della forma e l'altro nella vita dello spirito; uno apre la porta della forma alle masse della razza umana, l'altro introduce nell'universale stato di coscienza che è il Regno dello spirito. Uno segna l'inizio dell'esperienza umana sul piano fisico, l'altro ne segna il punto culminante. Uno significa potenzialità, e l'altro compimento.

Si afferma che Cristo dette a S. Pietro le chiavi del cielo e della terra; Egli gli dette quindi le chiavi di queste due porte. Leggiamo:

"Gesù dà a Pietro... le chiavi delle due principali porte dello Zodiaco, che sono i due punti solstiziali, i segni zodiacali di Cancro e Capricorno, chiamati i due cancelli del sole. Attraverso Cancro, o "porta dell'uomo", l'anima discende sulla terra (per unirsi al corpo), il che costituisce la sua morte spirituale. Attraverso Capricorno, la "porta degli dei", essa ascende in cielo."

(E. Valentia Straiton, The celestial Ship of the North, Vol. II° pag. 206).

 

Nello Zodiaco di Denderah, il segno del Cancro è rappresentato da un coleottero, chiamato in Egitto lo scarabeo. La parola "scarabeo" significa "Unigenito"; perciò sta per "nascita o venuta in incarnazione", oppure, per l'aspirante, per la "rinascita". Il mese di giugno, nell'antico Egitto, era chiamato "meore", che di nuovo significa "rinascita" e perciò sia il segno sia il nome richiama costantemente l'idea del prendere forma e dell'entrare in incarnazione fisica. In un antico zodiaco dell'India, che risale a circa 400 anni a. C., questo segno è sempre rappresentato da un coleottero.

I cinesi chiamano questo segno "l'uccello rosso", perché il rosso è il simbolo del desiderio e l'uccello è il simbolo dello slancio nell'incarnazione e dell'apparire nel tempo e nello spazio. L'uccello appare frequentemente nello Zodiaco e nelle antiche storie mitologiche Hamsa, l'uccello della tradizione indù, "l'uccello oltre il tempo e lo spazio", sta tanto per la manifestazione di Dio, che dell'uomo.

Dalle tenebre l'uccello si slancia e vola attraverso l'orizzonte nella luce del giorno, sparendo poi di nuovo nelle tenebre.

Il granchio vive per metà sulla terra e per metà in acqua. È perciò il segno dell'anima che dimora nel corpo fisico, ma che vive per lo più nell'acqua, simbolo della natura emozionale e dei sentimenti. Exotericamente il Cancro è governato dalla luna, che è da sempre la madre della forma in quanto controlla le acque e le maree. Perciò in questo segno la forma è dominante e costituisce un impedimento. Il granchio costruisce la sua casa, o guscio e se la porta sulla schiena e le persone nate in questo segno sono sempre coscienti di ciò che hanno costruito; di solito sono ipersensibili, eccessivamente emotive e cercano sempre di nascondersi.

Il nativo del Cancro è così sensibile che è difficile da trattare e così elusivo e a volte così indefinito che è difficile comprenderlo o definirlo con precisione.

 

La Croce Cardinale

 

Cancro è uno dei bracci della croce cardinale. Un braccio è Ariete, segno dell'inizio, della vita soggettiva, dello stadio prenatale o involuzione e del primo passo sia verso il prendere una forma, sia verso la liberazione spirituale.

Terzo braccio della croce è Bilancia, la scelta, l'inizio del cammino sul "sentiero stretto come filo del rasoio" al quale il Buddha spesso si riferisce. Capricorno, quarto braccio, è anch'esso nascita, la nascita del Salvatore del mondo, nascita del regno spirituale, nascita fuori dal mondo della materia nel mondo dell'essere. Involuzione, incarnazione, espressione, ispirazione, sono le quattro parole che esprimono la storia della croce cardinale dei cieli (la croce dell'iniziato).

 

Le Stelle

 

Non vi sono stelle particolarmente luminose nel Cancro, né particolarmente importanti, perché Cancro è il segno in cui ci si nasconde, ci si ritrae dietro ciò che si è costruito. Non è una costellazione che colpisce l'attenzione. È interessante notare che non esiste parola ebraica per "granchio", che era considerato impuro e non era menzionato. Tale è la forma materiale considerata dal punto di vista dello spirito; gli esoteristi affermano che il corpo fisico non è un principio. (La sostituzione dello scarabeo sacro egiziano col granchio sembra significare il riconoscimento della qualità di Cancro nel suo aspetto superiore, quando il nativo del segno è un aspirante, o un discepolo, poiché noi facciamo molte volte il giro dello zodiaco.) Vi sono ottantatre stelle in questo segno, la più luminosa delle quali è di terza grandezza. Proprio nel centro della costellazione vi è un ammasso di stelle: il Presepe, la mangiatoia, chiamata dagli astronomi moderni "l'alveare". Quest'ultimo è un simbolo meraviglioso della organizzazione collettiva della famiglia umana ed è una delle ragioni per cui questo segno è sempre considerato come un segno di massa. Nella massa governa l'istinto; il Cancro, quindi, è il segno dell'istinto, della vita di gregge, della reazione di massa. Rappresenta la mente subcosciente, l'istinto ereditario e l'immaginazione collettiva. Individualmente, rappresenta la totalità della vita e la coscienza delle cellule nel corpo e di quella vita istintiva e collettiva che è in gran parte subcosciente nell'uomo, ma che sempre influenza il suo corpo fisico e, soggettivamente, la sua mente inferiore e il suo essere emotivo.

L'uomo non evoluto che nasce in Cancro è immerso nella massa; è una parte inconscia del grande tutto e qui sta il problema. In Cancro la persona comune, così come l'aspirante che sostiene la prova di questo segno, è soggetta all'impulso di innalzarsi dalla massa in cui l'istinto la trattiene ed a sviluppare invece l'intuizione, che la renderà in grado di elevarsi. Questo segno è talvolta chiamato "la bara" dagli ebrei, perché indica la perdita dell'identità, mentre i primi cristiani lo chiamavano "la tomba di Lazzaro", che fu resuscitato dai morti.

In queste parole: "bara", "tomba", "granchio" e nel riferimento che talvolta troviamo riguardo a Cancro come "grembo", abbiamo l'idea della vita celata, di una forma che vela, della potenzialità e di quella lotta con le circostanze che infine produrrà, in Leone, l'emergere dell'individuo e, in Capricorno, la nascita di un salvatore del mondo. Raffigura quindi, in modo ben definito, la lotta che si svolge nella vita dell'aspirante affinché l'istinto sia sostituito dall'intuizione.

 

Unificazione col Capricorno

 

È interessante confrontare Cancro con Capricorno, perché ciò che nel Cancro è indicato, si realizza in Capricorno. Cancro rappresenta la casa, la madre. È personale ed emotivo, mentre Capricorno rappresenta il gruppo nel quale l'unità entra coscientemente e anche "il padre di tutto ciò che è". Si entra nella porta del Cancro mediante il processo di trasferimento di coscienza dallo stato animale a quello umano, mentre la porta di Capricorno si varca mediante l'iniziazione. L'una è inevitabile, subconscia e potenziale; l'altra è autoiniziata, autocosciente e potente. Cancro rappresenta la forma di massa, l'anima collettiva animale; Capricorno rappresenta il gruppo, l'anima universale.

Cancro in origine era chiamato il mese della nascita di Gesù. Capricorno è, come sappiamo, il mese di nascita del Cristo e, da secoli, il venticinque dicembre si celebra la nascita del salvatore del mondo. Ma in tempi antichissimi, il giorno della nascita dell'infante Dio-Sole era in Cancro. Ci viene detto:

"Il giorno della nascita del Bambino Gesù, essendo stato stabilito dai preti a caso, produce una grave discrepanza, essendoci stato detto che nacque in una mangiatoia. La mangiatoia si trova nel segno del solstizio d'estate, la costellazione del Cancro, che era chiamata la porta del sole attraverso la quale le anime si diceva discendessero dalla loro dimora celeste verso la terra, così come, al solstizio d'inverno in dicembre, si diceva tornassero alla loro dimora celeste, la costellazione del Capricorno, l'altra porta del sole. Capricorno era il segno in cui si diceva fossero nati gli dèi solari al solstizio d'inverno ed era consacrato ai figli della luce."

(E. Valentia Straiton, The Celestial Ship of the North, Vol. II° pag.206).

 

Simboli

 

Il simbolo astrologico del segno del Cancro non ha alcuna relazione col granchio. È composto da due code di "asini" e ciò si ricollega ancora alla storia dei vangeli che parla di una mangiatoia. Alla nascita di Gesù appaiono due asini: l'uno portò la Vergine a Betlemme, prima della nascita; e l'altro la portò in Egitto, dopo la nascita. Presso il segno del Cancro vi sono due brillanti stelle, una chiamata Asellus Borealis, o asino del nord e l'altra Asellus Australis, o asino del sud. (L'asino appare una terza volta, quando il Cristo andò a Gerusalemme durante il suo breve momento di trionfo, la domenica delle Palme. Era seduto sul dorso di un asino, simbolo di pazienza ed umiltà, gioielli di grandezza. Non denigriamo quindi tale simbolo.)

Qualcuno ha usato le seguenti parole per esprimere la nota del Cancro quando vi entriamo per la prima volta: "Una piccola voce malinconica, una melodia debole, per metà soffocata e per metà evanescente".

Il lavoro non è stato ancora compiuto. Tutto ciò che si può udire è la nota di un possibile conseguimento. Tutto ciò che si può trovare è un profondo stimolo interiore, uno scontento che diviene gradatamente così forte che trae l'individuo celato, in lotta, fuori dal suo ambiente e dalle normali condizioni del mondo e lo fa diventare l'ardente aspirante che non ha pace fino a che non è emerso dalle acque e che, sforzandosi continuamente di salire, viene a trovarsi sulla sommità del monte, in Capricorno: nascita, non ancora trionfo finale, del salvatore mondiale. "Cristo nacque in Capricorno, adempì la legge sotto l'influsso di Saturno, iniziò l'era della fratellanza consapevole sotto quello di Venere. Così divenne il perfetto iniziato del Capricorno, che si fa servitore del mondo in Acquario e Salvatore del Mondo in Pesci. Cancro introduce l'anima in quel centro del mondo che chiamiamo umanità; Capricorno la conduce a una partecipazione consapevole alla vita di quel centro planetario che chiamiamo Gerarchia". (Trattato dei sette Raggi, vol. III° Astrologia Esoterica, di A. Bailey pag. 168).

 

Le tre costellazioni simboliche

 

Gesù è spesso chiamato il Buon Pastore e molte volte è stato rappresentato come un pastore che conduce le sue pecore. L'idea dell'ovile è sempre stata strettamente associata, nella mente della gente, al Cristo. Connesse con il segno del Cancro vi sono tre costellazioni: l'Orsa Maggiore, l'Orsa Minore ed Argo. Uno dei misteri dell'astronomia è come il nome di "orsa" sia stato associato a questi gruppi di stelle, perché negli zodiaci caldei, persiani, egizi e indiani non si trova alcun orso. I nomi più comunemente usati sono quelli di "ovile", o "gregge". Un'analisi dei nomi ebraici e arabi delle stelle di queste costellazioni dimostra che i nomi antichi significano "il piccolo gregge", "l'ovile", "la pecora" e "la nave". Nel trentaquattresimo capitolo di Ezechiele e nel decimo capitolo del Vangelo di Giovanni, si trovano molti riferimenti a queste costellazioni.

L 'Orsa Minore è famosa perché la più luminosa delle sue stelle è la stella polare, la stella del nord. Il simbolismo di queste due costellazioni ci dà l'idea di massa o di gruppo, che rappresenta la significativa influenza del lavoro compiuto nel segno del Cancro. Il simbolismo della stella del nord ci dà l'idea di una stella conduttrice, di un'attrazione magnetica che guida il pellegrino che ritorna a casa. Molti esoteristi credono che la famiglia umana, il quarto regno di natura, sia venuto gradualmente in esistenza nei circa duemila anni durante i quali il nostro sole era in Cancro.

L'idea di una massa di animali, di recinti in cui questi animali erano confinati e l'idea di un centro magnetico di attrazione, sono simbolicamente raffigurate anche nella tradizione massonica. Nel Planisfero Egizio di Kircher, Argo è rappresentato da due galee (come noi abbiamo due ovili), le cui prore sono sormontate da teste d'ariete e la poppa di una di esse termina a coda di pesce. Qui va anche notato come ci sia rappresentato il quadro del compimento in Capricorno, quando il capro raggiunge la cima del monte. Vi è anche raffigurato quel ciclo maggiore che include i progressi dell'anima da Cancro a Capricorno, ma che inizia in Ariete e termina in Pesci. Un'accurata analisi del simbolismo dei segni zodiacali rafforza la nostra convinzione dell'eterna descrizione della verità e mantiene continuamente presente ai nostri occhi la storia dell'evoluzione della materia nella forma, della coscienza, dello spirito e della vita.

Argo si estende da Cancro a Capricorno ed è una delle costellazioni più grandi. Contiene sessantaquattro stelle, di cui la più luminosa è Canòpo. Il suo simbolismo, quindi, copre la vita dell'aspirante da quando entra in incarnazione fmo a che non raggiunge la meta. La parola "nave" viene usata molto spesso in senso simbolico; si dice infatti "nave della nazione", "nave della salvezza", il che suggerisce l'idea della sicurezza, del procedere, del trovare una via, del viaggio da fare, e del trasportare una vasta folla di pellegrini in cerca di un tesoro o di una nuova patria più libera.

I pellegrini sono forniti d'istinto e, passando attraverso le varie costellazioni inserite in quest'immenso segno, quell'istinto diviene intelletto in un essere umano man mano che egli sviluppa l'autocoscienza ed emerge dallo stadio puramente animale, finché non giunge il tempo, dopo molti e molti giri attorno allo Zodiaco, in cui l'aspirante si trova di nuovo in Cancro, di fronte al problema di trovare quell'elusiva, sensibile e profondamente occulta, o celata, intuizione spirituale che lo guiderà nel suo viaggio ormai solitario. L'aspirante non è più identificato e perduto nella massa; non è più uno del gregge, ben protetto nell'ovile, ma è emerso dalla massa ed ha iniziato a calcare la via solitaria di tutti i discepoli. Egli percorre allora il sentiero della tribolazione, della prova e dell'esperienza, lottando da solo come individuo, da Leone a Capricorno, finché non giunge il tempo in cui, con l'aiuto dell'istinto, dell'intelletto e dell'intuizione e spinto dall'impulso della vita Cristica, ritorna a fondersi con la massa e si identifica con il gruppo. Egli allora diventa il servitore mondiale in Acquario e non ha più alcun senso di separatività.

 

La Lezione della Fatica

 

Abbiamo visto che la cerva che Ercole cercava era sacra ad Artemide, la luna, ma che era anche reclamata da Diana, la cacciatrice dei cieli e da Apollo, il dio sole. Una delle cose spesso dimenticate dagli studenti di psicologia e da coloro che indagano lo sviluppo della coscienza dell'uomo è che non vi è una netta divisione fra i vari aspetti della natura umana, ma che sono tutte fasi di un'unica realtà. Le parole istinto, intelletto, intuizione, non sono che vari aspetti della coscienza e della risposta all'ambiente e al mondo in cui l'essere umano viene a trovarsi. L'uomo è un animale e, al pari degli animali, possiede la qualità dell'istinto e della risposta istintiva al suo ambiente. L'istinto è la coscienza della forma e della vita cellulare, la modalità di consapevolezza della forma, e perciò Artemide, la luna, che governa la forma, reclama la cerva sacra. Al suo livello, l'istinto animale è tanto divino quanto tutte le altre qualità che noi consideriamo come più strettamente spirituali.

Ma l'uomo è anche un essere umano: è razionale, può analizzare, criticare, possiede quel qualcosa che chiamiamo mente e quella facoltà di percezione intellettuale e di risposta che lo differenzia dall'animale, che gli apre un nuovo campo di consapevolezza, ma che, malgrado tutto, è soltanto un'espansione del suo apparato di risposta e lo sviluppo dell'istinto in intelletto. Con la prima di queste qualità egli diviene cosciente del mondo degli stimoli fisici e delle condizioni emotive; con l'altra, diviene consapevole del mondo del pensiero e delle idee e, per questo, è un essere umano. Quando ha raggiunto la fase di una consapevolezza istintiva intelligente, allora Euristeo lo informa che esiste un altro mondo di cui può diventare egualmente cosciente, ma che ha un proprio metodo di contatto ed un proprio apparato di risposta.

Diana, la cacciatrice, reclamò la cerva perché per lei rappresentava l'intelletto, e l'uomo è il grande ricercatore, il grande cacciatore innanzi al Signore. Ma la cerva aveva un'altra forma ancora più elusiva ed era questa che Ercole, l'aspirante, cercava. Si dice che egli cacciò per un'intera vita. Non era la cerva, l'istinto, che egli cercava; non era la cerva quale intelletto, l'oggetto della sua ricerca. Era qualcos'altro e per questo qualcosa trascorse un'intera vita cacciando. Finalmente, leggiamo, egli la catturò e la portò nel tempio, nel quale il dio sole la reclamava. Questi riconosceva nella cerva l'intuizione spirituale, quell'estensione della coscienza, quel senso di consapevolezza altamente sviluppato che dà al discepolo la visione di nuovi campi di relazione e gli apre un nuovo mondo dell'essere. Ci vien detto che la lotta fra Apollo, il dio sole, che sapeva che la cerva rappresentava l'intuizione, Diana, la cacciatrice dei cieli, che la conosceva come intelletto, e Artemide, la luna, che pensava fosse soltanto istinto, stia ancora continuando. Entrambe le dee hanno ragione e il problema di tutti i discepoli è di usare correttamente l'istinto, nel luogo giusto e nel giusto modo. Il discepolo deve imparare ad usare l'intelletto sotto l'influsso di Diana, la cacciatrice, figlia del sole, mettendosi così in rapporto col mondo delle idee umane e della ricerca. Egli deve imparare a portare questa sua capacità nel tempio del Signore e là vederla tramutarsi in intuizione e con l'intuizione egli deve diventare consapevole delle cose dello spirito e di quelle realtà spirituali che né l'istinto, né l'intelletto possono rivelargli. (E ripetutamente i figli degli uomini, che sono anche figli di Dio, devono far proprie e catturare queste realtà spirituali, sul Sentiero senza fine).