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Note
1- Cfr. Colloquio del Re Kalid col filosofo Morieno, in Biblioth. des Philos. Chymiques, Paris, 1741, t. II, p.92 : “L’operazione che compie tutto il Magistero è un’operazione che non si fa con le mani”. Lo stesso dice Artefio (Libro di Artefio, in ibid., t. II, 162), che comincia a dichiarare che oggetto di tale operazione è la composizione dello spirito col corpo e la trasmutazione della natura dell’uno in quella dell’altro;
2- Cfr., per esempio, la Turba philosophorum, testo della traduzione italiana, in UR, 1928, n.29, p.287: “Intendimi, lascia queste Erbe, queste Pietre, questi Metalli e queste specie estranee, e prega Dio con tutto il tuo cuore affinché ti faccia essere dei nostri”. – e la III canzone dell’Ode Alchemica di Frà M. Crassellame (in Wirth, Simbolismo Ermetico, Paris, 1909; pp. 173-182), che ha per didascalia: “Si consigliano gli Alchimisti inesperti a desistere dalle sofistiche loro operazioni, tutte contrarie a quelle che n’insegna la vera Filosofia nella composizione della gran Medicina Universale”. Qui si hanno mordaci parole per coloro che “come farfalle affumicate, notte e giorno vegliano intorno a stolti fuochi” e il cui “credulo pensier si indora col fumo”;
3- Non v’è alchimista che non ripeta non essere gli “elementi” di cui parla quelli morti conosciuti dal volgare, sebbene quelli “viventi ed occulti”. Dice Basilio Valentino (Le dodici chiavi della Filosofia, 1. II, c. V): “Tutto ciò che l’ignorante reputa morto, deve vivere di una vita incomprensibile, visibile tuttavia e spirituale, e deve essere conservato in essa”. Su questa base la conoscenza della “filosofia naturale” viene indicata come la miglior via per la comprensione dell’Arte (cfr., per esempio, Zachaire, De la Philos. Naturelle des Mètaux, e Trionfo Ermetico, B.P.C., t. III, p. 225) ;
4- Cfr. R. Guènon, La Crisi del mondo moderno, Paris, 1927, p. 107;
5- La nostra Aria e il nostro Fuoco – dice, per esempio, Bernardo Trevisano (De la Philos. Natur. Des Mètaux, in B.P.C., t. II, p. 401) – non sono « quelli che possono essere veduti dagli occhi corporali”. Lo stesso dice N. Flamel (Desiderio desiderato, VI), per tutti gli elementi;
6- G. Braccesco, La Esposizione di Geber philosopho, Venezia, 1551, f. 77b, Geber, Summa Perfect. Magist., in Magent, Bibl., Chem. Curiosa, Genevae, 1702, t. I, 557;
7- Ibid., f. 35°;
8- Libro di Artefio, in B.P.C., t. II, pp. 148-9. Cfr. Salmon, Intr. alla”B.P.C.”, pp. IV-V: “Essi non hanno scritto che per quelli che sono iniziati ai loro misteri, e per questo hanno intenzionalmente riempito i loro libri di enigmi e di contradizioni”;
9- Chimica Vannus, Amsterdam, 1666, p. 258;
10- C. Della Riviera, Il mondo magico degli Heroi, Milano, 1605;
11- A.J. Pernety, Dict. mytho-hermètique, Paris, 1758, p. 534;
12- Sendivoglio, De Sulphure, Venezia, 1644, p. 190;
13- Cfr. Maximus, Brevi note sul Cosmopolita, in Ignis, nn. 4-5 del 1925. Cfr. Della Riviera, cit., pp. 116, sgg;
14- É interessante, per esempio, J.V. Andrete, Die chemische Hochzetit von K. Rosenkreutz, Strasburgo, 1616;
15- N. Flamel, Desiderio desiderato, VI (B.P.C., p. 307, t. II);
16- M. Berthelot, Collect. des Anc. Alchimistes grecs, Paris, 1888, t. II, p. 143-4 ;
17- Testo della B.P.C., t. II, p. 5;
18- Spiegazione delle Figure Geroglifiche, in B.P.C., t. II, p. 237. Anche: Trionfo Ermetico, in ibid., t. III, p. 196;
19- Zachaire, cit., V;
20- Colloquio del Re Kalid con Moriano, cit., pp. 75,71;
21- Dict. mytho-herm., cit., p. VIII (Intr.). Cfr. Braccesco, cit., f. 25a : “Con quella operano gli sapienti, et da quella esce tutto, infino che si finisce…Sappiate che tutto questo non è altro che una cosa sola, la quale ha il padre et la madre, et il padre et la madre l’hanno creata et notrita, et essa è il suo padre et la sua madre”;
22- Cit., pp. 87-88;
23- Ibid., p.62. Cfr. Geber, Summa Perfectionis, 1. I, XVI (B.C.C., p. 528: “Nel nostro Magistero…l’imperfetto riceve da sè medesimo la perfezione, senza che vi si aggiunga nulla di estraneo”. Filalete, Le Filet d’Ariadne, Paris, 1695, p. 6;
24- Le dodici chiavi, 1. I (t. III, pp. 20-21);
25- Ci si può riferire, per esempio, alla tradizione del Buddha, detto “Maestro degli uomini e degli Dei”, a cui lo stesso Brahman rende omaggio; degli yogì, cui è detto obbedire la Trimurti; di Mithra, vittorioso del dio Sole; dei maghi egiziani, che non si peritavano di minacciar di distruzione anche i supremi fra gli Dei; a Giacobbe, trionfatore sull’Angelo, e via dicendo sino al concetto kabbalistico del “Signore dei Nomi” e hassidimico dell’Uomo quale “redentore della Divinità”;
26- Colloquio di Eudosso e di Pirofilo sul Trionfo Ermetico (B.P.C., t. III, p. 243): “Soltanto il Filosofo è capace di portare la Natura da una imperfezione indeterminata ad una superperfezione…Il Saggio deve cominciare con una cosa imperfetta, che essendo in via di perfezione, si trova nella disposizione naturale per essere portata a superperfezione col soccorso di un’arte tutta divina, la quale può superare il termine limitato della natura”;
27- Ibid., p. 275: “Un figlio di origine più nobile del Padre e della Madre che gli danno l’essere”. Pernety, Dict, mytho-herm., cit., p. 136: “Questo Fanciullo, secondo essi, è più nobile e più perfetto di suo padre e sua madre, benchè sia figlio del Sole e della Luna e la Terra sia stata la sua prima nutrice”. D’Espagnet lo chiama “Fanciullo regale dei Filosofi, più importante dei suoi genitori, e il cui scettro e la cui corona saranno comunicati ai suoi fratelli” (p. 266) – altri rettifica in “potenza sovrana su tutti i suoi fratelli” (Colloquio, ecc., cit., p. 255). “Fanciullo ermafrodito nato da vergine, fonte di una razza di Re potentissimi” (Dict., p. 522). Nel De Pharmaco Cattolico (III, 13) v’è l’espressione: “Magnipotens, stringente in mano il regno spirituale e quello mondano”, ecc;
28- Cfr., per esempio, Turba philosophorum, in B.P.C., t. II, p. 19; Pernety, cit., 299 e a voce “Incesto”; Flamel, fig. Gerogl., cit., p. 244, ecc;
29- É importante che già in questo mito misterico, per simbolo del congiungimento sia indicata la verga ermetica; come pure, da un altro lato, che nell’ermetismo medioevale sia stato dato il nome di Prometeo al “Solfo”, cioè al principio dell’individuale (Pernety, cit., p. 407). Per la relazione generale della tradizione ermetica con quella portata dai miti titanici e luciferini, cfr. KRUR 1929, n. 12; “L’Albero, la Serpe e i Titani”;
30- Testo naasseno apud Ippolito, Philos., V, I, 22. Zosimo in Berthelot cit., II, 213;
31- L’idea di argento si mutua spesso con quella di luminosità; e si potrebbe ricordare la relazione fra la “luce” e “vita degli uomini” indicata nel Vangelo di Giovanni, (I, 4), compresa nella natura luminosa attribuita al pràna (forza vitale) nella tradizione indù, e ritornante nel parlare di una esperienza di luce interiore e intellettuale da parte dei neoplatonici, allo staccarsi della mente e nel suo rientrare nel mondo di psychè. Il Braccesco (cit., f. 10a ) chiama il Solfo la luce del corpo;
32- Flamel, Des. Desid., cit., p. 317: “La Terra dei Filosofi è il loro corpo imperfetto, ed essa è chiamata Madre perché contiene e comprende tutti gli elementi”. De Pharmaco cath., III, 16 : « I Filosofi, fatta parola della terra, hanno inteso per essa nient’altro che il corpo…Chi afferri bene questo senso e si eserciti secondo le mie istruzioni, ritrova, in esso, tutte le cose in tutte, e analogamente tutte in un unico, ed un unico in tutte (reperit, in illo, omnia in omnibus: similiter,omnia in uno, et unum in omnibus)”;
33- Cfr., per esempio, B. Valentino, Dodici chiavi, ecc., cit., II, 8; B. travisano, La parole delaissèe, in B.P.C., t. II, p. 432, ove il Solfo è indicato altresì quale anima come elemento semplice della Pietra (del corpo). De Pharm. Cath., V, I. Pernety, cit., p. 90 (per lo speciale riferimento del corpo al simbolo del “metallo”); Trionfo Ermetico, cit., p. 302: “Vi sono tre sostanze differenti, principi naturali di tutti i corpi – sale, solfo e mercurio, che sono lo spirito, l’anima e il corpo”, Sendovigio, De Sulph., cit., p. 173: “Il corpo è la terra, lo spirito è l’acqua, l’anima è il fuoco, cioè il solfo dell’oro”;
34- Spiegazioni, come quelle della “caduta”, non figurano che per accidente nell’ermetismo. Per conto nostro, crediamo possibile risalire invece, attraverso un mito narcisistico dato nel Corpus Hermeticus ( I, 15-16), ad una spiegazione sul tipo di quelle offerte dalla tradizione orientale con i due fattori del non-sapere (adidyà) e della brama (tanha);
35- L’espressione “uccidere il vivo, risuscitare il morto” diviene un leit-motiv dei testi medioevali: Turba phil., cit., p. 17: “Uccidere il Vivo, vivificare il Morto; e vivificando il Morto, tu uccidi il Vivo, e uccidendo il Vivo vivifichi il Morto. E ciò è una sola cosa, e non sorprendente, perché egli stesso si uccide e egli stesso si vivifica” Pernety, cit., p. 237; ove il mercurio è chiamato “acqua dissolvente”, in cui il Re (il principio regale nll’Uomo – l’Anima) muore e resuscita. Cfr. p. 355, ove la separazione è indicata quale causa della trasformazione. B. Travisano, Phil. Nat. D. Mèt. T. II, 388 sgg. ; Filalete, Filet d’Ariadne, cit., p. 46 ; Introitus, ecc., XIII: “La loro Acqua è vivente e nello stesso istante che dà morte ad uno dei due principi, dà istantaneamente vita all’altro…L’oro, disciolto nel mercurio, è la putrefazione. Da questa putrefazione, che sembra una morte, ne esce un corpo nuovo della medesima essenza del primo, ma di una sostanza molto più nobile, che riceve diversi gradi di virtù”;
36- B. Valentino, Dodici chiavi: L’8 chiave raffigura un seminatore, un cadavere coricato sulle spighe ed un altro che si leva dalla tomba – e porta la didascalia: “Una creatura celeste, la cui vita è nutrita dagli Astri, ed alimentata dai quattro Elementi, muore e poi si putrefa. Dopo di che gli Astri, a mezzo degli Elementi…ridaranno la vita a questo corpo putrido, affinché se ne faccia uno celeste, che si stabilirà nella più alta città del firmamento. Avendo fatto ciò, vedrai il terrestre interamente consumato dal celeste; e il corpo terrestre sempre in celeste corona di onore e di gloria”. Cfr. Azoth, alla tav. V, Trionfo Ermetico, p. 287: “La Pietra è un campo, che il saggio coltiva, ecc.”. Filalete, Introitus, ecc., XIII: “La stessa cosa (che il seme) avviene per il nostro Oro: da principio esso è morto o, meglio, la sua virtù vivificante è nascosta sotto la dura scorza del suo corpo…Non appena bagnato nella nostra acqua (che è come la terra in cui si putrefà), rinasce, prende vita e diventa l’Oro dei Filosofi (cioè anima rigenerata)”;
37- Cfr., per esempio: Zachaire, cit., p. 537; Turba cit., pp. 19, 52-55 (in un altro passo si aggiunge che il Figlio è molto più inesorabile con sua Madre, che non questa con lui nella fase precedente); Pernety, cit., pp. 220, 293, 449; Turba, 5-6: “Prima il Sole perderà la sua luce e la Luna farà la funzione del Sole – poi similmente la Luna si oscurerà…mare e terra si squarceranno, e i corpi che erano morti si leveranno dai sepolcri e saranno glorificati e avranno la faccia gloriosa e più radiosa di mille soli. E il corpo, lo spirito e l’anima saranno in unità, glorificati”. I Sette capitoli d’Ermete, 4, Artefio, cit., p. 131;
38- Flamel, Des. Desid., I: “Se non convertite la cosa corporea in incorporea, lavorate invano”. Cfr. VI, Artefio, cit., p. 134: “La pietra nostra comprende corpo, anima e spirito. O natura, come tu cangi il corpo in ispirito! Il che non sarebbe, se lo spirito non divenisse corpo coi corpi; e se con lo spirito i corpi non fossero prima stati fatti volatili, e se poi il tutto insieme non divenisse fisso e permanente”. P. 131: “In questa operazione il corpo si cangia in ispirito e lo spirito in corpo. Allora si fa amicizia…e unione fra i contrari, cioè fra corpo e spirito, che si scambiono le loro nature”. M. Potier, Philosophia pura, Francoforte, 1619, p. 64: “Il procedimento si esprime in queste due parole: Solve et coagula. Se per caso ti sembrassero troppo tronche, e neppure dette da filosofo, parlerò un po’ più ampiamente e facilmente: Solvere è convertire il corpo…in puro spirito. Coagulare è far di nuovo corporale questo spirito secondo il precetto del Filosofo, che dice: “Converti il corpo in ispirito e lo spirito in corpo”. Chi capisce queste cose , ha tutto, chi no, nulla”. Filalete, Filet d’Ariadne, cit., p. 51, 100: “L’operazione spiritualizza e volatilizza il corpo e il corpo corporifica e fissa lo spirito, che di sua natura è volatile: allora essi sono divenuti uno e non possono più venir separati, essendo insieme spirituali e corporali, ma di una corporeità spiritualizzata”. Chimica Vanus, cit., p. 264; Pharm. Cath., XII, 5: ove si parla dell’anima illuminata e svincolata dai gravami terrestri che si trasfonde per tutte le membra e il sangue, esercitando una universale operazione efficace, sino a sommo prodigio”. Pernety, pp. 262, 329. Comm. di Ortulano alla Tab. Smar., 9.Turba, p. 19, Artefio, p. 168;
39- J.Evola, Il valore dell’Occultismo nella cultura contemporanea; estr. di Bilychnis, numero 11 del 1927;
40- Cfr. C. S. Narayanaswami Ayar, Ancient Indian Chemistry a. Alchemy, Madras, 1925;
41- Cfr. W. Y. Evans-Wentz, The Tibetan Book of Dead, London, 1927, e l’articolo in proposito in UR, nn. 3-4 del 1928;
42- C. Puini, Taoismo, Lanciano, pp. 16-17;
43- A. Reghini, Le Parole Sacre, Todi, s. d., pp. 68-74; intr. alla Filosofia Occulta di Agrippa, Milano, 1926, v. I, pp. CXLII-CLII. Analogamente nel Corp. Herm., XIII, 14, si parla di una generazione secondo essenza (ousiòthes ghènesis) in un corpo che è incomposto e immortale; e i rinati secondo questa nascita sono detti Dii;
44- Zachaire, cit., V, p. 523 ;
45- Pernety, p. 428 : « Il recipiente è il corpo, e i vapori sono lo spirito »;
46- Artefio, p. 154: (I due principi) “non fanno più che una sola natura e un sol corpo rinnovato e risuscitato, per non più morire e restare immortale”; pp. 165, 168: “Corpo e spirito saranno ridotti alla stessa semplicità”, “corpo immortale vittorioso di tutti i suoi nemici” (p. 153). La “pietra” è innalzata a “vita perpetua” (Flamel, Par. abb., p. 321). La suprema dignità, inerente alla signoria delle due nature, è un tema che viene dal Corpus Herm. (X, 24-25; cfr. IV, 5; Asclep., IX, 4), ove l’uomo è esplicitamente dichiarato superiore agli dei per stringere in sè la legge di morte e quella di immortalità, la natura celeste e quella terrestre. L’essere la risoluzione del corpo la realizzazione suprema, è espresso dalla Tab. Smaragd.: “La sua potenza (del Telesma) è perfetta se convertita in terra”;
47- Flamel, Fig. ger.; alla VIII tav;
48- Basilio Valentino, Dodici Chiavi, alla VII tav. (t. III, p. 46). Cfr. Pernety, p.33;
49- In Manget, Biblioteca Chimica Curiosa, cit. t. II, p. 215;
50- Cit., IX (p. 59);
51- Cfr. Corp. Herm., XIII, 3, 11: “Una visione semplice (àplaston) si è prodotta in me…Sono uscito da me stesso, ho rivestito un corpo che non muore…contemplo non con gli occhi, ma con l’energia intellettuale delle potenze (tè dià dynàmeon noetikè energheìa)…non più le cose come corpi secondo le tre dimensioni”;
52- Più difficile a far concepire sarebbe come per “proiezione” la virtù trasformativi possa esser depositata e fissata in certe sostanze corporee, quali le “polveri di proiezioni” e gli “elisir di rigenerazione” menzionati da certi testi. É la credenza stessa dei primitivi nella possibilità di una speciale saturazione di “mana” da parte di certi oggetti, i quali allora farebbero quasi da condensatori carichi di un potere magico latente. Questa credenza (che a dir vero resta lo sfondo arcaico da cui vengono dottrine, come quelle delle consacrazioni e delle imposizioni) è collegata a quella di una certa qualità spaziale ed esteriorabile della forza psichica, che in una certa misura è confermata dalle constatazioni della metapsichica moderna, e sulla quale sono interessantissime, ad ogni modo le cose che ha riferito A. David-Neel in una relazione sulle scuole psichiche tibetane fatta al Collegio di Francia e riprodotta in Die Christliche Welt, numeri 1-2-3 del 1928.
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