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Durante il Medioevo la Chiesa Cattolica aveva eretto il suo edificio culturale con Agostino (che non sapeva il greco) deformando Platone e con Tommaso (che pure non sapeva il greco) deformando Aristotele. Falsificava quindi sia il cristianesimo evangelico e contemporaneamente anche il pensiero greco-romano, tentando di infondere nel mondo pagano uno spiritualismo ad esso completamente estraneo e accostando allo spirito cristiano un significato politico mondano altrettanto estraneo.
L'Umanesimo, ricostruendo l'autentico valore storico culturale della classicità e riaffermando l'originale dignità e valore dell'uomo, non poteva non mettere in luce un'antitesi con questo cristianesimo, tuttavia non seppe completamente realizzare il superamento. Il compito della riforma religiosa umanistica doveva essere mirato a far rivivere la parola di Dio direttamente sulle coscienze degli uomini. A questo era necessaria la filologia, ripristinando il testo biblico alla sua purezza e genuinità.
(FILOLOGIA: "( dal greco philologia = amore del discorso ) designa il complesso di procedimenti tecnici e interpretativi che mirano a liberare il testo dalle incrostazioni e dagli errori accumulati nei secoli (soprattutto a causa di sviste dei copisti, ma anche di censure o di manipolazioni consapevoli), per riportarlo alla sua forma originaria". Dal dizionario di letteratura, arte, cinema e scienze umane. La nuova Italia)
Questo momento di riforma filologico-umanistico era rappresentato in maniera ideale da Erasmo da Rotterdam .
Il vero nome era JEERT JEERTS, nacque a Rotterdam nel 1469 circa e morì a Basilea.
Rimasto orfano fin dalla tenera età, spogliato del suo piccolo avere dai tutori visse disagiatamente. Educato da Steyn, prese nel 1492 convento degli Agostiniani gli ordini ma ottenne più tardi la dispensa dai voti dal Papa Giulio II. Fatti i corsi nel collegio fu poi a Parigi dove seguì Montaigne, in seguito in Inghilterra e a Torino, dove ottenne la laurea e venne a contatto con la teologia. E da qui poi a Venezia con l'umanesimo italiano.
Tornato di nuovo in Inghilterra scrisse
"L'Elogio della Pazzia" (1509), insegnò teologia all'Università di Cambridge e nel 1516 pubblicò a Basilea l'edizione del testo Nuovo Testamento in greco originale. Infine rientro in patria, luogo che si confaceva più al suo spirito in quanto vi convivevano Cattolicesimo e la Riforma. Qui iniziò con Lutero la sua polemica con alcuni scritti come il " De Libero Arbitrio" (1524).
(LIBERO ARBITRIO è la facoltà dell’uomo e di tutti gli esseri razionali di agire in un determinato senso, di compiere o meno delle azioni. È la libertà di agire secondo la propria volontà, senza influenze o condizionamenti esterni.)
La sua figura di intellettuale, sia in campo filosofico che teologico, non si risolve in maniera completa, ma spesso si lascia guidare dalla necessità della polemica. Il suo grande sentimento classico si traduce nell'avversione, come tutti gli Umanisti e i Rinnovatori Religiosi, per la Scolastica. Non apprezza le discussioni astratte o i problemi metafisici o dialettici degli Scolastici perchè non interessano direttamente il sentimento umano e gli interessi sociali, ma sono freddi esercizi mentali. Come umanista e letterato dà grande importanza a ciò che scuote l'animo e commuove, tende ad essere più un ragionatore che un razionalista. Per questo apprezza più di tutti Socrate che meglio di Platone fu sempre a contatto con la vita dell'uomo.
Lo sforzo di Erasmo è quello di mettere sulla stessa linea la fede con l'erudizione e il bello stile, come se fossero valori equivalenti. Vuole affermare la sostanziale identificazione dei valori più autentici del Cristianesimo con la sapienza antica. Cerca quindi di togliere al Cristianesimo le asprezze e le affermazioni assolute. Aveva quindi cercato un equilibrio fra la pura moralità evangelica e la sobrietà e misura pagana; ne è testimonianza il suo latino duttile e colorito, pieno di psicologia, finezza e forza esortativa. Svela la funzione delle Humanae Litterae nella critica filologica ai testi sacri. La stessa funzione esercitarono nella lotta all'immoralità, agli abusi ecclesiastici, all'ignoranza e all'intolleranza delle astruserie dogmatiche e ironicamente si abbatte sulla grettezza e sugli eccessi dei razionalisti. Insiste molto sulla figura di Socrate soprattutto nel suo paragone con Cristo. Riconosce la somiglianza fra queste due personalità nella loro opposizione tra valori autentici e valori inconsistenti, nell'equilibrio e dominio di se stessi, in contrapposizione con i beni mondani ed esteriori.
Mostrando la somiglianza fra Socrate e Cristo, Erasmo vuole concretizzare con i comportamenti dei due più illustri rappresentanti, la coincidenza tra etica cristiana e etica pagana. Erasmo satireggiò la degenerazione di un epoca corrotta, i vizi dei laici come quelli degli ecclesiastici e da principio vide in Lutero il riformatore dei costumi e il polemista contro i privati teologi. La satira erasmiana, apparentemente spregiudicata, è densa di motivi etici.
Nell'Encomium alla Follia, celebra le sue glorie e dichiara di voler fare l'elogio di sé come dominatrice del mondo; tutti gli uomini infatti sono a Lei ubbidienti e tutti contribuiscono al suo successo perchè essa domina ovunque: nell'amore, nella guerra, tra i teologi, tra i poeti, tra gli scienziati, tra i filosofi.
Con questa impostazione l'opera diviene una paradossale satira di ogni manifestazione dell'attività umana. La Pazzia infatti è l'illusione, la menzogna di cui la vita dell'uomo si ammanta per nascondere la sua cruda realtà, ma il principale obiettivo della polemica è costituito dal clero e dallo stato della Chiesa. Devozioni degne di riso sono per Erasmo l'accendere candele dinanzi ad immagini in pieno giorno o intraprendere peregrinazioni in luoghi dove nessun motivo plausibile spinge ad andare.
L'Elogio si chiude ricordando il proverbio che: " spesso anche l'uomo pazzo parla giudiziosamente", mentre, in qualche misura, tutti si agisce da folli nella vita.
Tuttavia i temi della polemica protestante e la battaglia per una religiosità nuova sono espressi, oltre che nell'attacco ironico contro il vecchio, contro la tradizione superstiziosa e formalistica dell'Elogio, nell'opera "Il Milite Cristiano". In essa Erasmo contrappone alla cultura teologica, la fede religiosa che forma il soldato di Cristo. L'arma principale del Milite Cristiano è la lettura e l'interpretazione della Bibbia. Proprio da questo ritorno all'intendimento della Sacra Scrittura, Erasmo si attende quella riforma che è la restaurazione dell'autentica natura umana. Se quindi la "Rinascita" può solo essere determinata dalla parola di Cristo, Erasmo rivolge la sua attività di filologo, oltre che al Nuovo Testamento, anche ai Padri della Chiesa, mentre ripudia la speculazione Scolastica: la vera perfezione cristiana e quindi quella interiore della fede e non della vita ascetica.
Erasmo credeva nella fedeltà allo spirito del vangelo, rifiutava ogni fanatismo e dogmatismo della dottrina cristiana dimostrando di aver fatta sua la più alta lezione dell'Umanesimo proprio in questo senso critico e sereno, nella sua prudenza e ricerca di misura. Erasmo aveva inteso il rinnovamento religioso come la coscienza umana che ritorna alle origini del Cristianesimo e aveva studiato con la filologia i testi sacri per ritrovarne l'autentico significato. Come umanista il suo compito doveva fermarsi qui, faceva parte del mondo dei dotti e come tale era contrario a coinvolgere con la religione, forze politiche o sociali estranee al mondo della cultura. Per questo, quando Lutero nel 1519 gli chiese di appoggiare la Riforma, pur approvandone i principi che in massima parte lui stesso aveva indicato, si rifiutò di seguirlo nell'opera rivoluzionaria.
Nel 1524 inoltre attaccò Lutero sul problema del libero arbitrio. Lutero si indirizzava, nella sua dottrina, verso una fede pura, un abbandono totale a Dio, alla sua iniziativa che con la teoria della predestinazione, nega il libero arbitrio. Sostenendo l'inconciliabilità fra onnipotenza divina e libero agire umano. Erasmo non può condividere l'intransigenza e l'assoluta religiosità di Lutero, non per il valore della sua tesi, ma perché da umanista doveva difendere la libertà e la dignità dell'uomo, affermando la capacità di salvarsi grazie alla sua collaborazione con Dio.