| Ulivelli, Olivelle ed altre cose Le "Memorie per servire alla storia del Giacobinismo" de l'abate Agostino Barruel sono, senza dubbio, il copione classico di tutte le campagne antimassoniche fatte con, si fa per dire, coscienza e serietà. Esse sono, più o meno, impostate sulla seguente premessa, che Barruel non manca di costantemente evidenziare nella sua opera: "Io sarei afflitto di offendere, soprattutto in Inghilterra (ove era esule), le migliaia di massoni onesti ed eccellenti cittadini, pieni di zelo per la felicità del genere umano.... " Siamo nel 1797 quando questa frase viene scritta, forse per la prima volta nella storia; poi, con lievi modifiche, sarà costantemente ripetuta. Bisogna anche ammettere che Barruel non ha trovato finora epigoni altrettanto validi; le campagne antimassoniche che sono seguite, anche le più sofisticate, non hanno lasciato tracce di ugual effetto; e ciò anche perché alcune delle scoperte dell'autore sono state, in un secondo tempo, adottate dalla massoneria continentale, specie quando sono stati gli avversari della Massoneria a rifiutarle. La scoperta più importante, fra tutti i particolari del complotto, per quanto attiene questo aspetto, riguarda certamente il segreto la cui essenza, secondo Barruel, consisterebbe nella adozione del binomio libertà ed eguaglianza" Esclusa la parte storica, cioè quella delle vicende del complotto, secondo lo schema immaginato, la maggior parte delle pagine delle Memoires di Barruel è dedicata al binomio, simbolo della sovversione alle leggi, al re ed alla religione. Secondo la sua tesi, sarebbe inibito ai massoni pronunciare o scrivere insieme le due parole "eguaglianza e libertà" equivalendo la trasgressione allo svelare il segreto. La parola fraternità sarebbe in uso fra i massoni, per coprire quella di eguaglianza, mentre quella di libertà sarebbe nascosta nel nome stesso di frammassone, cioè muratore libero. Le ragioni per cui il trinomio Libertà, Uguaglianza, Fratellanza" non erano finora mai apparse in uno scritto massonico, erano evidentemente altre, però quando, nella seconda metà dell'ottocento, in molti ambienti si incominciò a menar vanto di aver in qualche modo lavorato per la Rivoluzione, i massoni francesi, ricordando che Mirabeau aveva fatto precedere quel trinomio ad una sua lettera a Weisshaupt, immemori dei fratelli che erano stati vittime del Terrore, accettarono, in parte, la tesi del complotto e scrissero nei loro labari le parole che, secondo Barruel, avevano ispirato il complotto stesso. Ora, è fuor di dubbio che libertà, eguaglianza e fratellanza ben s'adattano alla morale massonica, ma è altrettanto sicuro che tali ideali le erano stati accreditati dai suoi avversari quando il professarli rappresentava un pericolo. Purtroppo, sulla scia di quell'adozione e memore dei fasti, invero infausti, della degenerazione napoleonica, la Massoneria da anticlericale, quale i suoi avversari la accusavano di essere, si trasformò in controclericale, sicché le tornate bianche sopravanzarono il Lavoro delle Logge e non furono pochi i Massoni che, dimentichi dell'iniziazione e del cerimoniale esoterico, si trasformarono in esperti in riconoscimento coniugale, in agapi bianche ed in lavori funebri, ispirati certo da un desiderio subcosciente di far concorrenza o, nella migliore delle ipotesi, di dar fastidio al prete. In un tal contesto, una manifestazione evidente di controclericalismo può apparire la cerimonia per l'adozione degli ulivelli. Il Farina sostiene che non può essere considerata una parodia del battesimo, e ciò è anche vero se considerata a se stante. Non possiamo però negare che tutto il sistema liturgico comprendente l'adozione, il riconoscimento ed il lavoro funebre non si opponga in qualche modo al complesso "battesimo, matrimonio, funerale" come non si può dar torto a coloro che dall'esterno hanno su questa scia immaginato i Massoni intenti a celebrar messe nere. In effetti, tali celebrazioni sembrano avulse dalla prassi cerimoniale massonica e, anche se non completamente mutuate dall'esterno, fanno nascere il sospetto del surrogato e ricordano un pò gli espedienti di qualche comunità religiosa che, per indurre i fedeli a non frequentare le case da gioco, hanno inventata la tombola parrocchiale. Possono provocare nei malfidenti il sospetto di voler offrire ai cittadini benpensanti qualcosa che sostituisca delle abitudini di cui vengano privati. Eppure sappiamo che, già nel 1700, vigeva in Inghilterra ed in Iscozia l'uso di presentare i figli maschi dei Massoni in Loggia in tornate rituali o, in un secondo tempo, in tornate bianche, cioè alla presenza della madre e dei parenti dei piccoli. Era abitudine, in tali occasioni, di fare una sottoscrizione; quando il ragazzo era maggiorenne, se non chiedeva l'iniziazione, gli veniva consegnato l'ammontare della raccolta integrato dall'usufrutto. Se il figlio del massone veniva iniziato, il giorno della cerimonia aveva a sua disposizione il denaro per offrire una festa o per un'opera di carità. E questo mi sembra che poco collimi con lo spirito che informa la cerimonia descritta dal Farina che non ricorda certo, come egli nota, il battesimo cattolico e, tranne che in particolari marginali, nemmeno la presentazione al Tempio, ma evidenzia piuttosto uno sforzo per creare un clima classicheggiante e scivola invece nella stucchevole retorica di un paganesimo di maniera. 1 protagonisti dovrebbero essere i fanciulli ma, in effetti, lo sono i padrini che si impegnano e promettono in loro vece. Anche se non si può parlare di circonvenzione di incapace, giustificabile con la fede nella prassi del cerimoniale religioso, non sfugge ad alcuno che si tratta di una sollecitazione, sia pur differita, a chiedere l'iniziazione massonica, sollecitazione che canoni e rituali specificamente condannano. Secondo il Farina, vi sarebbe inoltre disaccordo fra i massoni, non sul rituale da usare, ma sul nome da dare ai giovanetti adottati e cioè: Lowton, Lofton, Laweton, Loveson, Luston, Lupetto ed Ulivello. E testualmente: "Quest'ultimo nome, tenuto conto che l'ulivo è antico simbolo della pace, riscuote maggior consenso. Il nome Lupetto, una volta molto in uso, per quanto al diminutivo, ricorda sempre un animale per certo non mansueto. " Precisa inoltre che l'adozione è riservata ai figli maschi dei liberi muratori e che una volta essa avveniva subito dopo la nascita. A proposito del nome non possiamo non andare col pensiero allo Scouting for Boys fondato dal massone Baden-Powel; è possibile che i primi ad aderirvi siano stati proprio i figli dei massoni come è certo che i figli dei massoni hanno fatto nascere e svilupparsi l'organizzazione negli stati dell'America, come è vero che per lunghi anni essa è stata, in certo qual modo, il vivaio dell'Ordine massonico. Forse non è azzardato quindi affermare che ad ispirare Baden-Powel a chiamare lupacchiotti i giovani esploratori sia stato proprio l'uso a chiamar lupacchiotti i figli maschi dei fratelli. Ed è incontrovertibile che l'ulivo, pur essendo simbolo di riconciliazione, nulla ha a che vedere con i fatti che ci interessano a meno di non insistere nel gioco di parole che confonde l'ulivella con l'olivella come è stata confusa l'acacia con la robinia senza tener conto che le foglioline, che possono con molta buona volontà anche apparir simili, non interessano nessuno e che non è l'acacia simbolo di innocenza ma che è la parola ¡kak…a a significare innocenza. Leggiamo infatti nella settima parte del catechismo di apprendista di William Preston: "Se desiderereste imporre a vostro figlio un nome massonico, come lo chiamereste?" La risposta è - Lewis -. Secondo tale catechismo, la parola significa Forza e vigore e viene rappresentata nelle Logge da una olivella. Segue una descrizione particolareggiata dell'attrezzo e del modo di impiegarlo con vantaggio. The Freemason at Work di Henry Carr, alla domanda: "quale è la definizione e l'origine del termine Lewis", così risponde: "Congegno metallico adatto a sollevare grossi blocchi di pietra. È costituito da tre parti metalliche di cui due a forma di cuneo e da una centrale diritta, che vengono immesse in un foro ceco sottosquadra preparato sulla pietra. Messo in trazione, lo strumento si blocca nel foro e viene agganciato ad una fune per il sollevamento del masso. Nel medioevo i costruttori chiamavano il Lewis anche Lowes o Lowys e in Francia Louve (lupa) e Louveteau (lupacchiotto). Ancor oggi l'olivella, in Francia, viene chiamata Louveteau, cioè con lo stesso nome con cui viene chiamato il figlio non iniziato di un massone. La Concise Ciclopaedia freemasonry, dopo aver descritto lo strumento, così conclude: "Fra i massoni speculativi, il Lewis è considerato come simbolo di Forza ed è il nome che viene dato al figlio del massone, il cui dovere è quello di assistere e confortare i genitori, giorno dopo giorno, sino alla fine dei loro giorni. Con tale condotta acquista il diritto di essere fatto massone prima degli altri». Con questo significato, il termine appare nelle Costituzioni del 1738, alla fine dell'invocazione in onore del Deputy Grand Master in allusione all'attesa nascita di Giorgio III, figlio di Federico, Principe del Galles: Possa nascere un Lewis, che il mondo ammiri. Sereno come la Madre, Augusto come il suo Sire Per quanto alieni dal trar conclusioni, non ci si può esimere dal constatare che, anche se meno usato di altri, esiste nel Tempio uno strumento chiamato Lewis dagli inglesi, Louve o Louveteau dai francesi ed Olivella dagli italiani. Esso è considerato il simbolo della Forza e del Vigore, uniti insieme. Vediamo, per altro canto, che, proprio per questo motivo, il figlio maschio non iniziato del massone viene chiamato Lewis o Louveteau. Può darsi che la parola Lewis derivi per degenerazione, od abbia comunque la medesima origine, da Lever o da to levy o to lift, tutti termini che attengono il sollevare. Louveteau è il diminutivo di Louve, espressioni entrambe che coinvolgono qui certamente l'addentare della bocca di lupo. Il termine italiano di Olivella non abbisogna di spiegazioni. Il concetto di Forza e Vigore scaturisce evidente nelle versioni nelle tre lingue. Si deve forse alla maggiore precisione della lingua italiana nella terminologia tecnica dell'epoca se il vocabolo Olivella non si presta ad essere usato per chiamare il figlio di un massone; o forse anche alla mancanza di una tradizione locale. Sembrerebbe quindi opportuno ricorrere alla traduzione da altra lingua e, visto che non si è ritenuto conveniente usare il termine sollevatore nemmeno per il ragazzo del montacarichi, non resta che tradurre dal francese Louveteau, cioè Lupacchiotto o Lupetto. Quanto alla parola Ulivello, non credo si possa far appello ad alcuna tradizione, a meno di non confondere la tradizione con le abitudini, ivi comprese le brutte abitudini.
Il documento sopra riportato è opera d'ingegno del Carissimo F:. Afiero A.I. Campagnol, ed ha trovato ospitalità su "Hiram" n. 1 del 1982: Erasmo Editore. Ogni diritto è dichiarato. La libera circolazione in rete è subordinata alla citazione della fonte (completa di link) e dell'Autore. |