Il documento che segue, è opera d'ingegno di Filippo Falzoni Gallerani, il quale contattato ha generosamente consentito che fosse presentato anche in questo sito. A lui i nostri personali ringraziamenti.
© Filippo Falzoni Gallerani
Un approccio autenticamente "transpersonale" utilizza il respiro come catalizzatore di una nuova coscienza, non egoica e non mentale, e conduce a esperienze che si rivelano efficaci sia per la soluzione dei problemi esistenziali, sia per favorire un radicale cambiamento della prospettiva da cui si guarda se stessi e la vita. Non si tratta di un'altra delle numerose "tecniche alternative" che, se usate a esclusivo sostegno dell'io possono favorire la fuga dalla realtà. Presupposto della pratica Transpersonale è la consapevolezza da parte di chi opera, che l'io come entità indipendente, dotata di natura propria, è un'illusione creata dalla mente. Lo spazio e il tempo in cui siamo mentalmente immersi sono espressione della Grande Illusione. La Consapevolezza è il substrato, sempre presente, di ogni fenomeno, il nostro vero Sé. Nel Sé ritroviamo la chiarezza percettiva dell'eterno presente. Risiedere nella consapevolezza comporta la spontanea resa a un "potere" che non appartiene alla sfera del pensiero, ed è quel potere che ci conduce a diventare servitori della vita lungo il sentiero dell'autorealizzazione. Chi non l’ha provato farà fatica a crederlo, ma se un individuo, comodamente sdraiato, s'impegna a respirare con atteggiamento mentale opportuno (attento e pronto ad accogliere passivamente qualunque sensazione o pensiero si manifesti) in modo circolare, ininterrotto, abbastanza intenso e profondo per un certo tempo, (ed è disposto a lasciarsi andare all'esperienza ed eventualmente attraversare momenti di iperventilazione sino a che i sintomi della stessa non scompaiono), si troverà di fronte a sensazioni inaspettate e intense. Gli accadrà di attraversare diverse fasi e una vasta gamma di sensazioni fisiche, emotive, mentali sino a sconfinare a volte in dimensioni di autentico risveglio alla coscienza dei cosiddetti stati "Transpersonali". Durante un ciclo respiratorio possono emergere in modo spontaneo sensazioni profonde, eventualmente dolorose, come il ricordo di traumi dimenticati, emozioni represse o blocchi bioenergetici. Appena si prende coscienza di queste sensazioni e si permette loro di emergere, esse si dissolvono in un'autentica catarsi liberatoria lasciando spazio a sensazioni di profondo sollievo. Alla fine di un ciclo di respirazione intensa ci sono momenti di grande rilassamento ed emergono spontanei profondi stati meditativi. Questo accade a individui che non hanno precedenti esperienze con la meditazione. Solo in seguito essi si rendono conto che quello stato di profonda consapevolezza senza pensieri, quella serenità senza confini e senza oggetti sorta spontaneamente, è proprio lo stato di coscienza che numerosi meditanti cercano invano, nel loro sforzo di meditare. Questi stati di serenità hanno effetti benefici e duraturi sulla salute e nello stesso tempo sono la porta d'accesso al cammino di trasformazione della coscienza. Dopo il confronto interiore, a volte burrascoso, delle fasi di catarsi non è raro che il soggetto sensibile, nella fase di pacificazione del respiro sperimenti questi stati profondi che lo avvicinano all’essenza dell’Essere, quando l’attenzione va oltre gli oggetti percepiti per sprofondare nel Sé senza forma, per riunirsi alla sorgente del sentire, alla paradossale realtà della Coscienza, nella sua assoluta trascendenza e immanenza. L'immedesimazione nel Sé cosciente è del tutto indescrivibile in quanto il Sé non è mai "oggetto", qualcosa che possa esser visto, bensì è sempre "soggetto", come testimone senza forma del vedere. Qualunque cosa appaia non è il mio vero Sé, il testimone, il vuoto senza confini in cui le immagini e le sensazioni appaiono, sempre libero da macchia come uno specchio limpido. L'esperienza del Sé porta oltre la nevrosi dell’io separato in uno stato in cui cessano la lotta e il conflitto, il bisogno di illuminazione e di cambiamento. Il risveglio della coscienza conduce all'esperienza immediata e non concettuale dell'Unità, che è l’essenza delle tradizioni sapienziali dell’Oriente, in particolare dell'Advaita Vedanta. Troviamo insegnamenti simili nel Kundalini Yoga, nel Tantrismo, nel Buddhismo Mahayana e nello Zen, e sono riferimenti fondamentali Maestri come Ramana Maharsi, Nisargadatta Maharaj, Jiddu Krishnamurti, Aurobindo. La Psicologia Transpersonale, il lavoro di Ken Wilber, di Stanislav Grof e molti altri studiosi di fama internazionale, presentano un approccio moderno a queste dimensioni interiori. In questi anni anche la Fisica Quantistica e i nuovi paradigmi scientifici confermano queste prospettive, e considerano fondamentale il mistero della Coscienza spingendo i ricercatori a osservare con rinnovata attenzione le tradizioni sapienziali dell'Oriente. A certe realizzazioni interiori si giunge dopo aver attraversato diverse fasi di risveglio della consapevolezza, e sono necessarie delle pratiche opportune, ed è necessario lo studio e spesso anche il supporto di insegnati preparati. Tuttavia le fasi e i livelli possono dissolversi istantaneamente con la presa di coscienza immediata della natura dell'io e il riconoscimento del Sé negli stati di assorbimento e silenzio mentale, in cui si trascendono le categorie del pensiero nel sentire profondo, uno stato non può essere confuso con le fantasie del pensiero, con le esperienze estatiche della mente emotiva che si autosuggestiona. L'aspetto tecnico del metodo è semplicissimo, poiché consiste principalmente nel seguire intuitivamente il mutevole andamento del respiro secondo il suo naturale svolgersi durante un ciclo di respirazione circolare e profonda. La difficoltà consiste proprio nell'estrema semplicità, di ascoltare e seguire le sensazioni, osservare i movimenti del pensiero, senza farsi imprigionare dai giochi della mente. Per questo è necessario un setting rassicurante che offra un'appropriata direzione all'attenzione e faciliti nel soggetto un atteggiamento attivo per quanto riguarda la respirazione e passivo per quanto riguarda tutto ciò che emerge, senza che vi sia alcun tipo d'influenza o manipolazione, né direzione specifica a priori da parte dell'operatore. La pratica del respiro favorisce questa condizione di silenzio interiore che conduce all'intuizione e alla sintonia con il presente. L'attenzione equanime ai processi attivati dal respiro intenso è la via più facile per l'accesso a questa modalità del sentire. Ci sono soggetti per cui tale abbandono è più difficile, e altri che lo realizzano immediatamente, c'è chi giunge a cogliere dimensioni profonde e sottili sin dalla prima seduta, e c'è chi per un certo tempo si confronta principalmente con sensazioni fisiche ed emotive. L'unica direzione della prospettiva Transpersonale è verso l’essenza, oltre le immagini, i concetti e i pensieri, che tuttavia sono accolti con un atteggiamento di resa consapevole. Quando si entra in contatto con questo sentire profondo, le idee filosofiche che ci apparivano astratte diventano verità evidenti e lampi di intuizione dissolvono i nodi mentali. Da questa prospettiva le esperienze dei mistici e le dimensioni spirituali descritte nei testi classici ci appaiono in una nuova luce e sono spesso conferme e chiarificazioni del nostro vissuto. Gli antichi insegnamenti, attraverso la comprensione intuitiva del loro simbolismo e liberi dagli aspetti dogmatici in cui erano avvolti, ci appaiono coerenti e integrabili con il nostro sentire quotidiano e con il pensiero moderno. La percezione non dualista ("One taste" come direbbe Ken Wilber) e l'intuizione del nostro vero Io, il Sé non diviso, coscienza unificante e trascendente, è un fenomeno che interessa l'intera umanità, e appartiene all'emergente Nuovo Piano di Coscienza, che interessa già il 2% della popolazione mondiale, e che secondo gli studiosi, è in continuo aumento. Questa consapevolezza non divisa non è qualcosa che si possa cercare con l'ausilio del pensiero poiché si trova oltre le dinamiche del pensiero e per questo non ha nulla a che fare con il cosiddetto pensiero positivo. Se riusciamo a intuire con chiarezza il meccanismo auto-frustrante causato dall'identificazione con l'io vediamo che ci sono vie d’uscita dalla sofferenza e dal conflitto interiore. Da secoli un filo d’oro unisce quelli che hanno trovato e cercato di trasmettere il sentiero della Liberazione e cercherò di comunicare alcuni aspetti essenziali di questa Filosofia Perenne, nell'ambito delle nuove terapie. Una delle cause del conflitto interiore è la pretesa dell’uomo di cogliere gli aspetti piacevoli della vita senza confrontarsi con quelli dolorosi e dall'incapacità di riconoscere che gli opposti amore-odio, piacere-dolore, bene-male, passione-distacco, interno-esterno, inspirazione-espirazione, sistole-diastole, yin-yang, alto-basso, vita-morte, ecc., sono interdipendenti e indissolubili. Tutto è pulsazione e vibrazione, non c’è onda che non abbia una cresta e una valle, né esiste un "interno" in assenza di un "esterno, e che, ovviamente, la scala che scende e la scala che sale sono la stessa scala. L’"io" cerca il piacere e fugge il dolore e in questo perenne sforzo verso una meta irraggiungibile crea ulteriore sofferenza e ansia. Ma pochi si domandano che cosa sia questo "io" da cui sorgono tutti i problemi, convinti che il mondo che percepiscono sia obiettivo e separato da loro e l'io un'entità indipendente. Sia gli antichi filosofi del Perenne, sia gli studi più avanzati della Psicologia sono concordi nel riconoscere che il problema essenziale dell'uomo è questa falsa prospettiva della mente. Il problema nasce con l’identificazione nell'"io", un fantasma creato da ricordi e pensieri, che presume di essere un'entità obiettiva, in grado di dirigere le cose a piacimento, un "io" che continua a cercare stabilità mentre si trasforma come il gorgo in un torrente secondo le mutevoli correnti delle acque. Un "io" che vuol trovare se stesso, quando è chiaro che non si può trovare "ciò che siamo" come fosse un "oggetto", con questo atteggiamento siamo divisi in due: il "cercatore" e il "cercato". Chi trova chi? Ciò che siamo veramente è il "soggetto" che non può essere ridotto a oggetto della mente. Molti nella loro ricerca invero, perdono di vista che si cerca colui che sta cercando. La prospettiva di un "io" autonomo e indipendente è in perenne conflitto con il fluire spontaneo della vita e ostacola la semplice consapevolezza momento per momento di una mente serena che per sua natura può essere trasparente come uno specchio. La presenza mentale, non dominata dai condizionamenti del passato e da aspettative per il futuro, dai desideri e dalle paure, offre la chiarezza del sentire profondo oltre le maschere delle personalità, e ci permette di amare la vita e fluire con essa. La presenza mentale cui mi riferisco si manifesta in quei momenti di "grazia" in cui l’"io" si dissolve e siamo davvero di fronte alla Realtà non filtrata dal pensiero e dal ricordo, quei momenti, appunto, in cui si riconosce la prigione dell’illusione spazio-temporale della mente ordinaria e si percepisce l'attimo eterno. L’io separato non sa arrendersi, né all’anima, né a quell’intelligenza-saggezza frutto di millenni di evoluzione, che guida miliardi di miliardi di cellule, di neuroni, di geni e di cromosomi che ci determinano, un incommensurabile numero di atomi, antichi miliardi d’anni che formano molecole che formano cellule... in armonia con leggi sconosciute del cosmo. Non riconosce che percepiamo ciò che i sensi ci offrono attraverso una coscienza di cui non conosciamo l'origine. Universi di cellule guidati dalla vita svolgono compiti su cui noi non abbiamo alcuna padronanza, come non sappiamo far battere il cuore, far crescere unghie e capelli, né mantenere il corpo a circa trentasette gradi. Tutto avviene spontaneamente tramite una forza intelligente che è la Vita nella sua forma visibile e invisibile e paradossalmente, è il vero "noi stessi", perché siamo la vita che si manifesta, appena smettiamo di identificarci con la maschera dell'io sociale e superiamo i dualismi che la mente crea. L’io personale nella sua peculiarità di "fiore unico" quando si manifesta spontaneamente in sintonia con la coscienza è espressione di questa forza e non è l’"io" immaginario creato dalla mente condizionata. Si esprime nella vita quotidiana in un agire spontaneo e libero, in armonia con la natura. I neuroscienziati scoprono che quando abbiamo l’impressione di fare una scelta "volontaria", in vero il nostro cervello ha già fatto la scelta da diversi millisecondi. Il cervello funziona e pensa correttamente secondo quanto il momento richiede senza che "noi si debba pensare di pensare", quindi dovremmo arrenderci alla vita, mentre generalmente cerchiamo di dirigere verso mete illusorie la corrente che ci trasporta, annaspando invece di valerci della sua forza. L’ispirazione viene dal silenzio, se ascoltiamo e osserviamo senza pregiudizi, sentiamo la vita impersonale fluire in noi, e in questa consapevolezza si manifesta la resa delle dell'io. Troviamo chiarezza e guida nella semplicità di essere ciò che siamo, ma di solito siamo ipnotizzati dai pensieri e non riconosciamo che quell’io che consideriamo il "pensatore dei pensieri" con il suo bagaglio di condizionamenti è esso stesso un pensiero ed è proprio questo "io" immaginario la radice della divisione e del conflitto. Attribuiamo invece al nostro presunto io, la capacità di dirigere la vita stessa e controllare il mondo, i sentimenti e le relazioni. E’ chiaro che con questa prospettiva ci troveremo spesso di fronte a delusioni, frustrazioni e a compiti impossibili e tutto è vissuto con un deciso sentore d’irrealtà che genera insicurezza. "Poiché le nostre mire non sono alte ma illusorie, i nostri problemi non sono difficili bensì privi di senso" scriveva Wittgenstein. Invece di riconoscere la natura del conflitto che nasce dall’ego, un fantasma del pensiero che vuol apparire reale, programmato da giochi infantili, complessi materni ed egoismo narcisista, si cerca di ottenere ciò che l’ego pretende, persino l’illuminazione. Invece di riconoscere con chiarezza la confusione e mettere ordine in sé, discriminando tra realtà e illusione, tra il mondo delle parole e il mondo reale, si cerca la felicità al di fuori.
Krishnamurti ha osservato che, il fatto
stesso di meditare, mette ordine nell’attività di pensiero senza
l’intervento della volontà, della scelta o della decisione o di
alcun’altra azione di colui che pensa. Nel momento in cui si
stabilisce quell’ordine, il rumore e il caos, che sono la fonte
abituale della nostra coscienza, si estinguono e la mente
diventa generalmente silenziosa (il pensiero non nasce che
quando è necessario, poi si ferma fino a che non è di nuovo
necessario). In quel silenzio Krishnamurti dice che si produce
qualcosa di nuovo e creativo, che non può essere tradotto a
parole, ma che è di uno straordinario significato per l’insieme
della nostra vita. Così non tenta di comunicarlo a parole, ma
domanda a coloro che sono interessati a questo, di esplorare il
problema della meditazione direttamente da se stessi prestando
un’attenzione vera alla natura del pensiero. Senza provare ad
approfondire il problema della meditazione, si può dire che la
meditazione, nel senso che le dà Krishnamurti, può mettere
ordine in ogni nostra attività mentale e questo può essere un
fattore chiave, suscettibile di mettere fine all’afflizione, al
malessere, al caos e alla confusione che sono da sempre lo
scotto dell’umanità e che continuano a esserlo senza prospettiva
di cambiamento in un prossimo avvenire.
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