Uno dei più grandi filosofi, Emanuele Kant, ha lasciato scritto : “la legge morale dentro di me, il cielo stellato sopra di me. In una mirabile sintesi egli ha espresso l’essenza di quell’imperativo categorico del dover essere che lo ha reso famoso.
E proprio al cielo esortava a rivolgere sempre il nostro sguardo l’altro filosofo Pitagora, forse il più grande che sia apparso su questa Terra.
In sostanza, questi formidabili pensatori hanno indicato agli uomini di buona volontà la necessità di uniformare il loro comportamento ai canoni dell’etica universale che dalla Natura, eterna maestra di infallibile saggezza, trae origine ed alimento.
Il termine etica fu infatti introdotto da Aristotele nel linguaggio filosofico ad indicare quella parte della filosofia che studia la condotta dell’uomo, i criteri in base ai quali si valutano i comportamenti e le scelte. Più tardi l’etica passò anche a fornire indicazioni su quali criteri e valori debbano essere rispettati da chi agisce.
In questo secondo aspetto il richiamo all’insegnamento della Natura, immutabile e perciò indiscutibile in ogni tempo e luogo, appare il più idoneo a fornire all’Uomo un perenne punto di riferimento specie nei momenti in cui valori ritenuti eterni vengono messi in discussione oppure quando ci si imbatte in morali diverse, le quali, come è noto, possono variare da un’epoca all’altra, da un’aggregazione di individui ad un’altra.
Possiamo allora rifarci all’insegnamento di Hegel che distingueva tra moralità ed eticità ritenendo la prima come indice dell’aspetto soggettivo della condotta (ad es. l’intenzione del soggetto, la sua posizione interiore), assegnando invece alla eticità il ruolo di indice dell’insieme dei valori morali effettivamente realizzati nella storia.
Sicché la riflessione della filosofia sui problemi etici si sviluppa soprattutto nei momenti di crisi dell’eticità in senso Hegeliano, quando cioè la compattezza e continuità di un mondo di valori si incrina, le norme che parevano ovvie vengono messe in discussione mentre non funzionano più i criteri consueti di legittimazione, i principi riconosciuti per stabilire ciò che è bene e ciò che è male.
Ecco dunque presentarsi alle nostre coscienze l’imperativo categorico del dover essere in armonia con le leggi della Natura, prima tra tutte quella della sacralità della vita, bene inestimabile, che va favorita e garantita durante tutto l’arco dell’esistenza fisiologica di un individuo.
La Natura è impegnata ad assicurare la continuità della vita sul nostro pianeta, apprestando ogni tipo di protezione e di sviluppo sin dal primo momento della penetrazione del seme maschile nell’ovulo femminile ed è imperativo categorico dell’Uomo raccogliere tale messaggio per sublimarlo in un linguaggio di fratellanza, di Amore Universale che trascenda il presente per proiettarsi addirittura nel futuro.
Ci piace a questo punto ricordare uno tra i più profondi cultori degli insegnamenti della Natura da lui tramandati ai suoi discepoli attraverso i “Versi aurei” a lui attribuiti: in uno di essi Pitagora, il grande filosofo greco stabilitosi a Crotone ove diede vita alla famosa “Schola Italica” ammoniva: “Soprattutto abbi rispetto di te stesso”.
É questa un’intuizione che tocca nel profondo ciascun individuo rendendolo cosciente della propria dignità di essere umano creato dal soffio divino e, come tale, destinato ad una missione di pace che oltrepassa la vita terrena.
Ed è in questa ottica che si inquadra l’etica della responsabilità che abbraccia due aspetti, quella verso se stessi e quella verso gli altri.
Del nostro corpo e del nostro spirito dobbiamo essere rispettosi e intransigenti custodi perché depositari di quell’essenza divina che ci accomuna a tutti gli altri esseri umani.
Ma, al tempo stesso, e per gli stessi motivi, dobbiamo essere rispettosi e leali collaboratori dei nostri simili, al pari di noi impegnati nella ricerca del Vero, del Bello, del Buono a glorificazione dell’Essere Supremo da cui proveniamo ed al quale ritorneremo.
Una responsabilità dunque che – nella mia piena condivisione del pensiero di Jonas, ancor più esplicito di quello di Max Weber - ritengo debba estendersi a quel futuro che il nostro egoismo tende a confinare in una dimensione colpevolmente indistinta.
Dobbiamo tutti considerarci titolari di una missione esaltante, quella di vegliare con amorevole attenzione sulla società odierna per creare le condizioni perché i mali del nostro mondo vengano circoscritti ed eliminati, così da garantire ai posteri il godimento di un’esistenza più libera, più rispettosa della dignità umana, in una parola più felice.
Ma, se siffatta etica del dovere e della responsabilità dovrebbe essere patrimonio di tutti gli uomini di buona volontà proiettati verso una visione escatologica della vita, per un Massone che abbia interiorizzato e sofferto il dramma dell’Iniziazione il dovere e la responsabilità si pongono come il sostrato necessario ma appena sufficiente per l’adempimento della missione alla quale egli si è irreversibilmente votato.
Sarà a questo punto ineludibile una serie di interrogativi che raramente noi Massoni abbiamo il coraggio di affrontare e che, personalmente, dopo oltre mezzo secolo di appartenenza a questa straordinaria Istituzione, mi pongo con sempre maggiore e per certi versi angosciosa insistenza.
Nei drammatici anni della mia Gran Maestranza, contrassegnati da una strenua battaglia, alfine vittoriosa, contro pregiudizi, ignoranza, malafede mi è stato spesso chiesto: “Cosa è la Massoneria? Perché vi ha aderito? Cosa fate nelle Logge? Sono ancora oggi valide le motivazioni della Sua scelta di vita?”
E, prima ancora di aprire un dialogo con i miei interlocutori, ho interrogato senza indulgenza la mia coscienza per riceverne una risposta dal sapore non celebrativo o di maniera ma che corrispondesse al mio modo di essere Massone, agli insegnamenti acquisiti nel tempo ed ai tormenti che tuttora e, forse, fino al termine dei miei giorni, mi attanagliano.
Le vicende di cui, insieme a Voi tutti, sono stato protagonista mi hanno infatti portato a constatare che, per essere credibile bisogna credere: guai a rifugiarsi dietro paroloni, citazioni di rituali, pensieri o azioni di illustri Massoni. Era lo scrigno della nostra coscienza che andava spalancato con coraggio senza barare con noi stessi ed anche a rischio di dover incrociare sguardi di compatimento o di irrisione.
E la nostra battaglia è stata vinta perché siamo stati umili, non abbiamo mai presunto di insegnare qualcosa ad alcuno, ma siamo stati sempre aperti al dialogo con tutti alla ricerca di una Verità che poteva disvelarsi anche dall’intuizione del meno dotato dei Fratelli, di ciascuno dei quali abbiamo sempre rispettato la dignità e l’intelligenza.
Abbiamo spiegato che, così come il segreto massonico, tanto enfatizzato e criminalizzato, è una conquista ineffabile e incomunicabile della nostra ricerca iniziatica, così la Massoneria, al di là delle definizioni che ne danno i nostri testi sacri, è anch’essa ineffabile perché si sublima in quello che i francesi definiscono mirabilmente come état d’ésprit, una sorta di stato d’animo, di condizione dello spirito.
E quella condizione si acquisisce e si mantiene soltanto se si comprende il significato vero e più profondo della levigatura della pietra grezza: la scoperta della nostra anima nuda, dell’essere noi stessi emendati da ogni vizio, dell’essere coscienti della nostra autenticità e della nostra semplicità messe al servizio di una ricerca inesausta delle scaturigini del nostro essere, del suo proiettarsi nel futuro del pianeta Uomo dalle immense lande da esplorare sulla via del Bene universale.
E posso testimoniarVi che questo linguaggio semplice, ancorché implicante riflessioni profonde, è riuscito a farci considerare con maggiore rispetto e sotto la giusta luce: quella stessa Luce che, per uno straordinario effetto rifrattivo, si è riflessa benefica e consolante nel mio animo spronandolo in assoluta libertà a nuovi cimenti col mio Io, perpetuamente bisognoso di perfezionamento per poter aspirare al ricongiungimento con l’Essere Supremo.
Ecco spiegata l’essenza della Massoneria, dell’essere e del permanere Massone, perché consci della perennità del nostro messaggio iniziatico tradizionale che si pone ben al disopra di qualsiasi credo religioso o dottrina politica.
Nella mia lunga ultracinquantennale esperienza attraverso il variegato pianeta della Massoneria universale sono infatti giunto ad una conclusione che può sembrare solo in apparenza superficiale: la Massoneria, come Istituzione a carattere iniziatico che tende all’elevazione morale e spirituale dell’Uomo, non ha passato né futuro: ESSA É.

Taluno potrebbe scandalizzarsi di fronte a simile affermazione così categorica quasi che la Massoneria possa essere paragonata a COLUI CHE É.
Ma, a ben riflettere, dal momento in cui la Libera Muratoria operativa ha perduto le caratteristiche tipiche di una Corporazione di Maestri esperti nelle regole dell’arte del costruire per sublimare quelle regole, tramandate da bocca ad orecchio, in metodiche sempre più rigorose e formative, tali da condurre alla catarsi dell’adepto, reso cosciente dell’avvenuto abbandono della propria corporea vulnerabilità e della conquistata bellezza della Verità, la nostra Istituzione, al pari di tutte le Scuole iniziatiche alle quali si ricollega, si è venuta a fondare su principi anche inespressi e ineffabili, come, ad esempio, il c.d. “segreto massonico”, che non hanno tempo.
Essi si collocano in una sorta di Iperuranio, di categorie del pensiero che si rifanno a concetti astratti, e perciò universali, di Bellezza, Bontà, Verità, Tolleranza, Giustizia, Fratellanza, Uguaglianza, Libertà, peculiari al nostro essere tutti creature di quel soffio divino dal quale proveniamo ed al quale torneremo.
Lasciamo ai filosofi ipotizzare se quelle categorie di pensiero, le famose Idee Innate, esistano come entità a se stanti indipendentemente dall’Uomo: indubbiamente però la straordinaria creatura che popola questo pianeta, non appena ha l’uso di ragione, percepisce che tali Idee esistono o, almeno, debbono esistere, perché ad esse egli deve tendere per non rimanere prigioniero del buio freddo e angoscioso del nulla.
Le tre domande tradizionali: chi sono?, donde vengo?, dove vado? attanagliano la coscienza di ognuno di noi e tanto più penetranti e struggenti arrovellano la nostra coscienza quanto maggiore sia la nostra sensibilità, la nostra cultura, la nostra capacità di introspezione.
E, quando abbiamo la ventura di varcare come Iniziati la soglia di un Tempio massonico, la Sapienza contenuta in quei Rituali, così densi di significati esoterici, ci rivela poco per volta che quello e non diverso poteva essere il nostro approdo nel periglioso viaggio alla ricerca della Verità.

Ed abbiamo allora coscienza che soltanto la Massoneria, con la libertà assoluta da dogmi o integralismi da essa garantita e pretesa, può aiutarci a sciogliere gli enigmi che da sempre e per sempre urgono nel nostro intimo assetato di Luce.

Ecco perché la Massoneria non può soffrire paragoni con qualsiasi altra aggregazione umana e si colloca in una dimensione atemporale alla quale soltanto coloro che sono riconosciuti veri Illuminati possono accedere, pervasi da quel carismatico état d’ésprit cui facevo cenno e che li rende degni di porsi, come incrollabili punti di riferimento, alla guida di un’Umanità da salvare dai mali che da sempre la contaminano.

Ecco la missione del Massone nel senso più alto e ad un tempo più umile, se ne sappiamo cogliere l’essenza e la responsabilità.

L’immagine, tramandataci dalle Scritture, del primo uomo fatto di fango e vivificato dal soffio divino deve renderci coscienti della ineliminabile presenza, in misura diversa, in ciascuno di noi, dei cromosomi negativi e, perciò, della tendenza generale a divenire homo homini lupus ove non frenati dalle leggi e dall’autoeducazione.
L’eterna contrapposizione tra bene e male scandisce i vari periodi della storia dell’Umanità in un’alternanza positiva o negativa intrisa di eventi sublimi o abietti, ma non siamo finora – e forse non lo saremo mai – riusciti a trovare una formula per estirpare radicalmente il male dall’animo umano.
Vano e velleitario sarebbe allora il tentativo di chiunque intendesse attribuire alla Massoneria in quanto tale la capacità di risolvere i problemi dell’Umanità, poiché la trasformazione della nostra essenza è opera squisitamente individuale e ad essa potremo gradualmente avvicinarci soltanto macerando e purificando noi stessi giorno dopo giorno in un’ansia di sacro che unicamente il Lavoro esoterico compiuto nel Tempio di una Loggia sovrana può aiutarci a raggiungere per riversarne i frutti benefici nel mondo profano.
Ecco perché il Massone è chiamato ad una missione ben più alta ed impegnativa di quella cui tutti gli uomini di buona volontà si votano.
Ecco perché la scelta di vita che il profano compie chiedendo la Luce massonica deve essere seria e sofferta e giudicata sincera dai Fratelli presentatori e da quelli tegolatori ai quali spetta il delicatissimo compito di intravvedere se nel profano esista realmente quella pietra grezza da sgrossare, in difetto della quale vano e dannoso per l’intera Istituzione sarebbe ammettere chi sia destinato a rimanere informe materia giammai plasmabile.
La storia della Massoneria non solo italiana ma universale ci insegna che il fallimento della sua missione è fatalmente connesso, da un lato ad un malinteso e frettoloso proselitismo e dall’altro ad una cattiva scelta dei suoi reggitori ai vari livelli perché non eletti secundum lucem, come gli Antichi Doveri e la Tradizione impongono, ma con tecniche prettamente e pericolosamente profane non di rado idonee a privilegiare non veri Iniziati ma profani travestiti da Massoni.
Per la sopravvivenza stessa della Massoneria in un mondo così assetato di ideali, bisognoso di guide credibili perché incrollabilmente credenti, è dunque vitale che ciascuno di noi - specie gli Apprendisti ed i Compagni - rifletta responsabilmente sulle motivazioni che lo hanno spinto a chiedere la Luce massonica e su quelle che lo rendano cosciente della propria missione a servizio non del proprio Ego ma del proprio reale perfezionamento per porsi con umiltà al servizio dell’Umanità con linguaggio di Amore.
Nella mia ripetuta nel tempo esperienza di Maestro Venerabile, incomparabilmente più formativa e difficile di quella di Gran Maestro e, perciò, da me più intensamente vissuta, mi sono spesso chiesto se fossero sempre valide le spinte ideali che mi condussero a chiedere la Luce massonica e se esse corrispondessero ancora a quelle di coloro che mi hanno preceduto nella storia della Massoneria Universale.
Mi è allora venuto sotto gli occhi il testo del canto del tenore che, sulle arie sublimi create dal nostro divino Wolfgang Amadeus Mozart per la Eine kleine Freimaurerkantate, così canta la gioia:

Per la prima volta, nobili Fratelli, ci accoglie questa nuova sede della saggezza e della virtù. Noi consacriamo questo luogo come santuario del nostro lavoro, dove si deve decifrare il grande segreto. Dolce è la sensazione del Massone in una giornata festosa come questa che salda di nuovo la catena della fratellanza più stretta; dolce il pensiero che l'Umanità ha trovato di nuovo un posto fra gli uomini; dolce il ricordo del luogo ove ogni cuore di Fratello decide quello che era, quello che è e quello che sarà, dove l'esempio lo istruisce, dove il vero amore fraterno ha cura di lui e dove la virtù più sacra, la prima, la regina delle virtù, la benevolenza regna nel suo splendore silenzioso.

La forza della Tradizione continuerà a sorreggere questa insostituibile, perché unica, Istituzione della quale l’Umanità ha vitale bisogno per sopravvivere perché essa, ispirandosi all’insegnamento, perennemente valido, di tanti sapienti del passato, e, in particolare, del grande Pitagora che esortava ad una visione panoramica di tutti i problemi dell’Umanità, ha rappresentato, rappresenta e continuerà a rappresentare nel futuro quella malta preziosa che unirà sotto ogni latitudine tutti gli Uomini di buona volontà migliorandone la condizione ed elevandoli verso il cielo al quale, ancora una volta, Pitagora esortava a guardare almeno al termine della nostra giornata.

Se i Massoni di tutto il mondo sapranno offrirsi ai propri simili mondati di tutte le loro imperfezioni ed animati dal sacro fuoco dell’Amore universale come guida sicura, come veri e propri sacerdoti di un Ideale di purezza, di bontà, di lealtà, di reale fraternità, la salvezza del genere umano sarà assicurata ed il nostro mondo, attualmente sprofondato nella terribile era del Kali Yuga, potrà riconquistare la mitica Età dell’oro.
Ma dovremo volerlo fortissimamente con la stessa granitica volontà del Fratello Vittorio Alfieri, senza lasciarci distrarre da chimere di vantata potenza dispensate da abili imbonitori, dovendo il vero Iniziato avere sempre coscienza che l’autentica potenza è soltanto quella che si conquista giorno dopo giorno con l’autorevolezza, parola dalla radice latina di “augere” il cui significato di “aggiungere” impone una lenta ma costante opera di perfezionamento interiore che, col tempo, divenga percepibile da tutti fino a rappresentare dovunque ed in ogni tempo un sicuro punto di riferimento a presidio “della regina delle virtù, la benevolenza, che regna nel suo splendore silenzioso”. LA MASSONERIA É
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