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Visto alla luce della ortodossa metafisica, il
significato della parola Iniziazione va ben oltre a quello che gli è
scolasticamente attribuito, e che il nostro Tommaseo, assai meglio
di tanti altri, ha precisato con il dire che essa «costituisce
l'ammissione alla partecipazione od alla conoscenza dei segreti
sacri o avuti per sacri o importanti».
Già in sé la parola esclude la possibilità di un concetto puramente
statico poiché implica quello di fine da raggiungersi, epperciò di
movimento che da una origine, l'initium, tende ad un fine;
praticamente poi, questa Iniziazione non costituisce soltanto l'initium
cognoscendi ma pure un inducere animum, scopi entrambi che prevedono
un'azione volente e perseverante.
D'altra parte il termine evoca un passato prestigioso perché si
richiama direttamente alla figura dell'Iniziato Antico ed impone che
la conoscenza del Vero, del Giusto e del Bello si faccia conoscenza,
che tale coscienza diventi operante, che la conoscenza, la Luce
acquisita, si faccia guida vigile epperciò attiva, vita che si vive,
e non soltanto enunciato di vita. La parola Iniziazione comporta
così un concetto di movimento, non di statica conoscenza ma di
conoscenza produttiva, di atto, di espressione realizzante, di
effetto di volere, di un volere orientato verso un ideale; e questo
ideale è costante immutabile nella sostanza, è oggi quello che era
ieri: l'ideale dell'Iniziato Antico.
Si tratta perciò dell'inizio ad un complesso «movimento» verso una
determinata direzione inconfondibile ed immutabile, che non tutti
sono in grado di compiere ma di cui tutti dispongono, in germe od in
potenza, dei mezzi a ciò necessari; naturalmente se taluno è per sua
natura abulico, se vincoli generali o particolari lo trattengono
abbarbicato - quasi un arbusto - ad una vita vegetativa
parassitaria, o se comunque il fermento della materia ostacola
l'espansione spirituale, inoperante, inefficace e sciupata sarà
quella spinta iniziale, quell'in-cremento ab initio, che é
rappresentato dall'Iniziazione. L'Iniziazione, in effetto, altro non
costituisce che la spinta, l'incentivo, al movimento verso quella
cotale direzione di cui abbiamo parlato e che preciseremo; e questa
«spinta» diventa utile solo quando le qualità intrinseche
dell'Iniziato sono tali da incrementare ed assicurare costanza di
vita a questo movimento.
L'inizio del movimento determina la vita; l'Iniziazione determina
una vita, o, se si vuol meglio, un particolare modo di vita, a cui
si può giungere solo se sussiste un «ambiente» che ad essa offra le
condizioni necessarie al vivere; poiché si tratta proprio di una
nuova vita o nuova maniera di vivere, tale da fare dell'uomo un
«rigenerato», un dwya - diranno gli indù - un «due volte nato», che
lo differenzia dall'uomo comune tanto quanto questo si differenzia
dall'animale.
É per questo che vediamo, alla base di qualsiasi iniziazione, da
quelle antichissime alle contemporanee, la morte dell'Iniziando; il
concetto è raccolto ed affermato dallo stesso Gesù che dirà «Amen,
amen dico tibi, nisi quis renàtus fuerit dénuo, non potest vidére
regnum Dei» (Giov. III 3); presiedette sempre, presiede tuttora,
costituì e costituisce il massimo mistero iniziatico e la cerimonia
basilare di tutti i riti, vana ed inefficace se ridotta ad un
formalismo esteriore, risolvente e determinante se consumata a
favore di chi è convenientemente preparato a riceverla.
La persistenza del concetto di morte attenuato soltanto con quello
di rinascita che in fondo si identifica con il primo; il fatto che
in molti riti questa morte è provocata con l'intervento di mezzi
esterni di varia natura, che in taluni - specialmente in antico -
era preceduta da una preparazione tendente a determinare un
particolare stato di collasso fisico; che in molte - particolarmente
nelle attuali - al primo tempo della cerimonia simbolica segue una
cerimonia funebre; il fatto ancora che il concetto di morte,
annientamento, è troppo rigido e stroncante per prestarsi ad un
adattamento simbolico; tutto induce ad accettare l'idea di una morte
effettiva, la quale, non potendosi certamente identificare con la
fine della vita corporea che precede la disgregazione del corpo
fisico, deve pur sempre costituire la morte di un qual cosa, lo
svolgersi su di un piano non materiale di un processo che con quello
fisico ha tutta l'analogia.
Se noi facciamo tanto da ammettere che la frase «morte iniziatica»
non costituisca una frase simbolica ma implichi effettivamente la
morte di «qualcosa» che sussiste nell'Iniziando, e che escludiamo
essere la materia che lo veste, ne deriva evidente che l'azione
letale è volta a distruggere «qualcosa» di imponderabile che pure
entra nell'assieme formativo dell'uomo; non solo, ma siccome a
questa morte segue una «rinascita» da noi chiamata «rigenerazione» -
termine che introduce una precisazione poiché esclude la possibilità
creativa -, oltre ad implicare il concetto di morte totale, di
scomparsa che lascia il posto al sorgere di una nuova vita,
sottintende un processo generativo che, se si esclude l'esistenza
dei due sessi, non può che costituire l'opera di un androgino
interiore di cui diviene necessario ammettere l'esistenza.
Ne viene che siamo portati alla ricerca, nel nostro interiore, di
due entità coesistenti di cui l'una deve morire e l'altra deve
generare; che l'una debba morire già abbiamo visto che è assiomatico
nel concetto di Iniziazione, ma dobbiamo convenire che l'altra- pure
essendo generativa - non è assoluto che sia di sua natura
auto-generante cioè androgina come abbiamo detto più sopra; e questo
perché potrebbe «ricevere» cioè rispondere ad una determinante che
potremmo chiamare fermentativa - proveniente dall'esterno, il che ci
richiama all'ebraico Ruah, soffio, alito, fiato, che può provenire
proprio dall'esterno e costituire un «trasferimento iniziatico»,
senza che per questo ciò escluda la possibilità di un processo
strettamente interiore.
Vedremo fra breve come, per qualche considerazione, si sia indotti
ad accettare entrambe le ipotesi, non solo, ma, nella maggioranza
dei casi a considerarle, checché possa aprioristicamente sembrare
illogico, entrambe necessarie al successo iniziatico.
Ma ritorniamo adesso alla ricerca di quanto è che deve morire
affinché lo scopo della Iniziazione sia raggiunto. Ci è necessario
per questo cominciare a stabilire quale sia questo scopo. Esso è
tradizionalmente inequivocabile: porre l'Iniziato in rapporto con il
dio, renderlo partecipe delle sue virtù. Si disquisisca pur fin
quanto si vuole, convenientemente inquadrato che sia il concetto del
Dio, lo scopo della Iniziazione permane oggi quello che era per i
popoli antichi.
Ciò posto ne deriva necessario che la formalità dell'uomo sia tale
da consentire questa possibilità di partecipazione, cioè che in esso
vi sia alcunché di analogo se non di identico - o per lo meno di
corrispondente in modo da consentire una risonanza - con la
formalità del Dio. Ora, siccome Dio è Uno né la cosa si può
discutere anche ammettendo una pletora di Dei, poiché pur
sussistendo essi si rifanno, direttamente od indirettamente, ad un
Deus-Pater epperciò ad un Dio Uno - ne viene che avendo gli uomini
una loro costituente simile, analoga e risonante con quella del Dio,
il Dio essendo Uno, questa costituente che è primordiale - è
identica per tutti, per tutti la stessa. Da ciò deriva il concetto
di «Spirito», di «Mahat», di «Luce Divina» che ricorre nella
costituzione dell'essere umano secondo le varie teorie e che con
vario nome si ripete, che anima un uomo come tutti gli uomini
qualunque ne sia il colore, la razza, la nascita, la
differenziazione determinata da fattori complementari per nulla
dipendenti dal Fattore Primo.
Si tratta dunque di un fattore comune a tutti gli uomini, ed è il
fattore distintivo dell'Uomo, fattore il cui concetto non va confuso
con quello di anima, poiché una anima la hanno molti animali, forse
addirittura tutti, tutti i corpi organati che hanno vita, sensi e si
muovono, pur non essendo uomini; non di anima si tratta, parola
questa di un significato assai vago, comprensivo e distintivo
secondo l'intendimento di chi la impiega, che va da facoltà vitale,
spirito vitale, prin-cipio della vita in tutti gli esseri viventi,
parte immateriale dell'uomo sino ad essere considerata per la
qualità di sentire - animo -, o per quella di pensare ed intendere
intelletto -; non di anima si tratta ma del fattore distintivo dell'ominalità,
quello appunto che lo distingue da tutti gli altri animali, quello
che gli permette di comprendere, di assimilare il dio, di porsi in
rapporto con esso, cosa questa che - a quanto ci consta -
costituisce la sola prerogativa che lo differenzia
dagli altri animali e che gli conferisce necessariamente quella
autorità di signoreggiare su tutta la terra, di cui é cenno nel
Genesi.
Stabilita l'esistenza di questo principio interiore, per il fatto
che esso é comune a tutti, diventa Principio Universale epperciò
«Essere», onde, per quanto è del singolo, lo si può chiamare il «Sé»
avendo cura di precisare, con le parole del Guénon, che questo Sé
non é mai individualizzato, né può esserlo, poiché dovendo, sempre
essere considerato nell'aspetto dell'eternità e dell'immutabilità,
che sono gli attributi dell'Essere puro, non é, evidentemente
suscettibile di alcuna particolarizzazione. Esclusa la possibilità
di particolarizzazione del Sé, e constatato che in effetto non
esiste mai identità di natura esteriore od interiore, fra due
individui, dobbiamo desumere che la individualità del singolo è
determinata da un altro fattore che non è il Sé; si tratta di un
caratterizzante interiore, non esclusivo dell'uomo poiché lo
riscontriamo anche in altri animali, di un fattore che potremmo
chiamare animico perché connesso alle qualità di sentire, pensare ed
intendere, ed é l'Io, l'Io individuale, l'Ego greco e latino a cui
spetta la paternità del termine «egoista» il cui significato a tutti
noto, rivela, meglio di checchessia, il vizio della sua natura.
Siamo così pervenuti a contrapporre, nell'imponderabile dell'Uomo,
due principi costitutivi, coesistenti ma di tendenze diverse il più
delle volte contrastanti. Da un lato il Sé, il principio superiore
trascendente e permanente, privilegio dell'Uomo, sempre identico in
ognuno di essi perché parte di un Tutto; dall'altro l'Io,
transitorio e contingente probabile modificazione, adattamento,
deviazione, della manifestazione pura dell'Essere il quale é nucleo
che resta inalterato; Io che è forma particolare a determinare la
quale concorrono elementi generalmente esteriori, sovente derivati
dalle necessità della materia. Il primo dunque é Pura Essenza,
Nucleo luminoso, l'altro Plasma, Plasma che contiene il primo e per
esso vive, manifestazione, forma manifesta che la filosofia
occidentale moderna chiama «persona umana». Universale, super-umana
ed eterna la prima, l'altra involgente, individuale ed esteriore,
tipicamente transitoria e mortale.
Trovandoci così di fronte a due principi differenti, l'uno - il Sé -
superiore ed eterno, l'altro l'Io derivato e mortale, ne viene
evidente che se per effetto di una azione, spontanea o provocata,
uno di essi é destinato a «morire», sarà certamente quello che è
mortale epperciò l'Io e non il Sé. Questa considerazione trova
conferma nel fatto che essendo il Sé per la sua essenza universale e
completa qual derivato da un Tutto avente possibilità creative, é
logico ammettere che conservi queste stesse possibilità,
fondamentale la caratteristica androgina che - per la nostra
mentalità - rende possibile quella rinascita o quella rigenerazione
che costituisce il tema del nostro studio.
Ci è facile così concludere che alla base di qualsiasi Iniziazione è
posta la morte dell'Io in quanto individualizzazione, e, diremo con
un termine molto improprio ma che ci sembra possa servire all'idea,
in quanto «materializzazione» dell'Ego, morte che dovrà essere
completa se si vuole che il fine iniziatico sia raggiunto nella sua
intierezza. Questa morte é seguita da una rinascita; il nulla, il
vuoto che essa parrebbe lasciare é un assurdo filosofico poiché
costituisce una, sia pur parziale, negazione dell'Essere, onde è
necessario che questo vuoto sia colato da una nuova «vita», la quale
dovrà costituire una più diretta manifestazione del Sé, più pura e
più libera della precedente che era intossicata dagli stimoli della
materia. Ed ecco come il termine ellenico di rigenerazione risponde
nel suo duplice significato alla rappresentazione di questo trapasso
cui subentra una nuova «esistenza» meglio rispondente al superbo
concetto dell'Essere.
Il concetto da noi fugacemente espresso dell'azione degenerativa
della materia sull'Essere, determinante dell'Io o di alcuni
caratteri di esso, che occorre rigenerare, é inequivocabilmente
posto in rilievo dai varii riti purificatori (tipico quello del
battesimo) che in tutte le cerimonie iniziatiche precede l'atto
rituale; non solo ma è anche affermato dal fatto che tutte le
iniziazioni - nessuna esclusa prevedono una progressione iniziatica
obbligando, per un precisato limite di tempo, alla permanenza
effettiva, attiva e probatoria, in un dato stadio; ed è per questo
che ad ognuno di questi «stadi» o «gradi», passando al successivo,
si rinnova se non identica certo assai simile - la cerimonia
primitiva concedendo una particolare importanza al rito
purificatorio che viene in tal modo periodicamente rinnovato. Ciò
tende, a parer nostro, allo scopo di ricondurre, quando necessario
l'Io rinnovato in perfetta consonanza con il Sé, ed é per questo,
oltre che per altre ragioni di natura valutativa, che tale prassi è
tuttora conservata dalla più austera scuola iniziatica moderna.
Ritornando al nostro concetto fondamentale, noi vediamo che la
Iniziazione tende ad uccidere l'Io in quanto entità distinta e
sconcordante ed indipendente dal Sé, dando vita ad un nuovo Io,
diretta, pura e genuina derivazione del Principio Universale. Da
questa morte dell'Io personale separato e divergente dal Sé, dalla
sua sostituzione - quando ve ne sia il bisogno - con un rinnovato Io
fatto ad «immagine e somiglianza» dell'Essere, prende cominciamento
la vita dell'Iniziato che tale può dirsi soltanto quando sia
effettivamente pervenuto a recidere coraggiosamente tutti i legami
che lo tengono avvinto alla sua vita di animale, a superare tutti
gli ostacoli che gli impediscono di sparire come espressione a se
stante, per considerarsi invece quale particella di quello stesso
essere che è uno frazionabile sì ma pure indivisibile.
L'Iniziazione diventa così una forma liberatoria dell'Uomo dal suo
contenente mortale e perviene a quello che in tutti i tempi, a
partire da quelli arcaici, ne è stato il fine ultimo; scopo
inequivocabile e costante di tutte le vere iniziazioni: divinizzare
l'Uomo.
Con il progredire del concetto divino, con il suo progredire ed il
suo elevarsi, automaticamente progredisce si perfeziona e si eleva
lo scopo iniziatico che si adegua al concetto da cui prende le
mosse, al migliorarsi del concetto del Vero, e fa del Vero oggetto
di ricerca e scopo di raggiungimento.
Un solo dogma è alla base: l'esistenza dell'Essere quale Potenza
Primordiale; ma è questo un dogma od un assioma di cui non si può
dubitare? Dalla unanime accettazione è discorde soltanto la
filosofia materialista, ma essa pure non riesce a sottrarvisi
poiché, dopo avere affermato che tutto è materia, che la materia
esiste ed opera senza «spirito», implicitamente accetta il concetto
di «spirito», (la parola non è esatta ma non ne ho di migliori)
materializzandolo in quello di «energia» di cui vuole con un
arbitrio più che evidente - farne un derivato dalla materia
aprioristicamente 'escludendo l'inverso; affermando che questo
«spirito», energia, insomma vita, sia un prodotto della materia,
ammette implicitamente che la materia contiene in potenza - poiché
può produrla - questa Vita che per noi costituisce l'Essere. Ora, a
parte I'assurdo di un immateriale derivato dal materiale, di un
intelligente prodotto dal non-intelligente, resta pur sempre chiaro
che questa energia distinta, contenuta in potenza dalla materia e
soltanto in quella che ha possibilità di animarsi ne costituisce la
parte più preziosa e nobile, la parte essenziale, che, come tale,
non é logico subordinare alla materia, e lo é ancor meno quando si
pensi che é lo spirito (od energia) che anima la materia e non
viceversa !
Concludiamo dunque che non un dogma è alla base del concetto
iniziatico, bensì una Verità, e che la dissenziente dottrina
materialista, per le sommarie considerazioni cui abbiamo fatto
cenno, posa su di un evidente sofisma.
Oltre a questo dogma, il concetto di Iniziazione non é vincolato da
nessun altro principio; qualunque sia la concezione che ci si voglia
fare della Potenza Primordiale, cioè del Divino, il concetto
inziatico non muta, non subisce deviazioni né di tempo né di luogo,
da ciò che ne costituisce la scopo supremo; e questo permanere nei
tanti secoli di vita umana e nei differenti paesi ove essa si
svolge, di questa tenace idea, costituisce la prova
dell'immutabilità del principio fondamentale che, come abbiamo detto
é costituito dall'annientamento dell'Io individuale e dalla sua
sostituzione con un congenere universale, purissima espressione
dell'Essere, diretto derivato del «Sé».
Così inteso il concetto di Iniziazione, potrebbe sembrare inutile e
persino assurda l'esistenza di una scuola iniziatica poiché è chiaro
che si può pervenire alla vera Iniziazione senza che sia necessario
un particolare concorso esterno, senza che sia indispensabile la
preferenza di un metodo o la precisazione di un sistema. In effetto
i più Grandi Iniziati sono pervenuti alla suprema Bellezza non certo
uscendo palesemente da una particolare scuola e se sono pervenuti a
raggiungere le più alte vette della Iniziazione, lo debbono,
generalmente, alle loro particolari qualità di tenaci perseveranti.
Questa constatazione, però, mentre da un lato non esclude una
determinante specifica dell'intimo (profondo dolore, visione,
scampato pericolo od altro, - casi questi che qualche confessione ha
talora sapientemente sfruttati), non esclude neppure l'utilità di un
sistema, anzi, sovente, ne stabilisce uno, il quale é proprio quello
che colui che ha raggiunto la meta, dopo avere esaminato il suo
stesso processo evolutivo, indica e consiglia. Dato che generalmente
si tratta di «metodo», il che implica un concetto didattico se non
addirittura pedagogico, - poiché non va dimenticato che il Sé,
siccome immortale, é «l'Eterno Infante» - ne viene naturale il
nascere di una scuola la quale avrà dei caratteri distintivi
determinati specialmente dalle condizioni ambientali che
stabiliscono la caratteristica dominante dell'lo.
Scuole se ne ebbero in tutti i tempi ed in tutti i climi, ma dal
loro confronto appare come esse abbiano in comune un, primo atto
necessario che potremmo definire pre-iniziatico: esso é
rappresentato dalla «discesa in se medesimo» dal socratico «nosci te
ipsum» che, con simbolismo diverso, ha sempre costituito e sempre
costituirà, il primo obiettivo imposto alla volontà desiosa di
conoscere; tale é stato il segreto cominciare di tutti coloro che
sono pervenuti a circonfondersi della luce del sublime e tale ha da
essere per chiunque tenda a quella luce.
Il fatto che il conseguimento dello scopo iniziatico sia possibile
soltanto partendo da un esame introspettivo condotto con metodo e
progressivamente esteso per analogia e deduzione al campo meno noto,
stabilisce l'utilità dell'esistenza di una scuola il cui compito è
quello di avviare e servire di guida; in effetto una scuola
iniziatica, qualunque essa sia, non può proporsi che due scopi: in
prima risvegliare le possibilità dell'Iniziando, ricordare
l'eccellenza dell'Iniziato, la sublimità cui l'Uomo, l'essere
perfettibile dotato di virtù allo stato potenziale, deve tendere; in
corollario indicare con quali mezzi, seguendo quale via, lo stato di
perfezione può essere conseguito.
Quello dell'imponderabile umano é un campo variato ove i due fattori
dominanti, Essere ed Io, Spirito e Mente, Cuore e Cervello, pur
essendo contenuti in involucri costitutivamente identici o quasi per
tutti gli esseri, sono sostanzialmente diversi poiché mentre l'uno è
immutabile l'altro risente potentemente delle influenze locali,
ereditarie, tradizionali o simili che lo trascinano ad una specie di
mimetismo occulto, ad un particolare orientamento determinato
dall'influenza della vita vissuta, dalle necessità di essa, dalle
aspirazioni materiali. Il fatto che praticamente due individui
presentano forme animiche generalmente distinte, offre la prova
certa che il fattore
dell'imponderabile umano che é mutevole, cioè l'Io, esercita un
dominio su quello che per sua natura é costante, cioè il Sé, il che
equivale a dire che lo involge, lo tarpa, lo rende prigioniero;
questo ci riconduce, per altra via al primo atto iniziatico
rappresentato da questa soppressione dell'Io che é necessaria al Sé,
quando si voglia ad esso concedere la libertà di seguire la sua
legge naturale che é quella universale: l'elevazione.
Ora, per quanto gli esseri possano animicamente distinguersi, non è
difficile raggrupparli in un dato numero di «famiglie» aventi in
comune alcuni di questi caratteri distintivi, ed una certa affinità
generale di struttura di quel loro Io che occorre dominare o
distruggere; si tratta così, di raggruppamenti per i quali l'azione
più efficace può seguire un indirizzo determinato comune a tutti i
componenti. Ecco così il delinearsi di scuole differenti di cui
ognuna è contrassegnata da una differente maniera di fare leva per
ottenere quel principio di frattura dell'involucro Io da cui potrà
evadere il Sé.
La differenziazione dei vari elementi Uomo, per quanto raggruppati
in famiglie caratterizzate da una certa affinità, ha consigliato
l'uso di «agenti» elastici, autoadeguantisi, rappresentati dai
simboli, cui nessuna Scuola, in nessun tempo, ha rinunciato -
specialmente in Occidente - per quel caratteristico nostro bisogno
di valerci di similitudini per meglio comprendere quanto non ci
appare chiaro e ben definito.
Procedendo allo studio delle varie Scuole Iniziatiche si può essere
sorpresi constatando che taluni simboli sono comuni a tutte, in
tutti i tempi e tutti i climi, anche quando è esclusa - almeno
apparentemente - qualsiasi influenza tradizionale; il trovare, in
tempi lontanissimi gli stessi simboli nell'Oriente asiatico e nel
cosiddetto Nuovo Mondo può apparire sorprendente salvo che si
ammetta - il che non è da escludere che ab initio esistesse una
scuola unica di cui tutte le altre non sarebbero che derivazioni ed
adattamenti locali. Questa tesi potrebbe essere confortata dalle
numerose prove della esistenza di una antichissima Religione Unica
veramente katolica, quella, inspirata al concetto di un Assoluto
ultraumano; di essa é traccia nel Teo-Amoxtli, sacro codice, tolteco,
così come nel Veda, entrambi codici magnifici nei quali la maestà
dell'Uno appare ben diversa da quella offertaci dalla nostra
orgogliosa Bibbia ove il concetto del Divino non appare decisamente
ultraumano, epperciò si presta ad interpretazioni assurde di cui le
più derivano dall'avere attribuito al «Dio» una certa forma mentis
(ricompensa, vendetta ecc.) che, umanizzandolo lo rende imperfetto.
Ricercare la Verità o la Luce, mirare alla Perfezione, permearsi di
Amore, avvicinarsi a Dio, sono tutti sinonimi che, come abbiamo
visto, rappresentano lo scopo unico di tutte le Scuole Iniziatiche,
ma se identico è il concetto, diversa ne é l'espressione ed é
appunto questa diversità che stabilisce una chiara differenziazione
dividendo le Scuole in due grandi categorie attorno alle quali
gravitano : volontà di pervenire e fiducia di ricevere, Volere e
Fede, energia e misticismo, potenza ed abbandono.
Questi due concetti - si noti bene - non costituiscono per nulla due
direttrici diverse, ma rappresentano due aspetti, due conseguenze.
della stessa ragione, e questa ragione è l'Essere; se, per spiegarci
vogliamo ricorrere ad una similitudine, che ci é cara perché
richiama all'Armonia ed alla Vibrazione, diremo che si tratta della
stessa «nota fondamentale» che l'uno vuole esprimere e per la quale
l'altro entra in risonanza, entrambi vibrando nello stesso modo;
sarebbe il caso di parlare di diapason poiché si tratta appunto di
vibrazioni, e su di esse si incentra la dottrina indù, oppure di
Musica (una volta ancora due aspetti!) tanto cara a Pitagora, che le
une e l'altra legò con la legge del divenire che obbliga a rimontare
al Numerante cioè all'Uno.
Sono due aspetti diversi, ma diversi solo perché nella ricerca si
sono voluti separare due componenti, diversificandoli,
considerandoli distinti solo perché vi é chi dei due ne ha uno che é
in schiacciante prevalenza sull'altro, inducendo così a trascurare
l'importanza della loro coesistenza, dimenticando che Homo sum,
hnmani nihil a me alienum puto, e quanto da ciò logicamente
consegue. Soltanto l'importanza concessa alla prevalenza dell'uno
sull'altro di questi componenti inseparabili, consiglia i diversi
metodi, giustifica l'esistenza delle diverse Scuole Iniziatiche.
Andiamo agli estremi perché il concetto ci appaia più chiaro, e
consideriamo due aspetti dell'Homo: vir e mulier, maschio e femmina;
si tratta di una differenza di sesso, di muscoli, di attitudine, di
possibilità, di organi anche, ma in fondo, può sussistere una
differenza assoluta fra due esseri che sono frutto della stessa
terra, dello stesso padre e della stessa Madre? Non certo, e la
Natura stessa ce ne offre una prova con l'esistenza di androgini e
di ginandri, individui nei quali un sesso prevale in diversa misura
sull'altro, e che in definitiva altro non sono che degli intermedi
fra i due. Ne consegue che non possiamo parlare di differenza
assoluta, ed, essa non sussistendo, è logico ammettere che ognuno di
noi risulti costituito dei due elementi e che la differenza fra
l'uno e l'altro dipenda solo da effetto di preponderanza dell'uno
sull'altro, il che, in definitiva, vale a dire che in ognuno di noi
vi é dell'uno e dell'altro, del dante e del ricevente, e sotto un
punto di vista generale, del maschile e del femminile; con il che
ben comprendiamo l'alchemico Rebis, il res bina perfettamente
equilibrato, autogenerante, completo epperciò perfetto.
Ritorniamo ora alle Scuole Iniziatiche; il richiamo al Rebis ci
porta in piena alchimia, e, per essa, al Rosa + Croce. A quando
risalga questa Scuola è difficile stabilirlo; (la tradizione la fa
di molti secoli anteriore al Cristo), ma quel che é certo si é che
in Occidente rinasce dal templarismo, da quei roghi accesi dalla
cupidigia e dall'infamia; si delinea in quelle fiamme e si fa centro
di Potenza di cui il fascino, quando non avvolge, é avvertito quale
Emanazione. Quella dei Rosa + Coce è dottrina del Mysterium,
dell'Arcano, ed é dottrina integrale poiché contempla le due facce
del Rebis, onde é che tutte le Scuole Iniziatiche moderne si rifanno
ad essa, e tutte se ne dicono la erede, sia quelle che potenziano la
Volontà come quelle che coltivano la Fede.
Sarebbe ozioso discutere il fascino e la potenza dei Rosa + Croce
perché noto, utile, invece, appare la ricerca della sua ragione;
quella che appare più evidente è la completezza del «metodo»
rosacruciano, che non si limita, a e trattare a dell'Uomo l'elemento
costitutivo in esso preponderante, ma interviene tanto sul volere
quanto sulla possibilità di ricevere dell'Adepto, facendone colui
che sa «vibrare» e che può «risonare».
Si dice che gli ultimi Rosa + Croce dell'Occidente hanno abbandonato
l'Europa verso il XVII secolo, e ciò coincide - fra l'altro - con il
deciso specializzarsi delle Scuole Iniziatiche Occidentali,
specializzazione che, oltre a ridurne la possibilità di pervenire ad
un risultato completo, ne ha favorito lo Sviluppo diretto a fini
contingenti ed immediati, prevalentemente sociali, deviandole così
dal loro fulgido scopo.
Ricorrendo una volta ancora all'analogia, se consideriamo la scuola
quale un utensile e ci rifacciamo ad una «pietra grezza» le cui
venature sono costituite da due elementi differenti per durezza,
coesione, natura, è evidente che per e lavorarla a ed ottenere opera
perfetta è necessario valersi di due generi diversi di utensili,
particolarmente appropriati alle «vene» della pietra, così come, con
similitudine alchemica, (nel senso generico della parola), per
ottenere la totale soluzione di un aggregato di due elementi diversi
occorrono talora due solventi differenti.
Senza più oltre insistere su questo tenia, da noi trattato altrove
con altra argomentazione, ci sembra logico concludere che una
Scuola, per essere idonea al conseguimento dello scopo iniziatico
nella sua completezza, deve prevedere l'opportunità di adeguare il
proprio in-segnamento alle caratteristiche del singolo.
Siccome più non sussiste una Scuola Iniziatica Integrale
dell'Occidente poiché il concetto della specializzazione (per non
parlare di altri di bassa natura) ne ha limitate le possibilità;
siccome ragioni pratiche sconsigliano una iniziativa tendente alla
istituzione di una Scuola nuova poiché troppe già ne esistono;
siccome in siffatto campo qualsiasi esclusivismo è decisamente
condannevole; siccome, infine, le sane scuole non mancano ed il loro
solo difetto é la loro incompletezza; ci appare evidente che
costituendo una Unione od una Federazione di esse, si ovvierebbe ad
un errore che purtroppo si é perpetuato, non solo, ma si
provvederebbe, con un mezzo mobile ed efficace, alla realizzazione
di un Centro Iniziatico a Respiro Universale, che offrirebbe a tutti
i cercatori di Luce, il modo di concretare quello che da tempo
costituisce la più alta aspirazione degli Eletti.
Allora, e soltanto allora, sarà realizzato il Supremo Centro della
Conoscenza Iniziatica, dal quale partiranno le maglie di una vera
«Catena d'Oro» capace di stringere in una indissolubile e sublime
Unità, le belle energie di nostra gente, il che richiamerebbe alle
glorie dell'antico Egitto, della Schola Italica, e dei Rosa + Croce.
Questo il sogno di un Filosofo dell'Unità.
Umberto Gorel Porciatti
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