L'Approfondimento del "Pellegrinaggio", per altro comparato con i Viaggi Massonici,  che si presenta ai nostri Ospiti, è opera d'ingegno del  Carissimo F... della famiglia Romana Fausto di P.  Lo studio, è documento con finalità di Istruzione. I nostri ringraziamenti, al Fratello, per il suo consenso alla diffusione via Web.

Lo scritto costituisce un opera della maestria del Fratello. Il suo contenuto non esplicita di necessità il punto di vista della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto gli è riconosciuto.

© Fausto Di P.

 

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Lu: Il viandante
La sentenza: Riuscire mediante il poco.
Al viandante è salutare la costanza.
L'interpretazione: Il viandante giunge alla locanda. Ha tutto il suo con sé.
Ottiene la costanza di un giovane servo.
I-King

 

Riflettere sul pellegrinaggio, sul viaggio metaforico, riporta alla mente letture e ricordi più che dei fatti, forse perché, nel viver quotidiano, l'esperienza del pellegrinaggio sembra trasferita prevalentemente alla sfera simbolica o limitata ad un'esperienza turistica e culturale, al più religiosa.
Cerchiamo di individuarne i valori essenziali attraverso un esame di riferimenti tradizionali per poi riuscire forse a giungere ad una conclusione che è esplicativa dei significati e delle loro potenzialità virtualmente trasformative.

I viaggi nella Ritualità massonica
I rituali ci propongono ripetutamente l'esperienza del viaggio iniziatico o metaforico. Lo abbiamo affrontato una prima volta quando, uscendo dalla terra del gabinetto di riflessione, seppure senza alcuna possibilità di vedere, abbiamo viaggiato tra ostacoli, difficoltà, frastuoni, incertezze, appoggiandoci ad una guida misteriosa, e siamo stati purificati dall'aria, dall'acqua, dal fuoco.
Nel passaggio a Compagno abbiamo avuto la possibilità di riprendere i viaggi, questa volta con una maggiore consapevolezza, anche se gli strumenti da utilizzare ci venivano suggeriti di volta in volta dalla nostra guida. Siamo stati condotti ad Occidente dove abbiamo incontrato i sensi materiali, quindi a Meridione con lo studio degli ordini architettonici, di seguito ad Oriente con le arti liberali, infine a Settentrione con i rappresentanti della tradizione iniziatica.
Nell'elevazione a Maestro alcuni di noi hanno viaggiato alla ricerca del corpo di Hiram: "Viaggiate, Maestri, dall'Occidente all'Oriente, dal Settentrione al Meridione finché non avrete trovato il luogo in cui è stato sepolto il Maestro". Con il ritrovamento abbiamo contribuito alla sua rinascita.
Quali Cavalieri dei Nove, in attuazione di una precisa sentenza, abbiamo viaggiato, seguendo la nostra guida, lo Straniero, alla ricerca degli assassini di Hiram.
I Cavalieri di Oriente e di Occidente sono stati erranti nei boschi e per le montagne fin dall'epoca della distruzione del Tempio.
Anche nell'iniziazione dei Principi Rosa-Croce è presente sostanzialmente l'esperienza dei viaggi dalla Fede, alla Speranza ed alla carità. Quindi per cercare la Parola perduta si forma una colonna di viandanti con idonei bastoni da viaggio; andranno da Nord a Sud, da Occidente a Oriente per interrogare gli uomini, le religioni, i filosofi, i monumenti.
I Cavalieri di Oriente e di Occidente, che rientrano nel Tempio, hanno errato per il mondo e sono venuti dalla Judea, sono passati per Nazareth, li ha guidati Raffaele, sono della tribù di Juda.
Infine, dopo la cena d'addio, i Principi Rosa-Croce si danno appuntamento per l'anno successivo quando s'incontreranno in una delle Case dello Spirito Santo.
"L'anno prossimo a Gerusalemme..." si recita nel rituale di Agape ebraica.

Il Pellegrinaggio in Oriente
... che in ogni inizio è chiusa una magia
L'esperienza del pellegrinaggio è individuale, ma vi si partecipa con l'adesione ad un gruppo d'uomini che liberamente s'incammina, in marcia verso l'Oriente, superando difficoltà ed ostacoli attraverso terre sconosciute. L'azione è coperta dal segreto: chi vi partecipa non può rivelare nulla sia perché non sarebbe capito sia perché rivelando nasconderebbe anche a se stesso.
Qual é la terra del pellegrinaggio? É una zona "eroica e magica", attraverso il "mare lunare'', in una dimensione allo stesso tempo fisica e spirituale.
Il viaggio deve avere uno scopo personale, alla ricerca del sé, del Tao, del kundalini, del Graal, della Parola perduta, d'Elena..., ma non si può partire, iniziando la ricerca, se prima non si è iniziati e messi sulla via. Si deve aderire con fede, dimostrare coraggio e perseveranza, avere amore; solo a queste condizioni ci si può unire alla colonna di chi è in cammino, sempre verso Oriente alla ricerca della Luce. La gioia di essere uniti verso la meta alimenta e sostiene i viandanti, mentre una stella illumina e dirige il cammino. Una guida è al loro servizio: è l'individuo più umile, più disponibile, perfettamente centrato nel suo ruolo apparentemente subordinato.
Si cammina nello spazio, si attraversa il tempo, in un'ulteriore e nuova dimensione, verso il "dappertutto" e il "nessun luogo", ma in realtà è un ritorno alla giovinezza delle anime e verso il punto d'emanazione del loro flusso continuo.
Camminando le quinte delle apparenze si sono aperte, nell'identificazione tra il dentro e il fuori, mentre sono abbattute le colonne dello spazio e del tempo. Tra nuovi incontri, paesaggi strabilianti o terrificanti, paradisi o abissi, che si susseguono, ciclicamente e costantemente riappare la memoria di un diluvio, l'immagine di un'Arca, che solca, o guidata da un pilota esperto o affidata al fato, mari misteriosi: è l'arca di Noè il Pellegrino delle acque.
Si può raccontare un pellegrinaggio? E si fa o si tenta di farlo, si compie una cosa diversa, si trasferisce la memoria di un'esperienza, ma non è l'esperienza vissuta e trasformatrice. Nel pellegrinaggio l'io individuale, inserito nella colonna dei viandanti, progressivamente si riconosce come, in uno specchio, quindi si frantuma identificandosi con il percorso, con il tutto, in un rinnovato ruolo di creazione, dove si sono riuniti l'osservatore e l'osservato, l'interno e l'esterno.
A volte ci si trova di fronte ad una gola impervia, ad un abisso terrificante, la ragione non ci può aiutare, anzi consiglia di desistere, di accettare la realtà fisica del quaternario e viverla con relativa felicità, anche se non con gioia. Si può tentare di procedere solo se si ha fede, nella speranza di ritrovare il sentiero che, come il filo del labirinto, può portare attraverso anse e deviazioni ad un centro dove avverrà una trasformazione. Dal centro si deve uscire ricreati attraverso un nuovo cammino e un viaggio di ritorno, spesso sulle acque, che completa il pellegrinaggio.
Al termine del pellegrinaggio si è diversi e uguali allo stesso tempo, costituiti dalla medesima sostanza e rivestiti dallo stesso abito di pelle: pur essendo come tutti gli altri uomini, abbiamo contribuito ad un processo di completamento della creazione, superando une situazione critica, riconciliandoci e avviandoci verso la reintegrazione.
Può accadere di abbandonare il viaggio prima di essere giunti alla meta; viviamo ugualmente la nostra vita, tra piaceri e dolori, con relativa consapevolezza ma con la libertà di compiere il nostro dovere. Se vogliamo conoscere tutte le regole dobbiamo entrare nella legge binaria della vita; tra azione e contemplazione, confrontandoci e allenandoci al Giuoco delle perle di vetro, come avviene nelle scuole della Castalia, o all'Arte combinatoria o al Teatro della memoria, con stile e raffinatezza, alla ricerca dell'unità del sapere e dei ritmi esistenziali, pronti però ad abbandonare tutto per ritrovare la semplicità dell'essere.
Se invece insistiamo nel viaggiare (quando giungeremo alla meta? Quando ritorneremo? ....) ci renderemo conto progressivamente che si può superare ogni incertezza e sentiremo l'unione con un fluido di vibrazioni che ci unisce agli altri e alla vita stessa; saremo nuovamente e completamente uniti alla nostra guida, che in un precedente periodo sembrava averci abbandonati, nell'identificazione sostanziale dell'io e dell'altro nel tutto.

Noè il navigatore
Cerchiamo ora di ritrovare qualche pellegrino, qualche uomo la cui esperienza ci può essere di riferimento, un "tipo" del genere umano. Il primo che esaminiamo, ma non il più antico, è il viandante e navigatore, colui che ha affrontato prima come tutti un viaggio terrestre e poi, a malincuore, una navigazione sulle acque del diluvio: Noè.
C'è un suggeritore che sollecita Noè a compiere il viaggio, quel Dio che fino ad un certo punto sembrava camminare con lui e con l'umanità, una vicinanza che però era tutt'altro che comunione d'intenti. Dio suggerisce, in realtà obbliga, Noè ad iniziare un viaggio di ritorno attraverso le acque primordiali; l'umanità si è allontanata dal progetto, forse tenta autonomamente e titanicamente di riconquistare in una nuova ribellione quell'Eden dal qual è stata cacciata.
Il percorso del viaggio è già tracciato anche se non rivelato, la meta definita: si attende unicamente l'adesione (aveva forse altra possibilità?) di Noè con la procreazione e la costruzione dell'Arca. La situazione è chiara e misteriosa al tempo stesso: ci si deve seppellire nell'Arca e attraverso uno stato di morte, che solo al termine si rivelerà fecondo, come imprigionati in una pietra trasportata su una nave, superare le acque.
In pochi eletti partecipano al viaggio; il diluvio distruggerà la razza di Caino, i cattivi, ma scomparirà anche la razza di Set, i buoni, mentre sopravvivrà solo chi è stato predestinato, Noè per eccellenza, nel quale permane il ricordo del caos primordiale e che sa unire la sapienza naturale e la ragione cosciente.
Egli viaggia per ordine o consiglio di Dio, divenendo progressivamente più consapevole del segreto esistenziale; nel fecondo stato di morte ha capito la legge e la sorte dell'umanità tra nascere, soffrire e morire. Però il suo ruolo è quello del riconciliatore, posto nell'arca ovvero nel centro, nel pozzo di Giuseppe, nello stomaco del cetaceo di Cuna, nel sepolcro di Cristo, nel punto di trasformazione del labirinto, nella Camera di mezzo. Lì tutto il processo gli diviene chiaro e la trasformazione può avvenire: l'arca può nuovamente atterrare quando giunge il messaggio degli uccelli, sempre che se ne conosca il linguaggio.
L'umanità si è salvata, attraverso una segregazione della vita, in un atanor ermeticamente chiuso, una tomba di rinascita, compiendo un pellegrinaggio vitale. Ma, nella sua consapevolezza individuale della segretezza del mistero, Noè allontana l'umanità dal divino e la riporta al suo ruolo: se, giunti a terra, si celebra un rito di ringraziamento, a compierlo sono i figli del patriarca, mentre egli nella sua nuova saggezza assiste silenzioso conoscendo i limiti della creazione di cui ha carpito il segreto. Adamo ha percorso in orizzontale la prima parte del viaggio, cacciato dal paradiso terrestre, Noè ha viaggiato in senso verticale attraversando la soglia della morte. É asceso in uno strato aereo, in un universo vacuo e vuoto, contrapposto agli inferi; è ritornato ma "deve" dimenticare perché l'umanità non può conoscere completamente il suo passato e se è sopravvissuta, con una coscienza critica ed una ragione, è pur sempre e sempre più lontana da Dia.
Quale è il termine ultimo del viaggio, dopo l'atterraggio e l'olocausto? "Noè cominciò ad essere lavoratore della terra, e piantò la vigna, e bevve il vino e s' inebriò... "
Una sapienza antica può essere ritrovata, attraverso il viaggio o unendo al pane il vino in una comunione spirituale:
"Fratelli il momento è giunto di riprendere i nostri bastoni da viaggio e di riunirci intorno alla tavola della Cena d'addio".

Gilgames il re di Uruk
Gilgames il re è desideroso di fama e di potenza; è il mortale eccezionale che si ribella alle leggi della separazione e della morte. Affronterà un viaggio, il pellegrinaggio dell'uomo verso Dio, del mortale verso l'immortalità.
Il viaggio ha i suoi ritmi e le sue fasi: l'incontro di due amici fraterni (Gilgames e Enkidu, l'io e l'altro); l'attraversamento della Foresta dei cedri; la ribellione e il disprezzo verso la divinità; la conoscenza della morte e la perdita dell'altro; la ricerca della sapienza ancestrale e dell'immortalità.
É un viaggio agli inferi, una discesa per poi risalire e tornare, attraverso montagne e mari, in una cosmogonia che vede gli inferi sotto la superficie terrestre e sopra le acque inferiori, il grande abisso. É un pellegrinaggio verso l'al di là, dal quale non tutti e non sempre possono tornare; Enkidu l'amico fraterno non ritornerà: "il mio corpo che una volta toccavi e deliziava il tuo cuore, lo divorano i vermi come un vecchio abito".
C'è la foresta, la lotta con il guardiano, la penetrazione nella selva oscura dell'anima. C’è la necessità del legname, come quello inviato dal Re di Tiro per la costruzione del Tempio di Salomone, dell'impresa epica nella sfida contro il male, della penetrazione all'interno della vita nel regno del Vivente.
Enkidu è la vittima del viaggio; scende agli inferi ma rimane intrappolato, solo il suo spirito ritorna per raccontare. Gilgames vive la morte di Enkidu come la memoria di un fatto antico, come Noè di fronte a chi non si è salvato dal diluvio; vi è però già stato un sopravvissuto, il "Lontano", colui che vive alla foce dei fiumi, raggiungerlo significa conquistare l'immortalità e il suo segreto.
Gilgames ripercorre il cammino del sole, è il suo pellegrinaggio, ma deve anche attraversare l'Oceano, il confine ultimo; avrà la necessità di un pilota esperto che lo guidi sulle acque. Vi è ancora la memoria e il racconto di un diluvio, di un salvarsi dalle acque abissali. Potranno mai le forze del caos e della distruzione prevalere?
Il re, dopo aver inspiegabilmente danneggiato le attrezzature della nave che lo doveva condurre oltre le acque (distruzione di cose di pietra ... ), riesce a raggiungere il “Lontano”, ma quando sta per cogliere il frutto del suo pellegrinaggio, l'Immortalità presso la Fonte della giovinezza, si addormenta. Anche la pianta del ringiovanimento viene definitivamente perduta nel fondo marino, divorata da un serpente: forse era entrato in possesso di beni e poteri superiori al suo abito di pelle.
Gilgames il re, infine si rende conto che non si può lottare per quello che non si può avere, la meta del viaggio è la morte, la normalità della morte, punto di arrivo e di partenza.
Due sono i pellegrini: l'Io è il re di Uruk, l'uomo cui erano note tutte le cose, il re che conobbe i paesi del mondo. "Era saggio; vide misteri e conobbe cose segrete, un racconto egli ci recò dei giorni prima del diluvio. Fece un lungo viaggio, fu esausto, consunto dalla fatica; quando tornò si riposò, su una pietra l'intera storia incise". L'altro è Enkidu, fatto con l'argilla, immagine di una dea e della sostanza del firmamento, l'uomo naturale, il buon selvaggio. Vive in armonia con la natura e gli animali finché una donna, una sacra prostituta lo iniziò. Sfiderà Gilgames, l'altro da lui, per poi diventarne fratello e viaggiare insieme alla ricerca dell'immortalità fino alla morte.
" Come la Luna si cresce e si cala: una vita che duri in eterno non è il nostro destino."

Il viaggio alchemico
Una divisa caratterizza l'alchimista-pellegrino, è costituita di attributi e qualificazioni simboliche come la conchiglia a pettine portata in evidenza, la "merelle di Compostella"; la conchiglia è la prima rappresentazione del Principio Mercurio, il viaggiatore pellegrino, l'acqua benedetta dei filosofi, l'acqua dei cristiani raccolta nell'acquasantiera a conchiglia.
II viaggiatore si qualifica con la conchiglia, per dichiarare la sua volontà di cercare la Stella. Il viaggio sarà lungo e difficile, metà terrestre e metà marittimo, con il bordone come guida e la merelle come distintivo; la zucca contiene la bevanda del pellegrino, la capacità solvente del mercurio.
Il viaggio può anche essere limitato ad un percorso da compiere, l'attraversamento di un corso d'acqua, anche a servizio di chi da solo non può raggiungere l'altra riva: il barcaiolo della Favola di Goethe, il Siddharta al termine delle sue iniziazioni, il Cristoforo o l'Offerus, il gigante buono anche se ingenuo, che, nella ricerca e nella volontà di mettersi a servizio del re più potente, si ritrova a fare attraversare le acque ad un bambino sempre più pesante, l'oro giovane o ringiovanito.
Basilio Valentino chiama il Mercurio filosofico con il nome di "viaggiatore o pellegrino". Spesso è rappresentato come un pellegrino che viaggia attraverso sentieri impervi e con attributi strumentali e abbigliamento specifico, il mantello, il cappello, il bastone, a volte lo scudo, il distintivo della conchiglia, il libro segreto, che può essere consapevolmente letto eliminando i sette sigilli, perché il viaggiatore possiede la zucca con il solvente.
Egli percorre il sentiero di San Giacomo, verso Compostella, la Via Lattea verso l'immortalità, per raggiungere la nostra meta, la terra delle ricerche e delle trasformazioni.
Anche Maier definisce il Mercurio come un pellegrino o viaggiatore, che percorre una via secca alla conquista della Stella, trasformazione della conchiglia; il ritorno è effettuato seguendo una via umida o marittima con la guida di un pilota esperto di mari.
Flamel viene egli stesso rappresentato abbigliato da pellegrino, in viaggio verso il Mont-joie, il Monte gioioso. Racconta che un mercante di Bologna, nella veste di mediatore lo ha messo in contatto con un rabbino; i tre compiono un pellegrinaggio: Flamel, il mercurio vincitore della pietra (ricordiamo le pietre a volte rappresentate su un battello assicurate con cime, mentre si affronta un mare tempestoso, e le cose di pietra distrutte da Gilgames al momento di affrontare il viaggio per mare); il Mercante intermediario, l'uomo o il Cristo, tra creatore e creato; il rabbino, maestro Canches, l'iniziatore.
Flamel e maestro Canches sono uniti da una salda amicizia e affrontano insieme il viaggio come, uniti da una altrettanto indissolubile amicizia, hanno viaggiato Gilgames e Enkidu.
L'intermediario, la guida, é il primo ad assolvere la propria funzione e quindi a scomparire. I restanti due rimangono soli: Zolfo e Mercurio. Nel ritorno per mare maestro Canches é il pilota esperto mentre Flamel è il passeggero; la meta del viaggio è simbolica: è Orléans, là dove è l'oro, come prima era stata identificata in Compostella, dove era la Stella. Al raggiungimento della meta muore lo Zolfo per riconciliare i metalli.
I venti cessano e tutte le cose vanno in riposo. É la grande eclissi di sole e luna; nessuna luce brilla più sulla terra e il mare sparisce.
"Che Dio abbia la sua anima ..."

Conclusioni

Dobbiamo attraversare spazi e spazi
Senza fermare in alcun d'essi il piede
Lo spirito universale non vuol legarci
Ma su di grado in grado sollevarci

 

Siamo viaggiatori e pellegrini, lo siamo per scelta e volontà da quando abbiamo bussato alle porte del Tempio e intrapreso il lungo viaggio iniziatico. Qual è la meta del nostro pellegrinaggio? É la gioia, il Mont-joie. La gioia, non il piacere ancora in conflitto dualistico con il dolore, la gioia che è verità e spiritualità.
Non è una meta che si raggiunge nello spazio e nel tempo, non è posta alla fine di un percorso o al centro di un labirinto; non vi sono più riferimenti spaziali o temporali, ma la meta è nel viaggio, è il viaggio o il pellegrinaggio, è il sentiero, è la vita: "derek ha-emet", il cammino della verità.
Ormai siamo al momento della riconciliazione e della reintegrazione, della identificazione dell'io e del tutto, l'osservatore è tutt'uno con l'osservato, in un'identità indissolubile tra soggetto e oggetto.
Il pellegrinaggio sembra una sconfitta, se la volontà che ci ha guidato era finalizzata alla ricerca dell'immortalità ed invece ha raggiunto unicamente la morte.
No! L'amore può e deve vincere mentre la morte viene nuovamente superata nella vita.
"La sola cosa che ci resta da fare è sederci dove ci troviamo e capire e quando il falso dentro di noi cade, cadrà anche il falso all'esterno. E la nostra meta sarà trasformata e noi saremo riconciliati."
Non è una fuga, non è il rifiuto dell'azione, ma il distacco, il separando, per vedere, sperimentare, e finalmente liberi intraprendere il nostro viaggio nel mondo, una via diretta nel nocciolo del mistero universale, tra andare e venire, inspirare e espirare, tra Ying e Yang.
"Dove mai andiamo? Sempre a casa..."

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