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© Carlo Pisacane di Ponza - Hod.
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Nella nostra comunione ci consideriamo "figli della Vedova" ed il contributo di offerte è destinato, si dice, al "tronco della Vedova". Ma, mentre la dizione "tronco della Vedova" è ricorrente in tutti i rituali dei lavori, il termine "figli della Vedova" è espresso solo nella cerimonia di iniziazione al terzo grado; nel quale si recita la leggenda di Hiram, che nella Bibbia è detto figlio di una vedova di Tiro. E poiché ciascun maestro muratore si riconosce per antonomasia nel maestro Hiram rinato con lui, ecco che, di conseguenza, deve considerarsi, per ciò stesso, figlio della Vedova. L'argomento sembra così esaurirsi con l'analogia: vedova = massoneria, e figli della vedova = gli iniziati che di essa fanno parte.
Se nonché l'argomento è assai più complesso di quanto non sembri: c'è da chiedersi perché e come è nata la leggenda di Hiram. Le uniche notizie del personaggio derivano dalla Bibbia: capo V° del Libro dei Re e capitolo III del II° libro della Cronaca. Ma è stato fatto notare che in entrambe le citazioni non si parla di Hiram come Architetto del Tempio di Salomone, bensì come esperto fonditore in bronzo delle due colonne del Tempio, del "mare" di bronzo, cioè l'enorme bacino per le lustrazioni, dei dieci carrelli con altrettanti bacili e poi dei candelieri, vassoi, incensieri, di tutta cioè la suppellettile metallica necessaria al Tempio. Così, sempre nella Bibbia, non vi è parola di quell'immensa schiera di operai, che egli avrebbe ripartito in Apprendisti, Compagni ed Operai. E nemmeno si parla dell'agguato notturno, della sua morte e del suo seppellimento sotto una acacia. Sembrerebbe, al contrario, che Hiram sia sopravvissuto alla costruzione del Tempio, se, subito dopo, egli si dedica all'arredo della Reggia di Salomone. Questa leggenda con i particolari sviluppati nel rituale del terzo grado sembra sia stata tolta dal Talmud, che nasce come commento della Bibbia e la cui redazione inizia nel II secolo dopo Cristo. Come si è costruita nel Talmud la leggenda dell'uccisione di Hiram, del suo seppellimento e del suo recupero? Sicuramente per assimilazione o per sincretismo di miti precedenti quali quelli di Iside ed Osiride, mito che aveva il suo svolgimento in Egitto nel piccolo Mistero Isiaco. Vi sono, infatti, molte tangenze significative: la presenza della bara, il ritrovamento del cadavere di Osiride sotto un albero, che, qui, è di tamerisco e per noi è di acacia, e infine, la ricerca affannosa di Iside. La massoneria, quando ha utilizzato la leggenda di Hiram, la ha arricchita con altri dettagli, quali gli strumenti di lavoro, i tre assassini, che corrispondono ai tre gradi iniziatici, l'acacia e la tre direzioni corrispondenti ad altrettante porte del Tempio. Ad inciso si vuoi ricordare che il Tempio di Salomone aveva non tre ma una sola porta. Siamo in grado di poter precisare che l'inserimento della leggenda nel rituale del terzo grado è avvenuto prima dell'anno 1733. Dai documenti rituali del 1720 e fino al '23, data di pubblicazione delle Costituzioni, si evince che non esisteva il III° grado, vi era un solo grado cioè quello di iniziazione. Il grado di Maestro apparirà solo nel 1725 e si completerà con la leggenda di Hiram non prima del 1733. Non è privo di significato che l'inserimento nel rituale della vicenda di Hiram avvenga nella circostanza delle prime avvisaglie di persecuzione della massoneria che è presumibile sia intervenuta assai prima del 1738, data della prima scomunica, quella di Clemente XII, seguita dall'offensiva della Santa Inquisizione nell'anno successivo. La leggenda di Hiram, così come viene recitata nella "camera di mezzo" (di terzo grado), ha il fascino escatologico di una sacra rappresentazione medievale e così come è stata rielaborata dalla massoneria ha notevoli risvolti esoterici a cominciare dai significati dell'acacia, simbolo dell'immortalità per non parlare del concetto di morte e resurrezione che è tema ricorrente nell'etica massonica, qui, però, espresso in toni icastici, assai più incisivi che nel rito di iniziazione al primo grado. Vi è una particolare caratterizzazione legata al lutto, al dolore, ma soprattutto al concetto di ingiusta persecuzione, di tradimenti interni e di palingenesi dalla morte alla resurrezione che implica non una morte interiore, volontaria, non una macerazione, come avviene per il primo grado nel gabinetto di riflessione, ma a tutta evidenza una morte proditoria per delitto, quindi imposta da circostanze esterne, ingiusta e determinata dall'ignoranza, dal fanatismo, dall'ambizione, colpe che purtroppo dominano sull'umanità. In trasparenza si evidenzia quel che nei due secoli successivi al XVIII secolo è stato il destino della nostra Istituzione, condannata dalla Chiesa, perseguitata dall'Inquisizione e persino da monarchie liberali ed illuminate, oltre che da tutte le dittature che si sono avvicendate sino ai giorni nostri; tuttora dalla stessa società, di cui sul piano politico i vari partiti che ci escludono, sono l'espressione. Ma quali colpe remote o presenti possono legittimare la condanna della Massoneria? Forse la libertà di pensiero o l'anelito alla libertà dell'uomo da ogni dogmatismo, da ogni schiavitù. Ma viviamo in un clima di democrazia e ciò nonostante, quella condanna perdura. Sarà forse la segretezza, anzi la riservatezza che deriva dalla natura iniziatica della Libera Muratoria, quando altre istituzioni, quali Gladio, Sismi, l'Opus Dei rimangono tuttora segretissime ma non perciò perseguitate? Forse la solidarietà che lega fra loro i fratelli? Ma una stessa solidarietà non vi è forse tra gli iscritti al Rotary, ai Lyons, alle varie corporazioni professionali, ai vari partiti politici? Rimane solo il sospetto di un effettiva sudditanza dello Stato alla Chiesa, che ha reali giustificazioni dogmatiche per la sua condanna, se non si constatasse che anche i partiti che si dichiarano laici avversano la nostra istituzione. É pur vero che quando i poteri costituiti vogliono legittimare la loro intolleranza contro le minoranze non mancano giustificazioni fittizie. E, nel contesto sociale, i massoni sono infatti una minoranza, di cultori dello spirito, ma pur sempre una minoranza, considerati dei diversi, alla pari di altre minoranze sia etniche che religiose, con mentalità ed ideologie diversificate e contrastanti la uniformità di massa entro la quale siamo inseriti. Il nostro è dunque anticonformismo avverso una società massificata i cui equilibri sono affidati solo all'uniformità dei consensi. Si è visto, dunque, che il ricorso alla leggenda di Hiram nella redazione del rituale del III grado riflette un momento storico piuttosto critico per la nostra famiglia, caratterizzato da crisi interne ed oscure ostilità esterne. Per cui l'impegno solenne richiesto con giuramento ai suoi propri figli di soccorrersi reciprocamente "anche a pericolo della propria vita". Ed è la prima volta che la Massoneria si dichiara "vedova", una condizione minoritaria, come quella dei suoi figli "orfani", privati cioè di un valido sostegno paterno. In un'istituzione, che privilegia una visione maschile e solare, acquisita con l'iniziazione è l'unico momento in cui nel contesto si introduce un riferimento materno, femminile, lunare con l'appello ai sentimenti. Se nella difesa dei propri figli la donna impara più dell'uomo a dedicare tutta se stessa alla protezione della prole questo avviene oltre ogni misura per una vedova. Così la comunanza del grembo materno è stato sempre celebrato come il più intimo vincolo, base di una fratellanza intensamente sentita e vissuta. Ed è da esso che procede quel principio universale di eguaglianza e di libertà. Fratellanza, eguaglianza e libertà: ecco dunque su quali radici si recupera la formulazione del nostro trinomio massonico.
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