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Sotto l'aspetto tradizionale il Rituale adottato dalle antiche e primitive quattro Logge che nel 1717 in Inghilterra, nel giorno di San Giovanni, si riunirono deliberando di dar vita ad una Grande Loggia, usufruiva di elementi ritualistici anteriori alla formazione della Gran Loggia stessa.
Le Grandi Logge che da lì a poco si svilupparono nei vari Paesi, tra cui l'Italia, dando vita ad un movimento spirituale di dimensioni fantastiche, hanno da sempre lavorato e lavorano secondo propri rituali, ma nella adozione e nella compilazione di questi rituali hanno dovuto tenere presente, per la loro regolarità, la necessità di uniformarsi ad una norma. Cioè alla norma di tenersi quanto più fedeli a quegli elementi ritualistici antichi che ne caratterizzano la conformità all'Antico Rituale della Gran Loggia d'Inghilterra. Questo spiega perché i Rituali usati nei due ultimi secoli nei vari Paesi sono, in fondo, abbastanza simili tra di loro. Essi traggono origine da un unico antico Rituale di cui tramandano gli "Elementi Essenziali" preoccupandosi di non ometterne alcuno, sia per il rispetto tradizionale verso gli antichi Fratelli, sia per evitare l'accusa di "irregolarità". Sotto l'aspetto simbolico, il Rituale è un mezzo comunicativo per rendere operante il Simbolo. Per nostra esperienza sappiamo che a speciali idee e parole, è collegata una certa quantità di "energia psicologica" anche se queste speciali idee e parole vengono espresse per fatto naturale e abitudinario. La Cerimonia ha lo scopo di sprigionare questa "energia psicologica" determinando una circolazione di fluidi che avvolge beneficamente i partecipanti. Questo processo però può aver luogo solo nella interiorità di coloro che partecipano con volontà impegnata. Non si vuole con ciò affermare che, compiendo le prescrizioni di un rituale anche nella massima purezza d'intenti si perviene a risultati straordinari; a scoperta di nuovi mondi. L'influsso benefico di una azione spirituale può non essere subito avvertito, ma divenire efficace al momento in cui non ci si pensa più. L'esercizio di una prassi cerimoniale, anche per mezzo della semplice abitudine arriva a creare perfino una "seconda natura". Il problema sta nell'aprire il nostro animo alle influenze benefiche di formule consacrate da esperienze secolari.
Cominciamo col constatare che il Rito, nella sua essenzialità, non può essere visto come un insieme di atti formali, di espressioni solenni, di formule e funzioni ma esso deve assumere una più alta significazione, sia nella sua essenza sia nella sua manifestazione. Allora, il rituale va esaminato partendo sì dalle espressioni e dagli schemi ma in una visione che sia il più possibile aderente alla via esoterica ed iniziatica. Da qui il dovere di meditare e cercare di comprendere in tutte le sue sfumature il rituale, tenendo presente che ogni frase, ogni gesto, hanno un significato preciso non solo formale ma profondamente esoterico. Dove per "esoterico" non si intende "misterioso e incomprensibile", ma solo celato all'occhio superficiale e pigro.
Il nostro rituale (esaminiamo solo la parte relativa all'apertura dei Lavori in Grado di Apprendista) potrebbe sembrare ad una prima pigra visione, superficiale e anacronistico, quasi sciatto con qualche termine addirittura arcaicizzante. Ma, come tutti i testi esoterici, per essere compresi nella profondità della loro dottrina, per sprigionare la loro luce interiore hanno bisogno di una chiave, così il nostro rituale richiede anch'esso una chiave non solo per essere compreso e per afferrarne il profondo significato simbolico ma per essere addirittura vissuto in tutta la sua essenza ed in tutta la sua bellezza. Si comprenderà allora che l'apparente semplicità nasconde delle difficoltà non indifferenti.
Ma, entriamo in silenzio nel nostro Tempio. Tanti simboli sono presenti: dagli strumenti di lavoro alle decorazioni, tutti confluenti alla realizzazione degli atti rituali. L'entrata nel Tempio in processione, l'accensione della candela o "testimone" sulla cattedra del Maestro Venerabile, possono già significare il ritiro del massone dalle abitudini quotidiane e profane; l'appartarsi per accingersi a plasmare una ben definita atmosfera o condizione spirituale da cui tali abitudini profane vengono radicalmente escluse. Il breve silenzio che precede l'Apertura dei Lavori può essere considerato come stato meditativo, come calma interiore dei fratelli durante il quale essi preparano il loro spirito alla ricettività. E dunque la fase di preparazione, di affinamento dello spirito che diviene desto al colpo del Maglietto del Maestro Venerabile che contemporaneamente invita gli Ufficiali ad indossare le insegne della loro carica.
Usando una figurazione tecnica certamente poco adeguata, si potrebbe parlare di una sintonizzazione dell'onda cosmica individuale in un'onda cosmica universale; di una armonizzazione della energia psicologica individuale in energia psicologica collettiva.
La Loggia ha tre Ufficiali Principali: Il Maestro Venerabile, il Primo Sorvegliante, il Secondo Sorvegliante; sono detti Principali perché mancando uno di essi la Loggia non può funzionare, non esiste. Il Maestro Venerabile occupa l'oriente, il Primo Sorvegliante l'occidente, il Secondo Sorvegliante il mezzogiorno. Essi per la loro funzione e per la loro disposizione in Loggia costituiscono un Triangolo che nel linguaggio esoterico è chiamato "Triangolo delle Luci" o "Triangolo dello Splendore".
Una delle caratteristiche più suggestive del Rituale è il cerimoniale, tramite cui frasi semplici e ripetute in modo familiare risvegliano ogni volta nelle menti ideee sempre nuove.
FRATELLI ASSISTETEMI AD APRIRE I LAVORI. È l'appello del Maestro Venerabile, rappresentante dall'Autorità suprema in Loggia che afferma la Fratellanza, che invita alla cooperazione, che annuncia il varo di una attività. Con ciò significando che non Lui soltanto, ma tutti quanti insieme, si è i "veri protagonisti" del dramma del Lavoro muratorio in senso rituale. Questa primissima frase afferra immediatamente l'attenzione poiché rivela nella sua semplicità il fondamento su cui poggia la struttura della idealità massonica: la Fratellanza. Segue quindi una serie di domande e risposte. L'impressione che queste domande e risposte trasmettano una impressione che con l'abitudine rivela sempre nuovi significati, è che si vanno preparando le premesse di arcani eventi, che forze potenti sono invitate ad intervenire, che segreti celati sono sul punto di essere scoperti, che porte prima serrate cominciano a dischiudersi. E ad ogni risposta una porta, schiudendosi, lascia intravedere il sentiero da percorrere per giungere alla Maestria dell'ARTE.
A questo punto tra i tanti modi interpretativi del significato dell' Apertura dei Lavori scegliamone uno: il rapporto tra microcosmo o uomo individuale e Massoneria. Cerchiamo di mettere in relazione ciascun Ufficiale con un ben definito elemento della struttura psicologica umana e di estrarre da ciascuna frase un significato che investe determinate forze e facoltà insite nell'Uomo. Scopriremo allora che non solo vi è una relazione netta e riconoscibile tra ogni Ufficiale di Loggia e gli elementi che costituiscono il complesso della natura dell'Uomo, ma che ogni parola della cerimonia è concepita in modo tale per cui il Maestro Venerabile prima di iniziare qualunque impresa può facilmente eseguire il suo primo Lavoro con Armonia e abilità. Pertanto sotto l'aspetto psicologico possiamo accostare gli Ufficiali di Loggia ai seguenti stati di coscienza:
Maestro Venerabile Saggezza 1 ° Sorvegliante Volontà-Mente creativa 2° Sorvegliante Forza Copr. interno Cervello, vitalità Copr. esterno Corpo fisico Ex Maestro Venerabile Esperienza 1 ° Diacono Intelligenza (da intelligere) 2° Diacono Desiderio o sentimento
Comprendiamo allora che le parole del Maestro Venerabile: "Fratelli assistetemi ad aprire i Lavori", sono un invito di saggezza a tutte le forze e facoltà che l'uomo possiede perché lo assistano nel compito che si accinge ad adempiere. Queste forze e facoltà vengono poi chiamate ad una ad una perché la Saggezza verifichi la loro disponibilità. Se una di esse venisse meno il Lavoro cesserebbe di essere efficace. Il significato di tutto ciò è chiaro: in qualunque lavoro che intraprendiamo, il nostro primo dovere è di analizzare le necessità fisiche e materiali occorrenti. Buone intenzioni, elevati motivi, nobili risoluzioni si rivelano inutili se non esistono i mezzi e le forze per realizzarli. La Massoneria non è solo alta filosofia ed etica sublime, è anche essenzialmente pratica ed i fondamenti spirituali dell'amore fraterno, della solidarietà e della verità debbono avere le loro controparti sul piano materiale. La debolezza, la pigrizia, la svogliatezza, sono difetti che rendono vana qualsiasi opera; ecco perché le facoltà migliori di noi non solo devono essere sempre pronte per essere poste in attività, ma continuamente verificate ed eventualmente corrette.
Ogni opera dell'Uomo deve avere un fine ed uno scopo. Allora ecco che il Maestro di Saggezza, dopo aver verificato che tutto è a posto ed in ordine, che tutte le facoltà sono pronte e tese a recepire ed a plasmare, chiede al Primo Sorvegliante:
A QUALE SCOPO CI RIUNIAMO? Ed è la Volontà, la Mente creativa a rispondere:
PER EDIFICARE TEMPLI ALLA VIRTÙ E SCAVARE OSCURE E PROFONDE PRIGIONI AL VIZIO.
Le parole del Primo Sorvegliante potrebbero sembrarci assai enigmatiche. ma da esse comprendiamo come i simboli ed i rituali muratori offrono spunti inesauribili di meditazione e costituiscono fonti perenni di insegnamento. Qual'è, infatti, nel linguaggio esoterico muratorio il significato che si intende dare al la parola "vizio"? e quale alla parola "virtù"?
Posto che i simboli ed i concetti debbono rispondere a caratteristiche di universalità, si può concludere che con la parola "vizio" la Libera Muratoria non ha inteso certo esprimere un'abitudine discutibile ma tutto sommato tollerabile (per esempio il vizio del fumo o il vizio del gioco) né manifestazioni del comportamento che per secoli sono stati considerati esecrandi vizi e che oggi fanno piuttosto parte della patologia come ad esempio l'omosessualità o la tossicodipendenza. Siffatti abitudini o comportamenti sono considerati vizi in rapporto a tempi e luoghi mentre nel nostro caso la parola vizio deve assumere un significato universale e perenne, deve essere cioè considerato tale dovunque e sempre.
Si deve allora desumere che spaziando il nostro Rituale su un piano iniziatico nel quale i termini e le definizioni assumono necessariamente un valore diverso, il "vizio" al pari dell'altro termine che gli si contrappone, "virtù", indichi non già una qualità morale o comportamentale ma deve essere per definizione un vizio di valore metafisico, una categoria in senso Kantiano, in contrapposto al vizio o ai vizi del mondo fisico e terreno. E in buona sostanza ciò che potrebbe benissimo essere chiamato "male" purché non si dia a questo termine un significato deprecatorio in senso etico-religioso. E allora, in quale altro modo sarebbe possibile affrontare un vizio siffatto di cui abbiamo evidenziato le caratteristiche metafisiche per cui non è da confondersi con i "vizi" del mondo profano?
I1 Vizio così come evidenziato è puramente e semplicemente una forza avversa da sconfiggere. E, visto che non la si può estirpare (essa costituisce infatti l'inevitabile "alterità" rispetto alla virtù iniziatica) non vi è altro modo, altro rimedio se non chiuderla ermeticamente in "oscure e profonde prigioni". E da rilevare che sulla via iniziatica, "l'incontro" con le oscurità e gli aspetti terrorizzanti del "vizio" si presenta come una tappa necessaria e condizionante.
Il viaggio simbolico di Dante non è soltanto una discesa nelle profondità secondo il dettame ermetico-alchemico (visita interiora terrae), ma anche un'angosciante presa di contatto con quella che si potrebbe definire la "metafisica del vizio" fin nelle sue più profonde voragini, quale condizione necessaria per la successiva risalita. Tutto ciò compreso e chiarito, risulta fulgida l'altra branca della dicotomia, ossia, ciò che nel Rituale viene indicato con l'espressione "Elevare Templi alle Virtù".
Tutto è pronto. L'apertura del Libro Sacro alla pagina del Vangelo di San Giovanni, (il Vangelo della Luce), l'applicazione del compasso e della squadra, stanno a significare che tutta l'esperienza e la conoscenza passata entrano in campo per l'uso che se ne vuole fare.
La Saggezza secolare fissata nella Parola scritta, La Squadra ed il Compasso rimangono davanti al nostro sguardo per regolare le nostre azioni venendo a formare un unico sublime Simbolo.
OMNE TRINUM EST PERFECTUM.
IL LIBRO SACRO, la Luce sopra di noi, non come autorità dogmatica, ma come espressione della fede in un ordinamento etico dell'Universo;
LA SQUADRA, la Luce entro noi, il simbolo delle idee del diritto e del dovere, della attività etica;
IL COMPASSO, la Luce attorno a noi, il simbolo della Fratellanza al servizio dell'Umanità.
Dopo l'invocazione al GRANDE ARCHITETTO DELL'UNIVERSO, il ritmo dei colpi di Maglietto del Maestro Venerabile e dei Sorveglianti che l'assistono, parlerà una sua lingua particolare. Sempre e ripetutamente ricorda al massone che egli è "pietra grezza" che deve venire levigata se si vuole ricavarne una personalità libera ed eticamente individuata quale la richiede l'architettura dell'Umanità. La colonnina che alza il Primo Sorvegliante è la volontà, la mente creativa che si innalza al più alto vertice per la migliore costruzione dell'Opera. La colonnina abbassata del Secondo Sorvegliante, è la forza che si piega alla saggezza ed alla creatività.
L'accensione dei ceri mentre si impetrano buoni auspici, è l'atto di una cerimonia magica antica tendente ad unire il microcosmo al macrocosmo; ed in quell'attimo ciascuno, fratello dell'altro, sente di essere chiamato alla ricerca di sé medesimo. Ormai l'intero stato di coscienza dei Fratelli si è elevato, si è interiorizzato verso il Supremo Architetto dell'Universo, origine della Saggezza, origine della Forza, origine della Bellezza. Tutti hanno deposto "fuori" quanto è continuo oggetto dello sguardo critico ed ignorante del mondo profano. Il Presente, il Passato, il Futuro sono legati ormai in un indissolubile rapporto con il Grande Architetto dell'Universo il quale dal centro dell'esistenza ha inciso le linee su cui dobbiamo edificare il Sacro Tempio.
Il Mistero è nei Fratelli. Ogni Spirito si abbandona ad una fraterna atmosfera. Il Rituale ha rivelato che il Maestro Venerabile è la fonte della Luce. Il Secondo Sorvegliante stando a meridione marca il sole al suo meridiano, il punto più alto raggiunto in cielo. Il Primo Sorvegliante marca invece la fine del giorno, l'ora del tramonto. Il circuito è completo. Tutto è giusto e perfetto. Ed anche il segno e la batteria esprimono il compimento di quella catena di sentimenti realizzata attraverso la corrente di pensiero nella Solidarietà, nella Tolleranza, nella Comprensione, nella Fratellanza, ma soprattutto nell'Amore. Il Rito è compiuto.
I Lavori hanno inizio.
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