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Nella storia delle religioni di tutti i popoli del mondo,  albero e il serpente hanno una vasta e profonda simbologia. Il loro culto risale perciò, alla più remota antichità e si confonde con le prime idee cosmogoniche da cui nacquero le varie religioni.

Alla base delle prime idee cosmogoniche si riscontra presso tutti i popoli della terra, la venerazione delle forze vegetative, della virtù generatrice e della potenza vitale. Queste forze divine per le quali il mondo è uscito dal caos e si rinnova in una perenne rinascita, erano, simboleggiate appunto nell'albero e nel serpente che, fin dall'inizio della loro comune simbologia, rappresentavano la manifestazione dell'essere immortale.

L'albero, infatti, veniva rappresentato capovolto, con le radici che si abbarbicavano nella immensità del cielo e nascevano dalla Radice senza Radice dell'Essere integrale. Il suo tronco si sviluppava allargando in ogni senso i suoi rami lussureggianti dapprima sul piano della materia appena differenziata, e poi verso il basso, fino a toccare il piano terrestre. L'albero significava la potenza creatrice divina, e costituiva il simbolo della conoscenza sacra, cioè della scienza del bene e del male. Da ciò il suo accoppiamento col serpente, il quale aveva aspetti e significazioni mistiche il pari dello steso «Albero della vita», col quale si trova ovunque indissolubilmente ed emblematicamente collegato. Ecco perché, non è possibile studiare la significazione simbolica dell'albero senza studiare quella del serpente.

 

Anche la scrittura «sacra» da cui deriva ogni sapere e ogni conoscenza, era rappresentata dallo stesso «Albero della vita». La parola Lipika che viene riferita alla concezione della virtù generativa espressa dall'albero, significa propriamente «dragone» simbolo della saggezza che troviamo messo a guardia, dell' «Albero della conoscenza» o del «Pomo dorato» delle Esperidi, o degli «Alberi fronzuti» o della «Vegetazione» del monte Meru.

Si spiega così perché l'albero attorcigliato dal serpente sia uno dei più antichi simboli del mondo: simbolo della forza generatrice e della «conoscenza del bene e del male».

 

Giunone che porge a Giove, nel giorno delle sue nozze, un albero con un frutto d'oro, non è che una forma dell'idea di Eva che porgerà ad Adamo il pomo dell' «Albero della conoscenza e della vita», li serpente biblico, logos divino manifestato, invita perciò la coppia fisiologicamente perfetta a compiere il sacro mistero della generazione, che renderà «simili» a Dio creatore.

La potenza generatrice divina era nell'antichità ritenuta infusa in tutti gli esseri che possedevano vigore sessuale. Questi esseri erano rappresentati nel regno vegetale dall'albero, e nel regno animale dal serpente: saggezza e forza creatrice: «Albero della Vita» e di «Scienza del bene e del male». Attraverso il periodico ringiovanire dell'albero e le rinascite del serpente era venerata in tal modo la provvidenza e la sapienza divina che si manifestava nella materia e da essa si esprimeva. Questa concezione portò facilmente a quella del «logos divino» che, anche nel senso cristiano - verbum - non è che la divina virtù generativa.

 

É però noto che la virtù generativa si identificava, presso i pagani, col mito di Priapo. Gli antichi filosofi rappresentavano la forza sessuale creatrice nella misteriosa forma del Dio degli Orti, o Dio Pane, conosciuto col nome di Priapo, il cui attributo principale era il phallus eretto, espressione del potere attivo della generazione. Per il concetto di fecondazione, e anche per un certo avvicinamento esteriore, il serpente presso molte religioni, è stato quindi unito e confuso col membro virile (simboleggiato da Priapo) datore della vita: sicché phallus, il Dio Priapo e il serpente hanno rappresentato ugualmente la forza sessuale generatrice attiva infusa nella Natura.

Se non che il serpente, nel completare il simbolo dell'albero aveva significazioni non soltanto sessuali, ma assurgeva ad espressioni più alte e più vaste. Le leggende che si riferiscono a tali significazioni sono innumerevoli, e in massima parte allegoriche. Ma quelle che pongono in vista il suo carattere cattivo e diabolico, sono da classificarsi nella categoria delle favole basate sulla ignoranza e sulla superstizione.

 

Il serpente era presso gli antichi il simbolo della Saggezza e dell'Eternità e rappresentava l'Agathodaenaon, l'Ophis, o l'ombra della luce. L'Ombra è ciò che permette alla Luce di manifestarsi e le conferisce una realizzazione obiettiva: di conseguenza l'ombra non è affatto un «male», ma il corollario necessario e indispensabile che completa la luce, vale a dire un «bene». Il «bene» e il «male» sono quindi virtualmente la stessa cosa: essi sono esistiti da tutta l'eternità e continueranno ad esistere, necessariamente inseparabili, per tutta l'eternità.

 

Si comprende perciò come la prima coppia umana, dopo essere stata iniziata ai misteri della procreazione sessuale mediante l'opera di Ophis (il Logos divino) col mangiare il pomo della conoscenza, cominciasse a poco a poco ad essere accusata dalla posterità di aver commesso un peccato e di essere stata tentata dal serpente, il quale assunse perciò il carattere «cattivo», «attribuito al demonio».

Ma, in verità, il serpente non era che il Dragone della Saggezza. Ai saggi e agli adepti iniziati veniva infatti dato il nome di «serpenti» o di «dragoni». Era la loro saggezza e il loro sapere che veniva appreso e assimilato dai discepoli e che dava luogo alle varie allegorie. Quando, ad es. il Sigurd scandinavo viene rappresentato come colui che fece arrostire il cuore del dragone Fafnir che egli aveva ucciso, e come colui che era, in tal modo, divenuto il più saggio degli uomini, il significato è identico. Sigurd aveva imparata la profondità e la bellezza della magia: egli aveva ereditata la «parola» di un Iniziato dal nome Fafnir, dopo che questi era morto. Anche i Naga degli adepti indù e tibetani erano «serpenti» cioè «saggi» e non rettili o spiriti perversi. In Cina e in Giappone il serpente generava con donne un principe reale: tanto che fino ai nostri tempi gl'imperatori cinesi sono detti «Figli del Dragone».

 

Nei tempi arcaici il rettile era considerato, dal simbologisti, come il primo raggio di luce che abbia brillato dall' abisso del mistero divino. Ad esso perciò sono stati attribuiti simboli eccelsi ed adattate le più svariate forme cosmiche e astronomiche, teistiche e panteistiche, astratte e concrete. Troviamo così il Dragone polare, e la Croce del Sud, l'Alpha del Dragone delle piramidi e il Dragone buddista indù della saggezza, ecc.

Per tali attributi, dovendo simboleggiare i sette principi, che esistono nella natura e nell'uomo, i serpenti e i dragoni dell' antichità avevano sette teste. Ciò, secondo i dotti avrebbe fornito una base alla divisione simbolica del tempo a periodi settenari, divisione che trova nei fenomeni fisiologici della generazione sia nel mondo vegetale che nel mondo animale una misteriosa e profonda influenza specialmente nei riguardi delle fasi lunari che rinnovandosi ad ogni quattro settenari, regolano la vegetazione delle piante al pari che la generazione e la nascita degli animali e dell'uomo. Appare quindi anche da ciò una maggiore connessione tra il simbolo dell'albero, che rappresenta la forza generativa, e il serpente che esprime la virtù animale della generazione e il dono divino della conoscenza.

In tal modo, il pensiero filosofico degli antichi ha unito l'albero e il serpente in un simbolo solo, ponendolo a base di tutti i sistemi religiosi costruiti dai vari popoli, e presentati come ispirati da Dio.

 

Uno sguardo alla simbologia delle varie nazioni antiche mostra bensì la varietà e la trasformazione delle leggende e dei miti, ma conserva sempre elevato il concetto di espressione di «divinità» e di «vita»  contenuto nel serpente attorcigliato all'albero.

Il Lingam che è la prima forma del phallus egizio-greco-romano, simboleggia il serpente che si avviticchia alla divina trinità Brama-Visnù- Siva, e rappresenta con la yoni gli organi sessuali maschili-femminili. Esso è perciò l'«Albero della vita» o della «scienza dei bene e del male». Lo stesso Siva, androgine, datore e conservatore della vita, è espresso dal serpente.

 

Il buddismo non è che la sopravvivenza dell'antica religione naturale dell'albero e del serpente.

Per gli Egizi il serpente rappresenta il pneuma ridotto in corpo animale, lo Spirito che penetra il mondo e lo vivifica. E poiché non vi può essere vita senza nutrimento, il Serpente era, presso gli Egizi, considerato anche come il «Signore del cibo». La mitologia egiziana mostra infatti il Dio ithy-fallico Seb nell'atto di ricevere dal serpente Nebzefan un pomo da mangiare. Mito che, del resto, è in stretta relazione con l'offerta del pomo dell' «Albero della vita» fatta dal serpente stesso alla coppia sessuata nel «Paradiso terrestre».

Se nella favola egizia manca la coppia maschio-femmina, esiste però il simbolo evidente del potere generatore, espresso dal Dio ithy-fallico, che è sostanzialmente la stessa cosa. Ad ogni modo, anche qui, il serpente è il datore delta «vita» e non il ... «diavolo» tentatore e maligno.

 

Anche il Dio Esculapio nel famoso tempio di Epidauro era seduto sopra un trono impugnando il bastone con una mano e tenendo l'altra sul capo del serpente datore e conservatore della salute e della vita. Igea, che era la personificazione della salute, si raffigurava in piedi, avvolta nel chitone talare annodato sotto il seno, e con un serpente attorcigliato al suo corpo, bevente in una coppa tenuta in mano dalla dea.

L'albero e il serpente che noi troviamo sempre uniti nelle concezioni cosmogoniche e nelle espressioni simboliche della forza generativa della natura, rappresenta dunque l'idea primordiale dell'unione sessuale attraverso la quale si manifesta la virtù divina di generare, infusa in tutti gli esseri viventi.

 

Era naturale che l'uomo rivolgesse a questa forza ignota del cosmo il primo culto, come alla prima manifestazione della divinità, e che, venerando nell'Albero la forza vegetativa, elevasse nel tempo stesso il Serpente al più alto piano simbolico della potenza generativa, considerandolo come un emblema animale e una pura essenza spirituale, come una forza cosmica super-intelligente e uno spirito siderale aereo e terrestre insieme.

Bisogna giungere all'ignoranza medievale, perchè il serpente, «primo raggio di luce della sapienza divina» ed espressione del principio attivo della generazione, diventasse, a causa del mal compreso incidente di Eva, il simbolo del «male» e del «peccato».

In verità, il serpente dell'Eden biblico è l'Agathodaemon dei primi Cristiani e degli gnostici, perché simboleggia la sapienza divina e l'istinto del desiderio sessuale. Da esso, allorché la coppia umana fu fisiologicamente perfetta, partì l'invito all'accoppiamento misterioso che doveva far diventare l'uomo «simile a Dio» nel fenomeno della procreazione.

«Vedi — dice, infatti, l'Élohïm del Genesi - l'uomo è divenuto come uno di noi» (cioè come una potenza divina creatrice).

Tale è davvero la significazione simbolica dell' «Albero della vita», della «scienza del bene e del male» ; tale la missione allegorica del serpente, Agathodaemon, attorcigliato all'albero, che invitando l'uomo all'accoppiamento sessuale, gli fa conoscere la via per diventare, attraverso il profondo mistero della generazione, «simile a Dio» cioè «una potenza creatrice».

 

Pertanto, la favola del Genesi ebraico in cui si legge che il demonio, in forma di serpente, persuase Eva a mangiare il pomo «proibito» affinché diventasse simile a Dio, nella generazione, non è che la copia mal compresa, anzi incompresa, del mito ideato da popoli di più lontana antichità e pervenuto agli Ebrei attraverso la tradizione.

Mentre il mito originario adombrava il mistero naturale della generazione, mediante l'accoppiamento sessuale, e racchiudeva il concetto filosofico del bene e del male, la favola della Genesi è stata riprodotta in forma semplicistica e grossolana soltanto intesa a mettere in rilievo, insieme alla disobbedienza a Dio il  peccato d'amore  dei nostri primi genitori. Peccato che é stato poi dalla posterità considerato come «il peccato  per antonomasia» e tale da costituire la base e quasi la ragione unica della religione ebraica e delle varie religioni cristiane.

 

Agathodaemon che nella filosofia arcaica simboleggiava «il primo raggio di luce divina, e della scienza del bene e del male» nonché «il principio attivo della generazione», ha perduto, attraverso l'ignoranza dei posteri, il suo alto significato simbolico, pervenendo a noi soltanto come il tentatore, in forma di serpente, che nel giardino dell'Eden, attorcigliato ad un albero, indusse la prima coppia umana a commettere il «peccato d'amore» detto poi «peccato originale».