Fonte web:
La Voce delle Voci di Marzo 2011
Articolo a firma di Rita Pennarola
Don Luigi Villa ha dedicato tutta la vita
a scovare i massoni infiltrati nei gangli delle gerarchie ecclesiastiche e
dediti a stravolgere il cattolicesimo. Il teologo bresciano che rivendica
l'incarico ricevuto da Padre Pio e confermato da papa Pio XII. Fra loro,
quando parlano nelle segrete stanze, a bassa voce e usando un frasario in
codice, li chiamano “i Lupi”. Sono gli iscritti alla massoneria che vestono
l'abito talare, tutti generalmente assurti ai vertici delle gerarchie
ecclesiastiche anche grazie a quella inconfessabile affiliazione.
Ma chi sono, oggi, quei cardinali o vescovi, quei “santi uomini” al fianco
del pontefice, che sotto la tonaca indossano il grembiulino e, secondo l'ala
integralista ed antimassonica del clero internazionale, incarnano
l'espressione del maligno giunto a un passo dal Soglio di Pietro? Quali i
nomi? In che modo esercitano la loro azione quotidiana? Per avere un'idea
della portata che tali segreti rivestono nelle alte sfere vaticane, basti
qui ricordare che l'ultimo a pubblicare un elenco di “preti massoni” era
stato nel 1976 il direttore di OP, Mino Pecorelli, pochi mesi prima della
sua tragica fine. E oggi la questione può dirsi tutt'altro che chiusa, dal
momento che è ancora in vita un anziano, tenace sacerdote-giornalista, don
Luigi Villa che, attraverso il periodico Chiesa Viva, emette quasi
ogni mese un nuovo, documentato bollettino sui presunti misfatti commessi
dagli “adoratori di Lucifero” assisi sugli altari.
Fra le più recenti battaglie condotte da don Villa, una ci
riporta direttamente al cuore del problema. Si tratta della nomina, decisa
da Benedetto XVI ad aprile 2010, di monsignor Francesco Marchisano a vicario
generale dello Stato del Vaticano, nonché arciprete della Basilica Vaticana
e presidente della Fabbrica di San Pietro. Marchisano, che era già
responsabile della Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa
e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, secondo i documenti
pubblicati da don Villa, altro non è se non un potentissimo vertice della
Massoneria Universale.
Il caso, peraltro, è stato recentemente portato alla luce dal
giornalista d'inchiesta Claudio Prandini, redattore del sito internet
d'informazione che fa capo alle parrocchie di Fosdondo e Canolo, in
provincia di Reggio Emilia.
CACCIA AL "PRETE" MASSONE
Nel numero di Chiesa Viva successivo all'investitura di
monsignor Marchisano, don Villa pubblica, anche sotto forma di immagini, tre
lettere dei primi anni ‘60 scritte a mano ed inviate da un confratello, nome
in codice “Frama”, al Venerabile Gran Maestro del Grande Oriente di palazzo
Giustiniani. Laddove si dimostra che “Frama” sarebbe proprio lui, Marchisano,
mentre gli altri affiliati alla Loggia di cui si parla nelle missive
sarebbero altrettanti porporati d'altissimo rango, quali monsignor Pasquale
Macchi, segretario personale di papa Paolo VI (nome in codice “Mapa”), il
cardinale Michele Pellegrino (“Pelmi”), arcivescovo di Torino, o “Algo”,
sigla massonica di Alessandro Gottardi, arcivescovo di Trento. “Vino”, poi,
sarebbe stato un altro cardinale, Virgilio Noé, predecessore di Marchisano
nelle alte cariche del 2010. Franco Biffi, rettore dell'Università
lateranense, era “Bifra”, mentre dietro il nome “Salma” si celava l'abate
Salvatore Marsili e “Buan” stava per Annibale Bugnini, autore della riforma
liturgica sotto papa Montini. Scrive Prandini: «Arcivescovi, cardinali,
rettori di atenei pontifici: la massoneria ha perciò pianificato, anno dopo
anno, la sua infiltrazione ai massimi livelli della gerarchia ecclesiastica,
arrivando infine a circondare il soglio di Pietro? Davanti ai documenti di
don Villa è difficile non crederlo».
Attaccato da più parti, spesso “adottato” (forse suo malgrado) dall'estrema
destra, sfuggito a numerosi attentati, don Luigi Villa, prete comboniano, ha
fondato a Brescia l'istituto “Operaie di Maria Immacolata”, che guida ancora
oggi, così come, con piglio deciso, manda avanti la casa editrice “Civiltà”,
editrice del periodico e dei suoi libri. «Fu Padre Pio - spiega
Franco Addesa, biografo ufficiale di don Villa - che nella seconda metà
del 1963 affidò a don Luigi il compito di cacciare i massoni dal seno della
Chiesa». «Coraggio, coraggio, coraggio! - disse il futuro San Pio
all'umile sacerdote Villa - perché la Chiesa è già invasa dalla
Massoneria... La Massoneria è già arrivata alle pantofole del Papa».
Sommo pontefice era, in quegli anni, Giovan Battista Montini. E proprio a
Paolo VI don Villa ha dedicato alcuni dei suoi pamphlet al vetriolo.
Succede, per esempio, nel 1992, quando il cardinale Camillo Ruini propone di
avviare la causa di beatificazione per il successore di Giovanni XXIII. Una
scelta contrastata all'interno delle gerarchie ecclesiastiche almeno fino al
1997. Scrive in proposito Addesa: «Don Villa era a conoscenza del fatto
che il cardinale Pietro Palazzini aveva inviato al postulatore della causa
di beatificazione una lettera in cui faceva tre nomi degli ultimi amanti
omosessuali di Paolo VI». A febbraio ‘98 Villa pubblica il volumetto dal
titolo “Paolo VI è beato?”, nel quale fra l'altro viene spiegato che il
cardinale Palazzini possedeva «due raccoglitori di documenti che
dimostravano, in modo inequivocabile, il vizio impuro e contro natura di
Paolo VI».
Nel 2000 arriva in libreria “A Paolo VI un monumento massonico” nel quale
Villa, che identifica in quel pontefice un infiltrato della massoneria,
descrive l'opera scultorea eretta nella piazzetta del Santuario della Beata
Vergine Incoronata, sul Sacro Monte di Varese. «Il monumento - annota
Addesa - noto per la stranezza di avere una pecora con 5 zampe, fu
inaugurato il 24 maggio 1986 alla presenza del massone onorevole Giulio
Andreotti, del massone Segretario di Stato, cardinale Agostino Casaroli e
del massone monsignor Pasquale Macchi, segretario personale di Paolo VI, il
cui nome compare nella “Lista Pecorelli” insieme a quello del cardinale
Agostino Casaroli».
Villa, col suo lavoro certosino di indagine e documentazione,
mostra insomma un volto della Chiesa da brividi. E in più d'una
pubblicazione si sofferma, in particolare, sulla “Gran Loggia Vaticana” che,
oltre alle personalità già citate, comprenderebbe ad esempio il cardinale
Jean Villot, segretario di Stato di Paolo VI, di Giovanni Paolo I e di
Giovanni Paolo II, o Paul Marcinkus, il presidente dello Ior al centro dello
scandalo Sindona. «Pare che Albino Luciani - rincara la dose Prandini
- il papa dei 33 giorni (e ricordiamo che il 33 è un numero simbolico per
tutti i massoni), volesse fare pulizia all'interno del Vaticano, avendo
individuato l' “arrosto” massonico coperto dal “fumo” di Satana e molti, tra
cui don Villa, individuano in questa volontà manifesta le cause
dell'improvvisa morte di Giovanni Paolo I».
OBBEDIENZA DI DON ROSARIO
Mentre le “verità” fulminanti del sacerdote bresciano aprono la strada a
controverse interpretazioni, ivi compreso il “silenzio di piombo” delle
gerarchie ecclesiastiche ufficiali, c'é stato invece chi prete e massone lo
era di sicuro e, per di più, in forma manifesta. Stiamo parlando di padre
Rosario Esposito, originario di Pomigliano d'Arco, provincia di Napoli, e
scomparso nel 2009. Sacerdote della Congregazione Paolina, Esposito aveva
avuto però il tempo di affiliarsi ufficialmente alla Gran Loggia d'Italia,
componendo sull'argomento un poemetto teologico intitolato, non a caso, “Le
grandi concordanze tra Chiesa Cattolica e massoneria”.
«Carissimi Fratelli - esordiva padre Esposito nel suo discorso
dinanzi ai confratelli, riportato oggi nei volumi ufficiali della Loggia -
ho partecipato a tante cerimonie dell'uno e dell'altro gruppo massonico
italiano e sempre mi sono sentito profondamente commosso, ma questa mattina
davanti ad una manifestazione così, come dire, corale, io sto ringraziando
il Grande Architetto dell'Universo che non mi ha fatto commuovere fino al
pianto. (...) Fratelli siete e Fratelli vi ho sempre considerato, anche
quando ho dovuto sorbire il calice amaro dell'incomprensione, non da parte
vostra, mai, ma da parte dei miei, perché io presentavo a loro una pozione
non facile da assumere e bene o male, con maggiore o minore sforzo, ho
sempre fatto accettare il mio diritto a chiamarvi Fratelli».
Un'adesione, come si vede, tanto entusiasta da richiedere l'intervento
diretto di un'autorità, monsignor Gianfranco Girotti, reggente della
Penitenzieria Apostolica e a lungo collaboratore di Joseph Ratzinger, sceso
in campo dai microfoni di Radio Vaticana per ribadire che «i principi della
massoneria sono inconciliabili con quelli della fede cristiana».
L'esempio di padre Esposito resta, per gli alti gradi massonici, una pietra
miliare. Anche in seno al Grande Oriente d'Italia, i cui affiliati
cagliaritani lo celebrano ancora in pagine web recentissime, quelle dedicate
ad analizzare i rapporti fra scoutismo e massoneria. Ma, soffermandosi sul
versante napoletano, i confratelli sardi non potevano non lanciare uno
sguardo sulle investiture di gennaio 2001 ai vertici della Loggia
Bovio-Caracciolo. Certo, a Napoli gli “Esposito” sono migliaia, visto che si
tratta dei piccoli senza nome abbandonati nel corso dei decenni dalle madri
nubili alla celebre ruota dell'Annunziata. Fatto sta che l'attuale Gran
Tesoriere della Bovio Caracciolo, considerato una autentica potenza occulta,
è proprio un Esposito, per la precisione il commercialista Giovanni, asceso
così in alto nei ranghi massonici da essere oggi l'unico napoletano a sedere
fra i notabili del “mitico” e transnazionale Arco di York.
UN TEMPIO MASSONICO PER PADRE PIO
Il santuario di San Giovanni Rotondo dedicato a Padre Pio nasconderebbe un
atroce segreto: sotto le architetture sacre innalzate per la gloria di Dio e
del santo, sarebbero riconoscibili i più conclamati emblemi della
massoneria. Ne è convinto don Luigi Villa, che così argomenta la sua
strabiliante ipotesi: «Sui bracci inferiore e laterali della croce
custodita nel tempio sono rappresentati i tre stemmi dei gradi 11°, 22° e
33° della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato; inoltre, nella
parte centrale è rappresentato il grembiule massonico e sul braccio
superiore è rappresentato Lucifero, in diversi modi».
Progettata da una star internazionale come Renzo Piano, la nuova chiesa
nasceva sotto il coordinamento della Pontificia Commissione dei Beni
Culturali della Chiesa, il cui presidente era monsignor Francesco Marchisano:
lui, lo stesso porporato descritto sul periodico di don Villa come esponente
di punta della Massoneria infiltrata nei gangli del Vaticano.
Nonostante la raffica di pubblicazioni con cui don Villa accusava la Chiesa
d'aver dedicato a Padre Pio un «tempio satanico», e forse proprio con il
preciso intento di spegnere il fuoco di quelle polemiche, Benedetto XVI a
ottobre del 2008 si è recato a San Giovanni Rotondo per benedire l'edificio
sacro. E «papa Ratzinger - ricorda Villa - come sapete, fu creato cardinale
proprio da Paolo VI...».
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