Negli ultimi tempi, tra il clero cattolico, sembra stia emergendo qualche nuova attenzione, non più negativa, nei confronti del Risorgimento che, com’è noto, fu fecondato anche (e significativamente) dalla Massoneria, ma fortemente avversato dallo Stato del Vaticano (si pensi, ad esempio, alla politica antiliberale, antisocialista e antirisorgimentale di Pio IX e al Sillabo: 8 dicembre 1864), preoccupato più a tutelare i propri "particulari" vantaggi temporali, facendo prevalere la profana ragion di stato, che a favorire l’interesse generale dell’unità d’Italia. Fino al punto da rifiutare sdegnosamente (non possumus) ogni tentativo di soluzione pacifica della contesa, giungendo a drammatica rottura (con Vittorio Emanuele II) e costringendo il generale Raffaele Cadorna e l’artiglieria italiana ad aprire il fuoco sulle mura vaticane, aprendo una breccia nei pressi di Porta Pia, attraverso cui i bersaglieri entrarono in città. Ciò fu di notevole rilievo storico, perché in tal modo crollò il potere temporale dei papi e si spianò la strada alla soluzione (con la legge delle guarentigie, però rifiutata da Pio IX) dell’annosa "questione romana", premessa necessaria per far nascere uno stato laico, che, però, secondo la posizione cattolica, era una iattura, una barbarie, non una condizione di progresso civile, come generalmente viene riconosciuto. Ma, ahimé, ancora oggi c’è chi, come Indro Montanelli (v. "Corriere della Sera", 5 novembre 1999, p.41), continua una polemica di retroguardia culturale e di vetusto sapore curiale, disconoscendo sprezzantemente il valore del Risorgimento e insistendo con puntigliosità sui suoi presunti aspetti retorici, nonché sui relativi "orribili monumenti che lardellano le città italiane" (sic!). Egli inoltre nega l’importanza dell’azione di Porta Pia, definendola, con gratuita dissacrazione, una "questione balistica" e per di più "strombazzatissima"; mentre in realtà, come sappiamo, fu un episodio importantissimo di alta dignità civile nella storia dell’universale coscienza laica moderna. Diversa è, invece, la recente posizione del cardinale Giacomo Biffi che, nel corso di alcune conferenze tenute a Bologna nel maggio scorso, presso la sede dell’Istituto "Veritatis Splendor", ha rivalutato le passioni, le lotte e gli esaltanti ideali di quei padri ottocenteschi (tra cui la gran parte erano Liberi Muratori) che hanno fatto l’Italia e tracciato, contemporaneamente, le coordinate di uno stato veramente laico. Cioè, "uno Stato – secondo le testuali parole del cardinale – che non impone a nessuno né un credo religioso né una sua ideologia politica, ma lascia liberi i cittadini di vivere, di pensare, di parlare, di realizzarsi secondo le loro personali persuasioni, entro il contesto della comunità nazionale alla quale ciascuno appartiene per diritto nativo e non per graziosa concessione di qualche potente" (v. "Avvenire", 28 aprile 1999, p. 24). Proprio così. La coraggiosa e lucida affermazione (e conversione) dell’alto prelato è da plaudire. Questa inversione di giudizio rispetto al passato è significativa e ampiamente condivisibile, anche se va integrata, per obiettività storica, col contestuale riconoscimento dell’importante contributo dato, come s’è già detto, dalla Massoneria alla maturazione e affermazione di quegli ideali che hanno fatto l’Italia e gli Italiani. Un’altra recente posizione sui rapporti tra Massoneria e Risorgimento è quella d’un certo Achille Ragazzoni (v. Società segrete: mito e realtà, in "Secolo d’Italia", 5 giugno 1999, p. 20). In particolare, l’articolista scrive che la Massoneria non ha avuto alcun ruolo, se non del tutto marginale, nella maturazione del processo risorgimentale; semmai lo ha avuto "la Carboneria, che poco o nulla aveva a che fare con la Massoneria" (vedi più avanti il nostro discorso che, viceversa, prova il contrario). Per di più, la prima sarebbe stata fondata, secondo Ragazzoni, da ex affiliati alla Massoneria, da cui sarebbero usciti disgustati per il suo presunto atteggiamento anticristiano (1). Infine, come prova definitiva dell’inimicizia tra le due istituzioni, parla d’una persecuzione di Carbonari da parte del massone Gioacchino Murat, senza spiegare e storicizzare il fatto. Senza cioè spiegare che Murat agì in quell’occasione come despota ormai lontano dai principi liberomuratori. Tant’è che furono proprio i Massoni e i Carbonari insieme ad avviare delle attività contro il suo governo e, ancor prima, contro quello bonapartista quando questi, rispettivamente nel tempo, assunsero comportamenti tirannici. Murat, perciò, li represse perché erano diventati suoi avversari politici, non in quanto Carbonari nemici della Massoneria a cui lui precedentemente aveva aderito. Ora, rispondere alle varie insolenze che spesso vengono lanciate contro la Massoneria è una continua mortificazione. Significa scendere a livelli che non si addicono agli studiosi e agli amanti della verità. Evidentemente ancora brucia a molti la presenza massonica e carbonara quale fulcro dell’unità d’Italia. Ma se, a quasi centocinquanta anni di distanza, lo storico non riesce ad imporre la realtà dei fatti, che speranza ci può essere per la cultura dell’uomo e per lo sviluppo di una politica laica orientata verso il bene generale? Cercheremo perciò, su un piano di obiettività storica, di ricostruire con pacatezza e rigore i fatti attraverso cui s’è sviluppato l’apporto della Massoneria e della Carboneria al Risorgimento. Procederemo per punti. Gli obiettivi, in termini generali, si riassumono nella ricerca della libertà per un popolo ridotto in schiavitù, quindi nella lotta per l’indipendenza e per l’unità nazionale. Di qui la richiesta d’una Carta costituzionale per sancire anche in Italia i diritti universali dell’uomo e del cittadino, riconoscendone l’alta dignità e l’inalienabile valore; facendone per di più discendere l’istanza d’uno stato laico costituzionale, possibilmente nella forma istituzionale repubblicana e democratica, cioè a sovranità popolare. Tutto ciò come condizione irrinunciabile per realizzare concretamente – secondo l’ispirazione illuministica di matrice massonica e giacobina, la punta più utopicamente avanzata dell’intero movimento – "il regno della felicità, il regno dell’eguaglianza, della libertà e dell’abbondanza" (2), ponendosi così, sin dall’inizio, in certa misura, anche la questione d’una riforma sociale ed economica per affermare la libertà materiale dal bisogno, oltre la libertà politica. L’impegno per la realizzazione di questo complesso quadro programmatico fu pieno di difficoltà di varia natura. I governi restaurati dopo il Congresso di Vienna, sotto la benedizione del Vaticano (perciò il patto fra loro sottoscritto si chiamò Santa Alleanza), ostili a tutto ciò che avesse sentore di progresso, attivarono un duro controllo poliziesco contro ogni forma di rinnovamento politico e di costume. Perciò tanto i liberali quanto i giacobini e i riformatori in genere si videro costretti a intraprendere la strada d’una lunga e difficile attività clandestina, per organizzare una rete di centri rivoluzionari in ordine al rovesciamento del sistema liberticida imposto dalla ratio della Restaurazione e della suddetta Santa Alleanza. Si formarono così molteplici gruppi di resistenza e di azione per rompere questa dura repressione e per aprire la storia italiana al processo di liberazione dell’uomo. In questa prospettiva nacquero diverse società, motivate da un forte impegno etico-politico-patriottico, pur se obbligate per motivi storici oggettivi e di protezione ad operare in segreto (3). Si organizzarono quasi tutte su base iniziatica, derivando dall’antico e sempre vitale tronco della Massoneria, i cui ideali di libertà-uguaglianza-fratellanza ispiravano un ampio movimento d’innovazione storica sul piano delle libertà civili, ma pure sul piano economico, giungendo ad esplicitare programmaticamente l’istanza della distribuzione e comunione dei beni, già contenuta nel concetto iniziatico di comunità fraterna che ricostruisce simbolicamente il Tempio di Salomone, cioè la società di giustizia, virtù, amore. E, infatti, il massone Filippo Buonarroti, l’antico compagno di Babeuf, proprio ispirandosi agli ideali dei Liberi Muratori (con particolare riferimento alla società massonica degli Illuminati di Baviera (4)), lavorò instancabilmente per realizzare, attraverso la Massoneria e la Carboneria, ma anche attraverso organizzazioni iniziatiche da lui personalmente fondate, una società autenticamente egualitaria e comunitaria. In Italia le società iniziatiche segrete, sorte per motivi patriottici nel periodo risorgimentale, furono numerose (5). Queste, nel loro impegno socio-politico, ebbero indirizzo liberal-progressista e anche accesamente democratico. Come s’è detto, derivarono dalla Massoneria, da cui trassero, con alcune modifiche, il sistema di organizzazione interna, i riti, i simboli, le formule d’uso. La nostra opinione è che esse sorsero per supplire ad un impedimento della Massoneria che, in virtù del giuramento di Londra del 1717, sanzionato nelle Costituzioni di Anderson e seguenti, non poteva occuparsi di politica e di religione. Tali società, sulla base dei propri presupposti iniziatici, propugnavano la libertà in tutte le sue articolazioni (esistenziali, sociali, giuridiche); la lotta contro i tiranni; l’istruzione popolare; l’etica civica; il progresso dell’agricoltura e della tecnica; il benessere materiale e morale; la felicità. Tale patrimonio d’idee – che costituisce un vero e proprio nucleo organico di dottrina sociale massonica – è il programma essoterico (cioè popolare) su cui s’impegnarono siffatte società. Esse agivano attraverso iniziati e secondo un progetto che prevedeva, dapprima, l’organizzazione di moti patriottico-cospirativi contro i governi reazionari e oscurantisti, in ordine alla "distruzione del monumento di schiavitù, d’oppressione e di morte" qual è lo Stato dispotico, per poi costruire "l’edificio legislativo che garantirà l’abbondanza per tutti, l’eguaglianza [per tutti], la libertà per tutti" (6). Il fine ultimo: erigere la Casa di tutti i popoli, il Tempio dell’umanità, cioè il "buon luogo" (eu–topos) che ancora "non c’è" (ou–topos), ma che è destinato ad esserci, l’utopia massonica da realizzare (7). Le società iniziatiche segrete offrirono condizioni d’incontro tra liberali moderati e democratici radicali sulla base di un comune e molto sentito idealismo umanitario, articolato secondo la forma del "gradualismo massonico": ad un programma genericamente liberale nei gradi iniziatici inferiori, subentrava un programma integralmente democratico nei gradi superiori. I vincoli di solidarietà che le caratterizzavano nel costume interno s’intrecciavano pure tra i patrioti dei vari paesi, rendendo più difficile l’opera delle polizie e facendo sì che, spesso, allo scoppio della rivoluzione in uno Stato corrispondesse l’insurrezione in una serie di altri Stati. In più c’è da dire che, nel generale contesto della penisola italiana, caratterizzata da una marcata eterogeneità di regionalismi, costumi, parlate, politiche, la presenza di queste società, diffuse e attive su tutto il territorio, costituiva una rete omogenea per cultura, linguaggio, moralità, visione del mondo che trascendeva i localismi. Esse formavano di fatto delle comunità intrinsecamente coerenti le quali, nel loro seno, fecondarono il seme d’un’unità spirituale di popolo che si sarebbe poi sviluppata sino ad interessare tutti gli Italiani, sino alla costituzione unitaria dello Stato italiano. In questi stessi anni e in questo contesto si diffuse la Carboneria, anch’essa società iniziatica patriotticamente impegnata, la più famosa del Risorgimento, con il programma d’opporsi ad ogni forma di assolutismo, lottando per l’indipendenza e la libertà dei popoli oppressi, per una cultura progressista e tollerante e per l’affermazione di governi costituzionali, sino a rivendicare, nelle sue componenti più mature, un modello statuale chiaramente repubblicano e democratico. Sorta in Francia nei primi anni del XIX secolo (le sue origini, però, non si conoscono con precisione), proveniente dalla Charbonnerie della Franca contea, fu certamente un’emanazione della Franc-Maçonnerie o, almeno, di quella parte che si staccò da Napoleone Bonaparte quando questi assunse comportamenti dispotici. Sviluppatasi soprattutto tra i soldati francesi, fu da questi portata in Italia (ma per altre vie penetrò anche in Germania e Spagna), diffondendosi negli anni che vanno dal 1806 al 1812 nell’Abruzzo, nelle Calabrie e nel Napoletano, poi nell’intera Italia meridionale (1812-1817), con una significativa presenza in Puglia e nel Salento, in Terra d’Otranto. Negli anni successivi fu presente in tutte le province del Regno, collegandosi con altre società simili o assorbendole. In questa società, secondo quanto scrisse all’incirca nel 1824 lo storico e politico Carlo Botta, testimone diretto dei fatti, "entravano principalmente uomini del volgo" (8). Comunque, si radicò molto anche tra la borghesia cittadina (soprattutto) e fondiaria. Vi aderirono pure alcuni nobili sensibili alle idee liberali e riformatrici e membri del basso clero. Gli affiliati erano espressivi di tutto il popolo, tra essi infatti si notavano militari, professionisti, avvocati, notai, giudici, medici, farmacisti, impiegati, negozianti, imprenditori, studenti, artigiani, sarti, pellettieri, fabbricatori, venditori alimentari, caffettieri, cantinieri, contadini, domestici, proletari e sottoproletari, lavoratori d’ogni tipo (9). Lo storico inglese E. J. Hobsbawm ha scorto nei movimenti carbonari, soprattutto in Puglia, una delle manifestazioni esemplari della primitiva rivolta sociale. La cosiddetta "marmaglia", cioè il popolo diseredato di sempre o, almeno, una parte di esso, attraverso la Carboneria, acquistò una certa coscienza storica, abbozzò alcune analisi e scrisse sulle sue bandiere messaggi semplici, altamente significativi: "Filantropia", "Libertà europea", "Repubblica universale". La Carboneria meridionale sviluppò una forte sensibilità sociale e organizzò un’ampia partecipazione popolare alla vita politica. Si caratterizzò come il movimento attraverso il quale, nonostante molte contraddizioni, si riuscì a far penetrare una lezione di democrazia in tutti gli ambienti sociali e, significativamente, nel popolo più umile, contribuendo alla sua emancipazione culturale e materiale. Anticipò così quell’azione liberatoria ed educativa del personale politico che, nelle altre regioni d’Italia, più tardi svolse il mazzinianesimo (10). La filosofia politica della Carboneria fu d’impianto giusnaturalistico e democratico; il programma fu gradualistico. Infatti, organizzativamente, nel primo grado del suo ordinamento puntava tutte le sue energie sul varo di una Costituzione, accontentandosi pure d’una monarchia costituzionale, mentre nei gradi più elevati assumeva posizioni repubblicane e popolari, aperte anche ad istanze di riforma sociale molto avanzate. La Carboneria realizzava in sé, al suo interno (che ricalcava quello della Massoneria), il modello di società alternativa che intendeva costruire, perciò si configurava come un mondo compiuto, ordinato; e per aderirvi era necessario il requisito di Massone. Da questo complesso quadro emerge, in modo abbastanza evidente, come la Massoneria, con la costellazione delle società da essa fiorite (tra cui, come s’è detto, la Carboneria), sia stata la matrice del Risorgimento o, quanto meno, uno dei suoi fattori genetici più fecondi. Essa dotò la causa italiana dei tre fondamentali elementi che sempre sono decisivi per la concreta affermazione d’un progetto e d’un movimento nella storia: fornì il programma; formò la coscienza etico-politica; maturò il portatore storico, cioè il popolo, sensibilizzando e organizzando su tutto il territorio italico, attraverso ripetuti pur se tragici tentativi, vasti settori sociali, sino alla vittoria finale. L’apporto della Massoneria – intesa come principio etico-organizzativo di tutte le società iniziatiche segrete e patriotticamente impegnate – fu prevalente e determinante. Senza trascurare il fenomeno delle correnti e organizzazioni politiche che in questo periodo si andavano formando, è da segnalare che, significativamente, fu la società mazziniana Giovine Italia il primo partito politico democratico organizzato nella storia italiana: cioè un partito a base iniziatica, sia per modello organizzativo che per cultura. Successivamente, quando l’unità d’Italia fu raggiunta, il Risorgimento si compì, ma alcuni problemi rimasero irrisolti. Essi ebbero un’evoluzione e una fase di completamento negli anni a venire, e precisamente con il movimento di Resistenza, che fu movimento di lotta contro il tiranno fascista. Un fenomeno, questo, di ‘rinascenza’ che non a caso è stato chiamato – soprattutto da Giovanni Spadolini – il Secondo Risorgimento, con l’apporto ancora una volta, in certa misura, della Massoneria. Il programma ideale massonico continua anche oggi ad essere una guida per la realizzazione di una società di uomini liberi e di buoni costumi, rispettosi di tutte le opinioni e le concezioni. Un programma ideale che è alla base del progetto della Massoneria in attesa del terzo millennio. Gli avversari e i detrattori non impediranno ai Liberi Muratori di continuare a lavorare per il bene dell’umanità in continuità con il passato anche nel presente e nel futuro. 1. Cosa assolutamente non vera nella realtà dei fatti, ma solo nella fantasia del giornalista. Come prova di ciò basti sapere che i Massoni hanno tra i loro principali riferimenti sapienziali, rituali ed etici proprio il Vangelo di Cristo. 2. Prima istruzione del Direttorio segreto diretta a ciascuno degli agenti rivoluzionari principali, documento scritto da F.N. Babeuf, detto Gracco, in preparazione della nota Cospirazione degli Eguali (sta in F. Buonarroti, Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, Torino, Einaudi, 1971, p. 309). Le idee sociali babuviste passarono in Italia e nella Massoneria, quindi nella Carboneria, attraverso il Massone Buonarroti, riassumendosi nel principio di democrazia e di comunione dei beni e del lavoro. 3. Alcune di esse, in verità, erano già state costituite, sul finire del secolo XVIII, per contrastare i governi dispotici scaturiti dall’imperialismo napoleonico. 4. Fu istituita nel 1776, con un programma politico che prevedeva la "comunione dei beni". 5. Altre società similari, operanti nel medesimo periodo a livello internazionale, furono la Lega della virtù (Tugendbund) e la Società dei giovani (Burschenschaft) in Germania; la Società patriottica nazionale in Polonia; l’Eteria in Grecia; i Comuneros in Spagna. 6. Queste espressioni, prese ancora dal documento babuvista precedentemente segnalato (Prima istruzione ecc., op. cit., p. 309), sono qui richiamate perché rappresentative di idee comuni non solo alla generalità dei gruppi giacobini, ma pure alla generalità delle società di matrice iniziatica che, in quella difficile congiuntura storica, s’erano impegnate in favore dell’affermazione della giustizia sociale e della fratellanza universale, contribuendo così al crescere del movimento democratico europeo. Su influenza di Buonarroti, tali idee furono fatte proprie anche dai gradi alti della Carboneria. Di tutto ciò si riparlerà più avanti. 7. È significativo qui notare che, in lingua francese, la casa è detta "maison", "maçonner" significa edificare, murare, da cui "maçons" = i muratori e i "franc–maçons" = i franchi massoni o liberi muratori. In inglese, i termini equivalenti sono "masonry", l’arte o professione del muratore; "to mason", costruire; "mason", muratore, franco muratore, massone. 8. C. Botta, Storia d’Italia, Firenze, Tipografia Borghi e Compagni, 1835, 3 voll. (1534-1660; 1660-1789; 1789-1814), III, p. 461. 9. Ad esempio, dei 40 congiurati che la polizia sorprese a Modena, nel 1831, nella casa di Ciro Menotti, i due terzi erano operai e contadini. 10. Cfr. M. Themelly, Introduzione a L. Minichini, Luglio 1820: cronaca di una rivoluzione, Roma, Bulzoni, 1979. |