La Scomunica dei Papi
Al momento della distruzione della Massoneria italiana ad opera del Fascismo, ha avuto una gran parte il desiderio di compiacere alla più antica avversaria dell'Arte Reale, la Chiesa dei Papi. Mussolini poté in tal modo far dimenticare certi torti che aveva recato con tanta dovizia al cattolicesimo. La fine dell'attività del Grande Oriente in Italia dovette produrre in Vaticano il più grande piacere; un effetto, che spesso è stato nei desideri del Gran Consiglio del Fascismo nelle sue decisioni. Quando si dava la caccia alla Massoneria non si rendeva solo un servizio al Papa, ma si dava una nuova prova di forza del Fascismo. Quello che la Chiesa per due secoli aveva cercato invano di eseguire, Mussolini lo completò, con la sua azione brutale, in breve tempo. La lotta della Chiesa contro la Massoneria cominciò già quindici anni dopo la comparsa della Costituzione di Anderson. In quel tempo, la Società aveva già preso piede sul suolo italiano. Nel 1733, a Roma ed a Firenze, era stata portata la luce nelle Logge. Religiosi cattolici di tutti i gradi della gerarchia si erano uniti con uomini di stato, con diplomatici, con artisti, per lavorare assieme nelle Officine. Ciò non passò inosservato e provocò uno scandalo nei circoli vaticani, tanto più che, in altri paesi, fanatici religiosi avevano preso una netta posizione contro il pensiero massonico, che si diffondeva con una rapidità quasi paurosa. Il 25 luglio 1737, si riunì a Firenze, per iniziativa della Sacra Congregatio Inquisitionis - probabilmente sotto la presidenza di Papa Clemente XII una conferenza straordinaria, cui presero parte i capi delle tre cancellerie papali, i cardinali Ottoboni, Spinola e Zondadari, e l'Inquisitore del Santo Ufficio. Argomento delle gravi decisioni era la questione massonica. Quello che fu deciso alla fine della discussione, non fu reso noto in un primo tempo. Ma la «Vossische Zeitung» di Berlino, pubblicò poco tempo dopo, nel numero 85 del 1737 una corrispondenza dalla Lombardia, dove era contenuta questa notizia: «Il Santo Ufficio dell'Inquisizione, cui era stata denunciata la costituzione della Società dei Liberi Muratori, ha giudicato che sotto di essa deve essere nascosta un Molinismo segreto o Quietismo. E stata iniziata anche la persecuzione legale contro questa Fratellanza e diverse persone sono state arrestate, anche se si hanno buone ragioni per dubitare che i loro principi possano essere confrontati con alcune ispirazioni e con le alte considerazioni che si trovano invece nel Molinismo o Quietismo». In epoca successiva, in vari luoghi, si arrivò ad eccessi antimassonici. Si sentiva chiaramente che stava avvicinandosi qualcosa contro la Massoneria. E veramente, il 28 aprile 1738, il Papa Clemente XII emanò la prima bolla contro la Massoneria, diventata così famosa, che comincia con le parole «In eminenti apostolatus specula» e dovunque arrivò suscitò durevoli impressioni. Dal Papa, vecchio e malato, non ci si sarebbe aspettato un passo simile. Soprattutto non si sapeva con quale passione uno dei suoi confidenti lo sollecitava continuamente a scagliare la scomunica: lo amministratore dello stato pontificio, il cardinale segretario di stato, Giuseppe Firrao.
Nonostante la pesantezza della dichiarazione di guerra, la bolla non ebbe dovunque gli stessi effetti. Alcuni principi si affrettarono a conferirle subito la massima efficacia. Il re Augusto di Polonia proibì la Massoneria nel suo stato, ed il re Federico I di Svezia decretò la pena di morte a chi partecipava a riunioni massoniche. Per il governo temporale del papa, il cardinale Firrao emise anche un particolare editto, nel quale ai massoni veniva comminata la scomunica, la confisca dei beni e pure la pena capitale. Tanto odiosa era per Firrao la «setta», che il suo editto notificava che le case, dove avessero luogo riunioni massoniche, dovessero venir abbattute. In molti casi, alle minacce fecero seguito i fatti. La Massoneria, in quei tempi, dovette elencare un lungo elenco di martiri, maltrattati nella maniera più crudele dall'Inquisizione e perseguitati. In modo draconiano si comportò anche il Gran Maestro di Malta, che espulse a vita da Malta sei dei suoi cavalieri, perché non avevano obbedito al divieto di lavorare da massoni. A favore del vento contrario che spirava, giovò addirittura il trattamento che subì uno scritto a difesa della Massoneria. Nel 1738, fu pubblicata in francese, ma stampata a Dublino, la «Relation apologique et historique de la Société des F.M. par J.G.D.M.F.M.», di un anonimo. Essa non fu soltanto posta all'indice dall'Inquisizione, ma condannata al rogo per mano del boia; la sentenza fu eseguita con solennità il 25 febbraio 1739 sulla piazza S. Maria Minerva a Roma, dopo un servizio divino appositamente indetto. Il che non impedì però che l'Apologia fosse il libro sulla Massoneria più letto del 18° secolo; era un commento «semi-ufficiale» della costituzione e fu tradotto in tutte le lingue. Nella sola Germania, in un tempo relativamente breve, si arrivò a sei edizioni. Nel 1751, la seconda scomunica. Come il suo predecessore, Clemente XII, anche Papa Benedetto XIV emise una bolla contro la Massoneria «Providas». Le sue conseguenze furono molto più dure che quelle della prima. In Spagna, i Massoni furono incarcerati dalla Inquisizione, molti furono condannati alle galere; in un decreto, Ferdinando IV accusò tutti i Massoni di alto tradimento e li espulse dal paese. Particolarmente veemente fu il francescano Fra Giuseppe Torrubia, censore e revisore della Inquisizione a Madrid (Singer, «Der Kampf Roms gegen die Freimaurerei»). Per poter combattere meglio la Massoneria, egli si era fatto iniziare in una Loggia di Madrid, dopo essersi fatto dispensare, in precedenza, dal Penitenziere pontificio, in forma solenne, dal giuramento del silenzio che avrebbe dovuto prestare. In uno scritto d'accusa, che indirizzò alcuni mesi dopo ai suoi superiori, egli definiva i Massoni come Sodomiti e Magi, come eretici ed atei, e naturalmente, come agitatori oltremodo pericolosi per lo stato, che avrebbero dovuto «venir bruciati in un edificante autodafé per la maggior gloria della fede e rafforzamento dei fedeli». A queste estreme conseguenze, non si arrivò, ma fu messo un nuovo editto reale contro la Massoneria.
«Le lettere più sanguinanti della storia della Massoneria» furono però scritte dalla Inquisizione in Portogallo. Le torture, le galere, le deportazioni erano all'ordine del giorno. Ci porterebbe troppo lontano, rievocare le singole persecuzioni. I massoni resistettero però eroicamente. Molti furono i martiri dell'Arte Reale. Qua e là, le pesanti misure riuscirono provvisoriamente a far sì che le Logge sospendessero i loro lavori ed a mettere in fuga di quando in quando i Massoni, come quelli di Lisbona, ma non riuscirono a far cessare la Massoneria come tale, né la sua diffusione. A questo proposito è da ricordare che alle Logge Massoniche appartenevano già anche autorevoli religiosi cattolici e che esistevano Logge composte quasi esclusivamente da clericali. Lo scienziato tedesco Reinhold Taute si è addossato il compito di compilare un elenco di religiosi cattolici, che divennero massoni, nonostante tutte le bolle; questo elenco è addirittura infinito. Specialmente quando sotto papa Clemente XIV, cioè in un'epoca in cui in Prussia regnava Federico il Grande ed a Vienna Giuseppe II, ed in cui l'Ordine dei Gesuiti fu sciolto, non era affatto strano che preti secolari e monaci, parroci e cappellani, abati e prevosti, portassero il grembiule massonico e partecipassero attivamente ai lavori massonici. La Loggia «Zu den 3 Disteln» (Ai tre cardi) di Magonza era formata principalmente da religiosi; fra i fondatori della Loggia «Friedrich zu den 3 Balken» (Federico, alle tre colonne ) di Munster c'erano funzionari della corte vescovile, canonici, consiglieri vescovili ed ufficiali del vescovado. A Hildesheim, Kassel, Breslavia, Giessen, Fulda e Colonia, i religiosi erano massoni attivi. La Loggia di Erfurt «Karl zu den 3 Ràden» (Carlo alle tre ruote) fu fondata nel 1783 con la collaborazione del futuro vescovo primate Dalberg e, dopo una temporanea chiusura, riaperta nel 1803 nel convento di S. Pietro nell'abitazione del prelato ed abate Placidus Muth. Membri religiosi c'erano in tutte le Logge della Renana a Hannover, Monaco, Padeborn, Posen ed anche nelle officine della Austria-Ungheria. A Vienna, la Loggia «Alla costanza» aveva fra i suoi soci due predicatori della corte imperiale-regia, il rettore di un seminario di preti, due canonici; alla Loggia «Alla speranza incoronata» appartenevano tredici religiosi. Alle Logge di Budapest «Alla generosità» ed «Alle sette stelle» un vescovo, quattro monaci, un prete secolare, parecchi parroci. Analoga era la situazione a Praga, Briinn, Graz, Innsbruck, Linz, Agram, ecc. Anche in Svizzera, in Belgio, Francia, persino in Italia, Spagna e Portogallo, la Massoneria trovava innumerevoli aderenti fra il clero, alto e basso. Il deputato cattolico del Consiglio del Reich e della Dicta, Dr. Victor v. Fuchs, in una conferenza tenuta a Vienna nel 1897 «La Massoneria sotto Giuseppe II» (riportata in «Die Freimaurerei Oesterreich-Ungarns» Vienna, 1897) valuta che, solo per l'Austria, cento ottantacinque Massoni provenivano dal clero. Dei cinquecento e più preti cattolici, che Taute enumera uno per uno, vengono ricordati solo alcuni: Johann Baptist Albertini, rettore del seminario generale per l'istruzione e l'educazione del clero tirolese; Johann Baptist conte di Auersperg, principe vescovo di Passau; Principe vescovo Bevière von Lüttich; Dominikus von Brentano, cappellano di corte e consigliere spirituale dell'abate principe Honorius di Kempten; Johann Micheal Brigido von Breswitz, principe vescovo di Lubiana; abate Cordier de St. Firmin, Parigi, che Voltaire iniziò nella sua Loggia; Gottlob Amandus barone di Dalberg, Consigliere segreto del vescovo principe di Speyer; Johann Friedrich Hugo barone di Dalherg, membro del capitolo di Trier, Worms, Speyer; Karl Theodor Anton Maria barone imperiale di Dalherg, ultimo principe elettore di Magonza ed arcicancelliere elettore, più tardi principe primate della Lega Renana e granduca di Francoforte; abate Josef Debrowski, il primo promotore della letteratura ceca; il gesuita Lorenz Leopold Hashka, professore di estetica del Teresianum di Vienna, l'autore delle parole dell'inno popolare austriaco composto da Haydn; Urban Hauer, abate del famoso convento dei Benedettini di Melk nel Niederoesterreich, che iniziò nella Fratellanza quasi tutti i monaci della sua abbazia e sul letto di morte ordinò che lo si doveva porre nella bara con la cazzuola e col grembiule, vestito dell'abito sacerdotale, e che si dovesse inchiodare la bara col mazzuolo da Maestro; Johann Josef Klampt, canonico e parroco del duomo di Glogau; l'abate Franz List, (il grande compositore, autore degli splendidi oratori «Christus», «Leggenda della santa Elisabetta» ecc. che testimoniano di un sentimento religioso infinitamente profondo, che fu iniziato nel 1841 nella Loggia «All'Unità» di Francoforte sul Meno; Nordez, vescovo di Digione; l'arcivescovo Podowski di Gnesen; Franz Poschinger, sacerdote della regia-imperiale corte di Vienna; Nikodem Pucyna, principe vescovo di Wilna; Louis René Edouard principe di Rohan, cardinale e principe vescovo di Strasburgo; Maximilian Verhovac, arcivescovo di Agram, il cui ritratto è ancora oggi appeso nella Loggia intitolata al suo nome; Franz Karl conte di Wellbrück, principe vescovo di Lüttich.
Qui non si tratta solo di preti tiepidi nell'esecuzione del loro ufficio religioso, ma di dignitari, che appartenevano per lo più alle cariche più eminenti del loro stato. Essi tutti dovevano essere perfettamente consci che la Massoneria rappresentava qualcosa di tutt'altro genere di quanto fosse leggibile nelle ordinanze papali. Ma essi non furono capaci di arginare la corrente di odio che si riversava sulla Massoneria.
Nel '60 e nel '70 del 18° secolo, la campagna d'odio cominciò ad estendersi in Germania. Di qual genere essa fosse, lo si può capire dalla predica del cappuccino P. Schuff, nel duomo di Aquisgrana, che nel carnevale 1778 appoggiato dal domenicano P. Greinemann, così disse: «Gli ebrei, che crocifissero il Salvatore, erano massoni; Pilato ed Erode erano i capi di una Loggia. Giuda, prima di tradire Gesù, si era fatto iniziare massone in una sinagoga, e quando consegnò i trenta denari, prima di andare ad impiccarsi, non aveva fatto altro che pagare la tassa di iniziazione nell'ordine». Ma contro tali espressioni, nemmeno i Massoni rimasero quieti ed esistono numerosi pubblici documenti di quell'epoca, in cui fu protestato assai decisamente contro il cieco fanatismo furioso. Un giornale renano aveva appena pubblicato le torbide calunnie, quando un principe tedesco scrisse ai due padri la lettera seguente, che fu per molto tempo attribuita a Federico il Grande, ma di cui solo recentemente fu contestata la paternità:
«Venerabilissimi miei Padri! Diversi rapporti, convalidati dai pubblici giornali, mi hanno informato dello zelo con cui Vi dedicate ad affilare la spada del fanatismo contro persone quiete, virtuose e dabbene, che si chiamano Massoni. Quale vecchio dignitario di questo rispettabile Ordine io debbo, per quanto sta in mio potere, respingere le calunnie che li disonorano e cercare di cacciare dai Vostri occhi il velo oscuro che Vi raffigura il tempio - che noi dedichiamo a tutte le virtù - come il luogo di raccolta di tutti i vizi. Come volete, venerabilissimi miei Padri, riportate fra noi quei secoli di ignoranza, di barbaria, che furono la vergogna del pensiero umano? Quei periodi del fanatismo, verso i quali l'occhio della ragione non può volgersi senza ripugnanza? Quei periodi in cui l'ipocrisia, assisa sul trono dei dispotismo, mise in catene il mondo e - senza alcuna discriminazione - faceva bruciare come stregoni tutti coloro che sapevano leggere? Voi non solo date ai Massoni il nome ingiurioso di stregoni, ma li accusate di essere dei furfanti, dei sodomiti, degli uomini perversi, precursori dell'Anticristo ed esortate un popolo intero a distruggere questa maledetta genia. Venerabilissimi Padri miei, i furfanti non si fanno un dovere, come noi, di assistere i poveri e gli orfani; anzi, i furfanti li depredano, li derubano spesso della loro legittima parte di eredità e si nutrono della loro preda, vivendo in ozio e nella ipocrisia. I furfanti infine ingannano gli uomini; i Massoni li illuminano! I sodomiti non sono adatti a riempire lo stato di buoni padri di famiglia; ma un massone, che torna dalla sua Officina, dove ha ricevuto solo l'insegnamento di amare l'umanità, sarà, nella cerchia della sua famiglia, un padre migliore, uno sposo migliore. I precursori dell'Anticristo rivolgerebbero probabilmente tutti i loro sforzi alla distruzione delle leggi dell'Altissimo; i Massoni non possono invece trasgredire a tali leggi, senza abbattere il loro stesso edificio. E come potrebbe essere una razza maledetta quella di coloro che ripongono la loro fama nella instancabile diffusione di tutte le virtù, che costituiscono il patrimonio di un uomo onesto? Potsdam, 7 febbraio 1778»
Quando nel 1784, in Baviera, fu emesso un divieto contro la Massoneria, uno dei più famosi massoni del suo tempo, l'eminente naturalista viennese Ignazio Edler von Born, M:. V:. della Loggia «Alla vera concordia» di Vienna, restituì il suo diploma di membro dell'Accademia delle Scienze di Monaco e della Società degli Studiosi di Baviera, con una lettera, in cui faceva un'appassionata dichiarazione di appartenenza alla Massoneria, come ad un'associazione il cui «sostanziale segno di riconoscimento è la rettitudine, ed i cui principali doveri sono il timor di Dio, la fedeltà ai sovrani, l'amore per il prossimo».
Nemmeno nel XIX secolo, si affievolì la lotta della chiesa contro la Massoneria. Pio VII, che ripristinò l'ordine dei Gesuiti, fece affiggere nel 1814 sulle porte delle chiese una nuova bolla contro la Massoneria, cui fece seguire poco tempo dopo, una seconda «contro il cancro e la micidiale peste della società», come egli chiamava la Massoneria. Specialmente in alcuni stati neo-latini essa ebbe, come conseguenza, nuovi arresti di Massoni che, in particolare, furono accusati di «ammettere nel loro Ordine, uomini di ogni classe e nazionalità, di ogni moralità ed ogni culto». Nel 1823, Leone XII emise la bolla «Quo traviora mala». A seguito di questa, nel 1825, furono impiccati sette massoni spagnoli, che erano stati sorpresi durante una iniziazione. Gli anni seguenti registrarono esecuzioni capitali a Granada, Barcellona ed una notte di sangue a Lisbona. Da parte delle Cancellerie spagnola e portoghese, la caccia contro la Massoneria fu addirittura sfrenata. «Fratelli in Cristo, ripetete con me: morte e distruzione ai Massoni. che devono venir sterminati fino all'ultimo», predicava a Lamego il francescano Espadeiro. Anche Pio VIII, che rimase sul trono pontificio solo un anno, scomunicò i Massoni e così il suo successore, Gregorio. Pio IX, che fu pontefice per trentadue anni (sotto il suo pontificato, la infallibilità fu elevata a dogma) condannò non meno di otto volte la Massoneria, con encicliche ed allocuzioni. Per lui, la Massoneria era la «Sinagoga di Satana», una «setta maledetta e detestabile della distruzione». Contro questa sentenza, si levò uno dei più noti Massoni di Germania, Bluntschli, famoso professore di diritto pubblico a Heidelberg, in una lettera aperta (1865), che ancora oggi può servire da risposta agli attacchi da parte cattolica. Bluntschli, allora M:. V:. della Loggia «Ruprecht alle cinque Rose», così si espresse:
«Non è la prima volta che un papa romano ha lanciato la sua scomunica contro il nostro rispettabile Ordine. Già Clemente XII l'aveva fatto il 28 aprile 1738, e Benedetto XIV ha confermato la condanna del suo predecessore il 18 maggio 1751, motivandola meglio. Da allora, si sono comportati in eguale maniera Pio VIII e Leone XIII. Ma ogni volta inutilmente, come l'attuale pontefice ha vivamente lamentato. Queste condanne della cattedra papale non presentano alcuna analogia con le decisioni della nostra corte di giustizia. Là, l'apertura del processo viene dato da calunnie segrete, che non vengono comunicate all'imputato. Non esiste pubblica accusa e nemmeno una difesa, né pubblica né privata. Là, mancano tutte le garanzie per una procedura imparziale e per una equa condanna. Il sospetto sostituisce la prova, la colpevolezza viene presunta, un uomo viene condannato senza essere stato ascoltato. La società dei Massoni, essendo una società di uomini liberi, è fedele alle leggi dello stato, ma poiché non è un istituto religioso e come tale non appartiene a nessuna chiesa, non è sottoposto a nessuna autorità religiosa. Per la nostra società, la condanna papale non costituisce una forza impegnativa. Ma se anche il capo supremo della chiesa cattolica ci condanna, senza averci ascoltato, siamo noi che vogliamo sentire le sue ragioni ed esaminare dove egli fonda la sua opinione. Il primo e più importante motivo, che tutti i papi hanno premesso alle loro sentenze di condanna, è il fatto che la nostra società unisce, come fratelli, uomini di diverse religioni e sette e Benedetto XIV disse a questo riguardo che, in tal modo, viene turbata la purezza della religione cattolica. Questo primo e pesante rimprovero, Fratelli miei, riconosciamolo chiaro, ha base di realtà. Ma se è un delitto che uomini di diversa fede si tendano amichevolmente la mano, senza riguardo alle loro credenze religiose, allora siamo rei confessi di questo delitto. Appunto, la nostra istituzione, dalle sue origini, e sempre più decisamente nel tempo, ha riconosciuto la veridicità del fatto che nell'ambito di tutte le religioni, ci sono uomini rispettabili e capaci, ben meritevoli di considerarsi fra loro Fratelli ed amarsi. In tutti i tempi, l'associazione massonica ha considerato ogni persecuzione di un uomo, a causa della sua diversa fede, come un oltraggio all'umanità. L'adempimento dei doveri morali è apprezzato dai Massoni molto più che tutte le credenze bigotte. Ma tutte queste massime, che per lungo tempo dovettero rimanere segrete nelle Logge oggi, nonostante tutti gli sforzi contrari degli attivisti religiosi, sono diventate veramente i principi del mondo colto ed hanno trovato la conferma nelle leggi di tutti gli stati civili. Se per questo la Massoneria viene condannata, sono partecipi della stessa condanna anche il mondo della cultura e gli stati civilizzati. Grazie a Dio, una scomunica scagliata in base a questo motivo, non ha, ai giorni nostri, alcun effetto infamante, ma rivela l'oscurità profonda della intolleranza, che l'ha originato. Tale azione fa vedere al mondo di quanto Roma sia rimasta indietro nel progresso morale dell'umanità. Il secondo movente della condanna di Benedetto XIV è il segreto, di cui si copre la nostra istituzione. In effetti, questo segreto che noi giuriamo, ha suscitato, da tempi lontani, molti sospetti ed ha prestato il fianco ad alcune false interpretazioni. Ma voi sapete anche quali grossolani malintesi e purtroppo non solo al di fuori dell'ambito della istituzione - si colleghino ad esso. Né i principi né gli scopi dell'istituzione, né la sua esistenza né i suoi membri nelle loro residenze sono più segreti, al giorno d'oggi. Chiunque lo desideri, può facilmente istruirsi su tutto ciò. Segreti devono rimanere i segni di riconoscimento, onde i Fratelli possano ovunque ritrovarsi anche all'estero, ancora più facilmente, e segreti sono i lavori all'interno delle Logge, per cui ivi ci si possa aprire con piena reciproca fiducia, e le opinioni possano venir espresse più liberamente. L'azione, silenziosa, e personale, che l'istituzione pratica sul carattere e sulla vita morale dei suoi membri, ha bisogno di una tale protezione. Ed è forse diverso quanto succede nella chiesa cattolica? La confessione è segreta o pubblica? Le discussioni degli ordini cattolici e delle autorità avvengono forse in pubblico? Ed ogni famiglia, ogni ristretta cerchia di amici, ogni società privata non ha forse i suoi segreti? Forse in questo riguardo, le nostre Logge sono ancora troppo scrupolose, in un momento che ama la pubblicità. Ma mai una tale timida sollecitudine può venir denominata delitto e giustificare una condanna... Quando infine Benedetto XIV si rifà al diritto romano, che non permetteva riunioni o corporazioni, ciò non riguarda il diritto della chiesa. La maggior parte degli stati civili - ed in questo caso solo la loro decisione può essere invocata - hanno già molto prima lasciato esistere e vivere il nostro Ordine, senza opporvisi, dopo avergli riconosciuto - diversamente al diritto del romano impero - il comune diritto della libertà d'unione. Pertanto si dimostra assolutamente privo di fondamento anche questo motivo, in base al quale singoli governi hanno proibito la Massoneria. Laddove questo avviene in via eccezionale, le Logge di quel paese si sciolgono in obbedienza all'ordine, e con ciò stesso confermano il loro ossequio alle leggi dello stato. Infine, quale ultimo motivo della sua condanna, Benedetto XIV adduce il fatto che molti uomini, saggi e costumati, hanno un'opinione contraria alla Massoneria. Quanto poco però si possa basare una condanna su ciò dovrebbe pensiamo essere chiaro anche a Roma perché, senza dubbio, ci saranno anche molti uomini saggi e costumati che hanno un'opinione contraria a tutti gli ordini c conventi religiosi, se non addirittura a tutta la gerarchia romana. Di tutti questi motivi, solo il primo è vero cd importante. Ma lo stesso motivo per cui il papa ci condanna, è - agli occhi del mondo civile il maggior vanto della nostra istituzione. Molto più duramente del suo predecessore sulla cattedra papale, si esprime Pio IX contro la Massoneria. In verità, in nessuna epoca, lo stile romano ha avuto carenza di parole terribili. Ma se l'editto attuale di Pio IX supera le precedenti condanne in un veemente accesso di collera, noi, dobbiamo considerare ciò come un sicuro indizio della dannosa influenza, che i nostri peggiori ed implacabili nemici, i Gesuiti, hanno avuto sull'animo e sul giudizio di un papa mite per natura. Egli chiama la nostra società setta criminosa, anche se a lui non sia stato segnalato alcun delitto se non quello della tolleranza fra gli uomini, e setta immorale, anche se la legge morale è il vero principio di vita della Massoneria. Egli ci accusa di aver provocato rivoluzioni e guerre, tramite le quali l'Europa è stata incendiata, mentre invece tutti sanno che i turbamenti e lc guerre in Europa sono state provocate da forze di tutt'altro genere e più potenti di quelle a nostra disposizione e che ogni persona pratica ha chiaramente in mente che la nostra società richiede dai suoi membri la scrupolosa osservanza delle leggi dello stato, che le Logge, per statuto, si astengono da ogni partecipazione attiva alle competizioni politiche del momento e perseguono solo scopi umani e morali, che le nostre Officine sono luoghi di pace e terreni neutrali, le cui soglie non devono essere oltrepassate dalle passioni di parte. Ci viene rinfacciato di essere pieni di rovente odio contro la religione cristiana senza pensare che noi, per principio, rispettiamo ogni fede sincera, senza pensare che la maggioranza dei Fratelli professa la religione cristiana, senza pensare che l'ideale morale, che Cristo ha rivelato al mondo con la sua vita e col suo insegnamento, non può venir considerato da un'associazione morale se non con ammirazione e venerazione. Egli dice che noi abbiamo sentimenti ostili contro Dio, per quanto noi rivolgiamo k nostre preghiere a Dio cd attingiamo dalla divina fonte dell'intera vita morale, il nostro ristoro morale. Inutilmente, egli chiede in suo aiuto contro di noi la forza dello stato: l'autorità dello stato non ha nessun timore della nostra attività, essa sa bene che noi siamo cittadini pacifici e fedeli. Fratelli miei, non seguiamo l'esempio del principe della chiesa romana. Non rispondiamo alla ingiusta accusa. Non opponiamo, alla maledizione della chiesa, le nostre imprecazioni. Abbiamo compassione dell'infelice accecamento di un venerando vecchio, la cui anima è stata ingannata e mal guidata. Preghiamo l'onnipotente ed onnisciente Signore Iddio, perché distrugga il fantasma che ha infiammato lo zelo di collera del papa e faccia riconoscere al suo spirito la semplice verità, onde egli trasformi la sua maledizione in una benedizione!»,
Questo coraggioso comportamento ebbe naturalmente poco effetto. Ancora due volte Pio IX si scagliò contro la «società scellerata» e così fece più tardi Leone XIII, il quale nella sua enciclica «Humanum genus» del 1884 - cui si riferì anche Pio X - bollò la Massoneria come «opera del diavolo», come «epidemia immonda». Egli si basava su due lavori, comparsi alcuni anni prima, del gesuita S. H. Pachtler: «La guerra silenziosa fra Trono e Altare» (Amberg, Habbel, 1873) e «Il Goetze della Umanità» (Freiburg, Herder, 1875), dove la Massoneria veniva indicata come «l'orribile sistema nella profonda deviazione degli spiriti e dei cuori», come «portatrice della umanità antiteistica», senza che venisse portata la benché minima prova per queste affermazioni, nonostante tutti i sofismi delle deduzioni e tutti i «documenti».
La enciclica di Leone XIII, che oscurò largamente la bolla di Pio IX, rappresentò forse la manifestazione più importante della cattedra papale contro la Massoneria e fu di così grande interesse per tutto quanto avvenne contro la Massoneria a cavallo del secolo XX ed anche fino ai giorni prima dello scoppio della guerra mondiale.
A questa enciclica seguirono infinite lettere pastorali, prediche e libelli. Su giornali, riviste, libri, i brani del comunicato del papa furono trionfalmente riprodotti ed anche, se possibile, resi ancora più villani. È evidente che a queste pubblicazioni seguirono anche manifestazioni contrarie. Per anni, infuria, questa violenta lotta. In questo scontro, gli aggressori subirono uno scacco, che scosse profondamente la fiducia delle innumerevoli persone, che finora avevano preso per oro colato quello che di falso veniva loro ammanito. Si trattava del grottesco imbroglio di Leo Taxil, uno scherzo che ha raggiunto la celebrità di una storia del mondo e che quando cominciò, sembrò essere la mazzata decisiva contro la Massoneria ma, quando finì, suscitò in tutto il mondo una risata irrefrenabile nei riguardi dei nemici della Massoneria.
Non possiamo naturalmente approfondire qui questa questione, che nel 1890, tenne vergognosamente in ansia l'intero mondo cattolico ed anche molti non cattolici, ma il lettore curioso può consultare in questo stesso portale l’ampia sezione dedicata a Leo Taxil:
Leo Taxil: storia di un impostore Il lunedì di Pasqua del 1897, scoppiò la bomba. Quel giorno, Loo Taxil aveva convocato una grande riunione nella sala della Società Geografica di Parigi dove, dopo «il sorteggio di una macchina da scrivere» avrebbe dovuto aver luogo una conferenza con proiezioni sul culto palladista. Taxil non tenne la conferenza, ma comunicò ad un uditorio attento e numeroso, che era riuscito a dar vita alla più grande mistificazione dei tempi moderni, che miss Vaughan non era mai esistita e che egli aveva gabbato per ben dodici anni, nella maniera più tremenda, i capi della chiesa cattolica. L'impressione che suscitò questa rivelazione fu assai più grande della mistificazione stessa. Non solo nella assemblea, che finì in schiamazzi e confusione, ma nella opinione pubblica. Per un certo tempo, non si parlò più di Lucifero, dei diavoli Bitru e Asmodeo.
Ma solo per un poco di tempo. Perché non si deve pensare che la credenza del «culto di Satana da parte dei Massoni» sia definitivamente scomparsa. Fino ai nostri giorni, vi si crede ancora, ostinatamente. E non solo gli ingenui, che si lasciano convincere di queste cose, non è passato nemmeno un anno, che nella «Semaine religieuse» di Grenoble, è stato pubblicato un documento, di un religioso francese, dove si dimostra che Satana in persona gli si era fatto incontro in un tempio massonico. Ma coloro che ebbero la grande vergogna cui si erano esposti, cercarono di cancellare la brutta impressione, che lo scandalo Taxil aveva originato nei circoli culturali, buttandosi con tanta maggior foga sulle altre «infamie» dei massoni, indicate nella enciclica del 1884.
Si poté ben dire che la massima parte delle favole e delle diffamazioni nel campo politico, culturale e sociale, che sono di moda contro la Massoneria, provengono dall'ambiente cattolico. Come sempre, un'intera schiera di organizzazioni antimassoniche è all'opera. Soprattutto in tale campo, la Francia fornisce forti truppe d'assalto. In uno scritto, comparso recentemente, di R. Mennevee «L'organisation antimaçonnique en France» viene descritta, con l'ausilio di innumerevoli documenti, la furiosa lotta cui ancora oggi, giornalmente, è esposta la Massoneria. La perdita della battaglia campale avvenuta quando Leo Taxil ed i suoi complici erano stati mandati nelle file più avanzate del fanatismo, non fu affatto demoralizzante. Come funghi, molto presto sorsero dal suolo nuove leghe anti-massoniche. Ed ai giorni nostri, non è successo nulla di diverso.
Nella battaglia sono entrati anche numerosi quotidiani. Inoltre, una serie di riviste mira esclusivamente a combattere la Massoneria. Anzitutto, la «Revue Internationale des Sociétés Secrètes» (R.I.S.S.) che unisce l'antimassoneria con un frenetico antisemitismo e persevera nel diffondere la storiella che gli ebrei hanno in programma la instaurazione di una dominazione universale, e poi i «Cahiers de l'Orde» i quali, anche essi antisemiti, perseguono soprattutto lo scopo di unire in un unico mazzo Massoneria e Soviet. Merita un accenno anche il «Comité pour le bon goût français et chrétien» che scende in campo contro le pettinature alla maschietta e le gonne corte «diavolerie massoniche». La più forte si dimostrava però il «Reveil français», la rivista alle dipendenze di Emile Bergeron, che non si vergogna di gareggiare con le più stupide pubblicazioni ed ammanisce di nuovo ai suoi lettori il culto massonico di Satana.
Dalle encicliche, che abbiamo citato, dalla saggia analisi del Professor Bluntschli, se ne può capire abbastanza: il dogma rivelato, già l’abbiamo detto una volta, contro l'adogma (la assenza di ogni dogma).
Già nella prima bolla del 1738, fu espresso con somma concisione, il convincimento di quanto pericoloso fosse per la Chiesa che la Massoneria potesse essere «un centro di unificazione ed il mezzo per stabilire una sincera amicizia fra persone che altrimenti avrebbero dovuto rimanere per sempre lontane», indipendentemente dalla religione cui appartengono, data che essi si ritrovano «nella religione cui tutti gli uomini concordano...». Questa convinzione, che vede in una simile collaborazione un grave pericolo per la purezza della religione cattolica è manifestata anche - in relazione alle conferenze religiose degli ultimi anni - nella più recente enciclica di Pio XI, di per sé non diretta contro i Massoni, sulla «Unità della Chiesa»; essa condanna gli sforzi «che vengono fatti per associare la religione vera a quelle false, per suscitare la credenza che tutte le religioni sieno buone». E perciò, e fino ai giorni nostri, viene proclamato questo insegnamento fondamentalmente errato: «Scopo della Massoneria è la distruzione della attuale civiltà cristiana e la instaurazione del dominio del mondo da parte della associazione massonica che vuole porre al loro posto una civiltà naturalistica, ateistica con scienza e ragione quale religione... L'intima essenza della lotta è quindi di natura spirituale. È il dissidio fra il naturalismo e l'idea cristiana, fra il diritto divino ed il diritto umano».
Su tale questione, si può solo rispondere come già nel 1757, il commerciante francese Tourson nel corso dell'interrogatorio della Inquisizione spagnola di Madrid, che lo aveva arrestato con la imputazione di attività massonica. Alla domanda, se egli era cattolico, egli rispose (Arthur Singer: «La guerra di Roma contro la Massoneria») : «Sì. Però nella Massoneria non si professa l'indifferentismo nelle questioni religiose. E ciò è tanto vero, che per venir iniziati Massoni, è indifferente se si è cattolici oppure no. Scopo della nostra associazione non è la disputa o la negazione della necessità e della utilità di una religione. Nelle Logge Massoniche, l'attività non è rivolta a discutere o a difendere il mistero della Santa Trinità, ad approvare o condannare il sistema religioso dei filosofi razionalisti».
Molte volte, dai cattolici è stato fatto un fascio unico di Massoneria e Protestantesimo. Una posizione che talvolta è stata accettata da parte protestante. Così, in un suo eccellente libro «I Massoni alla luce della storia della religione e della chiesa», un famoso Massone, il pastore comunale Dr. Gotthilf Schenkel ha esposto la tesi «che proprio gli uomini, i quali - per la conoscenza dello studio del mondo dell'evangelismo tedesco rappresentano il processo della classica evoluzione tedesca nel campo statale e culturale, erano nella quasi totalità Massoni. In particolare, sieno ricordati di nuovo: Federico il Grande, Klopstock, Lessing, Wieland, Herder, Goethe, Fichte, il barone von Stein, Bliicher, Scharnhorst, Gneisenau, Riickert, Federico Guglielmo III° di Prussia, il quale nel secondo congresso di Vienna (1833) dichiarò che egli avrebbe sempre difeso l'associazione, perché sapeva che «quelli dei suoi servi che erano Massoni, facevano parte anche dei migliori servitori dello stato, in primo luogo l'imperatore Guglielmo I° e l'imperatore Federico III°». E più oltre, Schenkel: «Anche se Kant non apparteneva di fatto, il mondo del pensiero di Kant non sopravvive in nessun ambiente della borghesia intellettuale così fortemente come nelle Logge tedesche, le quali non cominciano o finiscono i loro lavori senza rivolgere un pensiero a Dio ed accanto ad esso alla eterna triade del vero, del buono e del bello».
In campo cattolico, a questa interpretazione viene data un'efficace espressione, come per esempio da Brauweiler: «Si può dire che la Massoneria, quando è nata nei territori protestanti, è stata completamente influenzata dallo spirito protestante, per quanto riguarda le strutture che ha trovato in Germania». Ed altrove: «Il Protestantesimo non favorisce l'assoluto impegno di fede. Esso riconosce ai suoi aderenti il diritto di fare della fede una questione personale, lo stesso diritto che la Massoneria considera come obbligo per i propri seguaci». Quanto qui espongono il religioso protestante, il Massone e la loro controparte cattolica, è giusto solo in maniera limitata, anche se concordano in questo punto. É naturalmente evidente che la severa proibizione emessa dalla Chiesa cattolica contro la Massoneria, ha fatto sì che nei paesi cattolici, in prima linea nelle Logge entrassero protestanti. E spesso vediamo religiosi evangelici avere posti eminenti nelle Officine. Ma prescindendo dal fatto che innumerevoli appartenenti a tutte le altre confessioni siano entusiasti aderenti dell'Arte Reale, anche il Protestantesimo in primo luogo di tipo ortodosso e pietistico, non ha considerato sempre né ovunque la Massoneria con occhio benevoli. Basta citare un solo esempio: verso la metà del secolo scorso, il noto teologo ortodosso, Ernst Wilhelm Hengstenberg, professore di teologia all'università di Berlino e fondatore della «Evangelische Kirchenzeitung» (Giornale della Chiesa Evangelica) ha condotto una lotta violenta contro la Massoneria, dove attaccava persino il re di Prussia. Ed i violenti attacchi, che dall'epoca della guerra mondiale sono stati lanciati contro la Massoneria dal popolo, provengono quasi totalmente dagli ambienti protestanti e questo è stato rilevato dalla condotta del vescovo del Mecklenburgo, Behm, il quale un anno fa, nei riguardi della questione massonica, si era posto sul piano della lega antimassocica del popolo tedesco.
In epoca recente, sembra che improvvisamente sia penetrata nei circoli cattolici più eminenti, una forma di autocoscienza, che bisogna ricordare per la grande impressione che destò. Ed è rimarchevole il fatto che di nuovo Padre Gruber S. C. - quello stesso che abbiamo già visto comparire in maniera decisiva nell'affare Taxil - si preoccupò di «redigere» il documento della lotta del cattolicesimo contro la Massoneria. Si tratta di qualcosa di molto importante. Perché Padre Gruber non è un combattente dei soliti contro la Massoneria: egli è l'autorità antimassonica del clericalesimo. Per più di una generazione egli ha dedicato tutte le sue forze, il suo intero ricco sapere, la sua brillante penna contro il mondo delle idee massoniche; innumerevoli attacchi contro l'associazione hanno trovato in Gruber la loro guida e molti scrittori antimassonici hanno trovato il materiale già pronto negli scritti aggressivi del combattivo Padre.
In uno scambio di lettere, sicuramente importante e copiosissimo, fra lui, ed il Massone viennese Dr. Kurt Reichel, la nuova posizione trova la sua espressione. Questa corrispondenza, cui finora non è stata data una più ampia diffusione, trovò la sua origine da una serie di articoli, che Padre Gruber pubblicò nel 1926 sul grande settimanale dei cattolici austriaci «Das neue Reich». Da questa serie «La lotta contro la Massoneria alla luce dei più recenti comunicati di Pio XI», promana, sotto certi aspetti, una notevole onestà, veramente inaspettata, tanto più che in questi articoli Gruber caratterizzava la visione massonica del mondo in antitesi con la concezione cattolica; egli però non superò queste constatazioni, rigidamente scientifiche. Gruber, che tante volte trovava ogni scusa immaginabile contro la Massoneria, limitò i suoi attacchi alla pura concezione del mondo.
Padre Gruber considerava i seguenti tre punti essenziali della moderna Massoneria speculativa, come essa gli appariva: 1) il carattere comune a tutto il liberalismo massimalistico, forse religioso o neutrale dal punto di vista confessionale, in effetti antisoprannaturalistico, praticamente adogmatico e antidogmatico; 2) il principio fondamentalmente naturalistico ed umanitario; 3) le sue basilari idee deistiche.
Il Deismo, secondo Pachtler, il «dono personale» della Associazione Massonica del 1717, secondo altri la «religione delle Logge» ha le sue origini in Inghilterra. Mentre il Teismo personifica quella tendenza della fede, per cui Dio è un ente a sé, di origine spirituale, che ha creato il mondo per sua volontà, lo conserva e lo regge, con che si giustificano i miracoli, il Deismo riconosce la natura di Dio, ma nega il suo intervento miracoloso nella realtà. Perché Dio, col mondo ha creato nello stesso tempo anche le leggi, in base alle quali esso mondo può gradualmente evolversi dalle sue condizioni di imperfezione verso la perfezione. Un Dio, che debba fare miracoli per mantenere il mondo nella strada giusta, potrebbe fare a meno della perfezione, senza la quale non sarebbe però immaginabile. La volontà di Dio si manifesta anche nel regolare divenire del mondo, soprattutto nella natura. Il Deismo, che afferma ciò, non è quindi un nemico del cristianesimo, ma soltanto nega il dogma delle manifestazioni soprannaturali.
Il padre di questo movimento religioso-filosofico fu Herbert di Cherbury (1583-1648), un giovane coetaneo del filosofo Bacone di Verulamo. Ai precursori appartennero anche i Latitudinari del 17° secolo che dichiaravano secondarie tutte le differenze confessionali dei gruppi cristiani e consideravano come impegnative solo le «verità fondamentali» enunciate nella Sacra Scrittura. I più importanti Deisti (detti anche Freidenker, free-thinkers, liberi pensatori) erano John Toland, che nel suo libro «Il Cristianesimo senza misteri» (1696) cercò di dimostrare che nei Vangeli non c'era nulla di innaturale, ma nemmeno nulla di assurdo; Antony Collins («Sul libero pensiero», 1713), Thomas Woolston (1669-1731) che nelle sue «Dissertazioni sui miracoli del nostro Salvatore» interpretò i miracoli del Vangelo in forma di racconti profetici e simbolici; Mattews Tindal, che nel libro «Il Cristianesimo vecchio come la Creazione» dimostrò che c'era una sola vera religione, quella naturale, la quale null'altro è se non la base della moralità. Questa religione esisteva dalla creazione; quanto è stato attribuito ad essa più tardi, è superstizione. Anche il visconte Bolingbroke la pensava così. Fra i Deisti, bisogna ricordare infine Lord Antony Shaftesbury, che introdusse l'ideale al centro dei suoi insegnamenti etici. Un pensatore che fu il portavoce di tutti coloro che cercavano avidamente di dar vita allo ideale di una condizione morale e politica, che doveva essere di guida per la felicità di tutti.
In alcune concezioni di religiosità, moralità e soprattutto di tolleranza, le opinioni della Massoneria contemporanea concordavano con gli insegnamenti dei Deisti, senza che per questo la Massoneria sia mai diventata una specie di chiesa deista. Gruber vede nella Massoneria il maggior promotore del laicismo ed il fautore di una «cultura esclusivamente rivolta alle cose terrene». Il Dr. Kurt Reichert, che fece delle esposizioni di Gruber l'argomento di una severa critica («Wiener Freimaurerzeitung» n° 6, giugno 1928), indicava l'opinione di Gruber come «desiderabile per principio ed in linea generale» e ringraziava il fatto di aver l'occasione di spiegare a fondo la concezione massonica del mondo. Dall'opinione di Gruber, il giovane filosofo viennese fa notare che egli non accusa ora la Massoneria più di Ateismo ma solo di un conscio Deismo. Un'accusa che si regge su piedi di argilla, ma che sembra molto meno pesante, perché il Deismo possiede l'adogmatismo, più ancora 1'antidogmatismo. «La concezione massonica del mondo - scrive il Dr. Reichel - ammette nella sua dichiarazione il principio di un ente superiore, estremo fondamento spirituale di se stesso, chiamato Dio, ma con la salutare differenza e antidogmatica» rispettò il dogma della Chiesa unica vera, unica redentrice che essa lascia al soggettivismo di ogni singolo la intima raffigurazione di questo concetto di Dio, mentre segue l'idea che se deve esistere una fede, questa non può diventare dogmatica nei riguardi di un ente che non può essere l'unico vero.
«Circa l'etica della Massoneria - dice Reichel - essa è veramente laica, veramente e cultura di cose terrene». Essa è etica della designazione, consacrazione del finito, non etica della rassegnazione, consacrazione dell'infinito. E una etica della capacità terrena e non della superficialità. In questa etica, la Massoneria non è la «fautrice principale del laicismo», ma una forza motrice della simbiosi dell'uomo verso un laicismo, eticamente ed esteticamente prezioso. La Massoneria vede il «laicismo» della società umana come una novità, accettata ed in continuo sviluppo, attraverso il processo evolutivo scientifico e sociale, nel quadro della storia della umanità. Di fronte a questi fatti, la sua etica è un'etica di acclimatizzazione, un'etica che si pone sul terreno del mondo laico, per migliorare con tutti i mezzi della cultura delle cose terrene, lo stato di civiltà, per attenuare le sofferenze dell'umanità nel cammino verso la civiltà. Essa ha quindi fede in un aldilà della umanità, che deve venir però conquistato durante il cammino e tramite l'aldiquà. L'umanità, nelle sue sofferenze sociali e terrene, non nel peccato originale, di carattere metafisico, la mediocrità terrena della civiltà, non la inferiorità metafisica della vita sembrano essere i suoi prossimi compiti di preoccupazione e di azione.
Fino a questo punto, l'etica massonica ha un carattere umanitario-naturalistico. In base alla sua metafisica, essa vede simboleggiato il suo cammino non discendente da Dio, ma elevantesi verso Dio. La natura della sua etica procura alla Massoneria la immediatezza verso ogni avvenimento, nell'ambito della società umana; conferisce ad essa un carattere sicuramente laico e senz'altro «terreno», di fronte al quale noi Massoni troviamo che l'etica cattolica religioso-dogmatica che in un certo qual modo deve provenire direttamente dal cielo, si trova in posti sbagliati. Il Dr. Reichel conclude con l'affermazione: «La visione massonica del mondo si trova di fronte, con la sua metafisica e la sua etica, alla concezione cattolica. Mai però la Massoneria, che non è irreligiosa ma unicamente fautrice di una religione non-dogmatica, ha abusato della partecipazione alla sua idea per una lotta, cosciente e premeditata contro la Chiesa cattolica; ciò sarebbe in netto contrasto con l'adogmatismo dello atteggiamento spirituale della Massoneria. Ma se la Chiesa prende, costantemente, di mira le azioni della Massoneria, che, dati i suoi principi, non potrà mai concordare con quelle del cattolicesimo, per accusare l'associazione massonica di attività consapevolmente anticattolica, questo dipende dal fatto, dalla direttiva spirituale in base alla quale la Chiesa sente troppo bene che essa, a causa del suo “laicismo”, della sua “cultura delle cose terrene”, della sua “religione positiva” non è una rivale da sottovalutare perché possa farle guadagnare il pubblico sfavore».
Questa polemica, così importante dal punto di vista dei principi, ebbe come conseguenza la ricordata corrispondenza. Uno scambio di lettere che fino ad oggi è rimasto dimenticato e che probabilmente potrà contribuire a dare un altro aspetto alla guerra di Roma contro la Massoneria, dopo più di duecento anni. Già la prima lettera di Gruber dimostrò quanto giuste erano state le idee di quei pochi che avevano trovato nell'articolo del «Das neue Reich» la nuova tendenza che cercava di ricavare, nel dissidio fra Massoneria e Cattolicesimo, il contrasto delle due visioni del mondo e per contro di farla finita con le menzogne di volgari invenzioni ed infondate storielle, nel combattere la Massoneria.
Padre Gruber scriveva al Dr. Reichel: «Sono perfettamente d'accordo con Lei nella idea fondamentale, che le discussioni fra Cattolicesimo e Massoneria, le quali interessano enormemente non solo tutti gli uomini singolarmente, ma anche tutte le nazioni ed i popoli e l'intera umanità, sono guidate, abbastanza seriamente nello spirito di un reale amore cristiano ed umanitario, dall'unico e preciso scopo che, nell'interesse di tutti, vinca la verità obiettiva, in quanto sono coinvolte le collettività nazionali, la comune discendenza, il comune destino della vita, l'ideale dell'intero genere umano e le elementari premesse di base, anche se tutti gli uomini sono e rimangono sempre, in realtà, fratelli in una stessa grande famiglia del genere umano e di Dio. Posto che, in questo caso, solo la verità obiettiva può dare buoni risultati nella vita, ed anche gli errori involontari e le relative aberrazioni intenzionali mandano in rovina uomini e popoli, è in effetti nell'interesse di tutti che la verità obiettiva prevalga in tutti i contrasti del genere. E qui si ripete il criterio direttivo per tutti gli uomini, senza eccezioni il pili facile e persuasivo, quello stesso sempre proclamato da Cristo stesso “Ex fructibus corum cognoscetis cos” (dai loro frutti, voi li potrete riconoscere), cioè i profeti veri e falsi... Né i Massoni americani né gli europei possiedono un segreto veramente importante. Tutto l'importante, anche di natura rituale, è conosciuto da tempo, in tutto il mondo. Anche da un punto di vista strettamente cattolico, io considero che il compito più importante - in circostanze in realtà ancora sempre valide - sia quello di combattere soprattutto le idee puerili e false sulla Massoneria, che ancora dominano in grandi ambienti...».
Nelle lettere successive, Padre Gruber fu ancora più esplicito. La vasta azione antimassonica di Ludendorff, di cui parleremo più avanti e che si basa essenzialmente sul fatto che al posto del diavolo, il nazionalismo del popolo razzista dipinge ora, sulle pareti, «il giudeo», è definita da Gruber come «il non plus ultra delle bestialità più cretine del più famoso dei condottieri tedeschi di tutti i tempi». In effetti, Gruber attribuisce - a favore di questa menzogna - una certa parte di colpa ai «traffici segreti» della Massoneria. Ma egli dichiara più volte che è una gran bugia se si pensa ancora che la Massoneria ha veramente segreti da nascondere. Molto importante è il fatto che Padre Gruber non è il solo ad assumere questa posizione di attualità. Un intero gruppo di gesuiti di diversi paesi ha seguito il nuovo orientamento di Gruber e propugna, come lui, la tesi che la base del dissidio fra Cattolicesimo e Massoneria debba essere solo la differenza nella visione del mondo, e non più calunnie e false accuse. Gli sforzi per «uscire dal fango morale di questo modo di trattare la lotta onde arrivare una buona volta in una zona di limpide acque aperte» e condurre la guerra, per usare le parole di Padre Hermann Gruber, «nel senso di un amore cristiano ed umanitario», presentano già dei frutti.
In Germania, Padre Michael Gierens combatte nella Massoneria non più la fonte di tutto il male, ma si schiera contro di essa perché la Chiesa deve attenersi al fatto che essa «possiede nei suoi dogmi, la verità rivelata e perciò totale, assoluta, immutabile, che avvince tutti gli uomini». In Francia, analoga è la posizione degli editori delle «Etudes Religieuses», a New York, i «Catholic News» definirono recentemente i Massoni «Fratelli di un altro campo», ed addirittura nell'eminente organo vaticano «Civiltà cattolica» si notano i segni di un inizio di «modificazione dei metodi di lotta». Tutto questo suscitò naturalmente una resistenza nel campo personale di Gruber. C'è gente che non vuole comprendere come il Padre Gesuita ed i suoi amici, i quali tutti partono dal punto di vista della più rigida ortodossia cattolica, abbiano finalmente sentito il bisogno di una chiarezza e della verità, e che questo sentimento proibisce loro di infangare più oltre l'avversario. Ne seguì un attacco veemente contro Gruber, come quello della «Revue internationale des Sociétés secrètes» di Parigi, di cui abbiamo già parlato. Il direttore di questa rivista, mons. Edouard Jouin, protonotaro apostolico e padre spirituale della principale parrocchia di Parigi nonostante i suoi 85 anni è ancora sempre un feroce avversario della Massoneria. Nella sua rivista egli non difende esclusivamente le ragioni puramente cattoliche: la Revue, come abbiamo già visto, è improntata ad un antisemitismo di estremismo e naviga nelle acque del nazionalismo. La direzione della polemica contro Padre Gruber è passata da mons. Jouin al capo-redattore della sua rivista, Pierre Colmet (pseudonimo dell'abate Boulin) e questa dette subito inizio alla disputa con asprezza senza riguardi. Colmet deplorò aspramente che Gruber avesse mandato al Dr. Reichel una lettera «tutto zucchero e miele nei riguardi della Massoneria». É incredibile che Gruber non abbia voluto prestar fede alla autenticità dei «Protocolli dei Savi di Sion».
Ancora più incredibile - nel frattempo Padre Gruber aveva inviato una correzione - l'aver implorato mons. Jouin, affinché - per amore dell'onore di tutta la sua opera - rinunziasse d'ora in poi a difendere l'attendibilità della ipotesi di un piano giudaico per il dominio del mondo. Anche in Francia, si fece sentire uno spiacevole «cambiamento dei punti di vista degli organi di stampa della Compagnia di Gesù». Si tratta invero di una regolare campagna di indirizzo, di carattere generale. Ciò risulta chiaramente dagli atteggiamenti di «Etudes» e dei suoi collaboratori, i Padri Macé e Bonsirven. Colmet li rimprovera di sottovalutare la funzione della Massoneria, e ciò volutamente; la sua influenza, essi vogliono farla apparire più esigua, col pretesto che manca una unità di direzione, negando inoltre l'egemonia giudaica nelle Logge. Per Colmet, il cambiamento di direzione è un «quadro terribilmente doloroso» che egli dipinge a colori sempre stridenti. «Padre Gruber - egli scrive, indignato - ha inventato la straordinaria scusa che le necessità lo hanno dispensato dal dover smascherare le società segrete e combatterle troppo energicamente. Per Padre Gruber, non esiste più o non esiste affatto un segreto massonico, né il culto fallico né quello a Satana. Questo Gesuita non riconosce... i protocolli dei Savi di Sion e tutti i lavori dei nostri specialisti nel campo dell'occultismo. Egli è così gentile, che attribuisce l'intera responsabilità degli equivoci, che fino ai giorni nostri sono sorti fra Chiesa e Logge, all'increscioso piacere della Massoneria per la “mistificazione”. Alla “mistificazione” presente nelle leggende della origine della setta, nei suoi bizzarri rituali, nei suoi eccentrici simboli! Secondo Gruber, questa mania, di per se innocente, senza importanza, ha disgraziatamente aggravato piano piano le relazioni e portato la parte avversaria a delle calunnie che non sono meno stravaganti di questa mascherata anacronistica».
Sicuramente Padre Gruber deve esser stato comperato dai Massoni. Il che può essere convalidato dal fatto che egli si prestò addirittura ad incontrarsi a metà giugno 1928 nella residenza dei Gesuiti di Aquisgrana col Massone Dr. Kurt Reichel, con Ossian-Lang (New York), per un colloquio privato e diretto, che aveva gli stessi scopi della precedente corrispondenza, cioè, per dirla con le stesse parole di Gruber «mirava essenzialmente ad eliminare i metodi di lotta disonesti, diffamatori e personalmente offensivi, o anche insignificanti, nel conflitto spirituale, inevitabile ed occasionale fra avversari, i cui principi fondamentali stanno di fronte in posizioni diametralmente opposte».
Ma gli attacchi non fecero smuovere Gruber dalla sua posizione. Nemmeno quando all'oliatore dei tedeschi, Colmet, giunse l'aiuto addirittura dei nazionalsocialisti tedeschi, i quali dichiararono che il legame fra Massoni e Gesuiti, da essi da tempo sospettato, era finalmente confermato. Padre Gruber precisò la sua presa di posizione con sempre maggior chiarezza ed inequivocabilmente. Una frase di una sua lettera a Reichel (5 giugno :1928) ne è una chiara spiegazione: «Per far sì che i cattolici addivengano ad un accordo, bisogna in primo luogo fare di tutto per ridurre gradualmente la diffidenza, profondamente radicata, contro l'associazione massonica nel senso più stretto della parola, mentre le condanne papali nei riguardi della Massoneria si rivolgono contro un naturalismo massimalista e nemico di Dio, che dal 1848 compare in altri ambienti segreti ed analoghi alla Massoneria ed in orientamenti profani in una maniera nociva molto più radicale ed aggressiva che nella Massoneria nel senso stretto della parola, e che anzi da questa stessa è combattuto nella maniera più risoluta».
É naturale che questo nuovo tono non possa essere gradito a tutti coloro che per decenni avevano messo al muro una caricatura della Massoneria, oltre ogni dire arruffata. Perché quello che oggi Padre Gruber fa, rappresenta nulla di meno che un decisivo abbandono di un sistema, vecchio di due secoli, di condanne basate su menzogne.
Gli avversari a questo orientamento dovrebbero aver presente anche una «lettera aperta», comparsa il 15 marzo 1929 nello «Irish Times», di cui è autore il Gran Maestro aggiunto della Gran Loggia di Irlanda, col. Claude Cane, dove fra l'altro è scritto: «Negli ultimi tempi, ho letto molti articoli e discorsi, che si riferiscono ai prossimi festeggiamenti per il centenario della emancipazione dei cattolici in Irlanda, ma in nessun giornale cattolico né nelle esposizioni di un oratore cattolico ho trovato il minimo accenno all'uomo la cui influenza e la attività infaticabile hanno contribuito ad ottenere questo atto di giustizia, più che tutti gli altri sforzi riuniti. Questo uomo era Riccardo, secondo barone e primo Conte di Domoughmore, Gran Maestro della Massoneria Irlandese. In una riunione del WhigClub, tenuta nel 1792 a casa di John Forbes Hildare Street, ed alla quale presero patte Lord Domoughmore ed altri, nacque la convenzione cattolica del 1793 e da quel momento in poi, Lord Domoughmore dedicò tutte le sue forze e le sue innumerevoli relazioni alla questione dei concittadini cattolici oppressi. Agendo così, egli seguiva soltanto una delle massime dell'Ordine massonico, di cui era a capo, che cioè nessuno dovesse soffrire a causa dei suoi convincimenti religiosi. Più tardi, egli continuò la sua attività nella Camera dei Lord inglese, e nel 1810, in un discorso immensamente efficace, sulla “Catholic Petition” fece sentire la sua voce a favore del popolo cattolico. Tutti i tentativi di governare l'Irlanda, anche in seguito, con restrizioni contro i cattolici, trovarono in lui una risoluta resistenza. Il 17 maggio 1825, si alzò febbricitante dall'ospedale, per far approvare nella Camera Alta la seconda lettura del “Catholic Relief Bill”. Egli non si riprese dalle conseguenze di questo gesto e morì, il protestante e Massone, il 25 agosto, martire della causa dei suoi concittadini cattolici». In una riunione della «Catholic Association» il 20 novembre 1825, fu reso un sincero omaggio alla memoria di Lord Domoughmore, quale «nobile patrono dei cattolici». Daniel O'Connell, il liberatore, espresse alla sua memoria il più grande ringraziamento per i suoi servizi dedicati al popolo irlandese (Fitzpatrick «Correspondence of Daniel O'Connell», vol. I, pagg. 76 e 88).
Nei suoi sforzi per far approvare il diritto dei cattolici, Domoughmore fu appoggiato fedelmente dai Massoni della sua giurisdizione, per quanto ciò era legittimamente possibile ad una associazione, i cui principi non permettevano attività politiche; ma il risultato fu un paradosso. Prima e durante il periodo della conversione in legge del «Catholic Relief Bill», il sessanta per cento dei Massoni irlandesi erano cattolici; ma appena le difficoltà furono spazzate spazzate via dalla strada, la chiesa si volse contro i suoi amici di prima. Ai cattolici fu vietata l'appartenenza all'Ordine; quelli che avevano aderito, furono invitati ad andarsene. Per lo più essi obbedirono all'ingiunzione e si trovò naturale che essi obbedissero al comando della loro Chiesa. Da allora, l'Ordine in Irlanda fu quasi totalmente protestante; non più di circa l'uno per cento dei membri è cattolico. Ciò non significa che l'Ordine sia animato da sentimenti ostili alla chiesa romana; esso però non incoraggia nessuno a disobbedire alle autorità religiose cattoliche. Recentemente, i giornali cattolici si sono dati da fare per diffamare la Massoneria; la giustizia avrebbe voluto che essi parlassero anche delle benemerenze che Lord Domoughmore e l'Ordine da lui guidato avevano acquistato durante il famoso atto giuridico del 1829.
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