Un segreto atteggiamento spirituale di Newton fu rivelato dai libri di alchimia già posseduti, letti e annotati dal Maestro, compresi nella biblioteca che i suoi discendenti posero in vendita nel 1936. In effetti, Sir Isaac Newton cercava la «pietra filosofale », cioè il segreto della trasmutazione dei metalli.Potrebbe apparire superfluo, ma è utile ricordare che in questo ordine di ricerche egli non era isolato, perchè i maggiori filosofi inglesi si davano alle stesse pratiche, (per le quali Francesco Bacone fu infamato ed incarcerato) ed il più scettico, il più critico di tutti, il pensatore più rappresentativo dell' Illuminismo inglese, Giovanni Locke non ne era meno entusiasta, come fanno fede le lettere scambiate con Newton. In calce, a testimonianza, abbiamo voluto riportare alcuni scritti autografi di Sir Isaac Newton che trattano di Alchimia.
Il saggista M.T. Anchieri, in questa sua opera d'ingegno, indaga il segreto atteggiamento alchemico del grande scienziato Newton, sulla base delle annotazioni riportate sui libri di alchimia dallo scienziato posseduti.La tavola è opera d'ingegno dell'Autore e non riflette di necessità la posizione della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto è riconosciuto. © M.T. Anchieri La libera circolazione del lavoro è subordinata all'indicazione della fonte completa di link ed dell'autore. | ||||
Un segreto atteggiamento spirituale di Newton fu rivelato dai libri di alchimia già posseduti, letti e annotati dal Maestro, compresi nella biblioteca che i suoi discendenti posero in vendita nel 1936. In effetti, Sir Isaac Newton cercava la «pietra filosofale», cioè il segreto della trasmutazione dei metalli. Potrebbe apparire superfluo, ma è utile ricordare che in questo ordine di ricerche egli non era isolato, perchè i maggiori filosofi inglesi si davano alle stesse pratiche, (per le quali Francesco Bacone fu infamato ed incarcerato) ed il più scettico, il più critico di tutti, il pensatore più rappresentativo dell' Illuminismo inglese, Giovanni Locke non ne era meno entusiasta, come fanno fede le lettere scambiate con Newton. Quest'ultimo, essendo uno scienziato, aveva il vantaggio sugli altri di poter spingere le sue ricerche più audacemente, evitando tuttavia i sospetti del secolo, il quale risentiva ancora della tradizione dogmatica. Le annotazioni di cui costellò i suoi libri di alchimia provano l'estremo interesse e la passione che Newton nutriva per questi studi; Nicola Flammel, Hermete Trimegisto, Edoardo Generoso e gli altri grandi Maestri della scienza esoterica figurano tra le opere più importanti da lui possedute e conservate in mezzo a cataloghi che gli permettevano di ritrovare i voluti riferimenti e le opere di altri maestri preferiti nelle biblioteche pubbliche o presso i librai. Inoltre dalle dichiarazioni del suo aiutante di laboratorio siamo informati della cura minuziosa con cui il Maestro faceva le sue esperienze e che nello stesso laboratorio il fuoco era acceso giorno e notte.
Se Newton, pervenuto alla tradizione ermetica per vie segrete a noi ignote e certo non facilmente rintracciabili, aveva compreso che non si poteva fare dell'alchimia senza tener conto che i ricettari pratici non erano separati da speculazioni filosofiche e, pertanto, persistette a cercar di penetrare il grande segreto, non lo fece, certo, per istinto di lucro ma per quello che Einstein chiama la «religiosità cosmica»: il senso, cioè, di solenne riverenza con il quale lo scienziato tenta in una concatenazione di cause ed effetti di trovare l'equazione che soddisfi nel contempo ai principi meccanici e all'ordine universale inteso quest'ultimo come armonia cosmica e quindi rispondenza reciproca di leggi meccaniche ed universali. Egli fu un mistico che perseguiva il mistero dell'Ultima Realtà e se credeva in un Dio pensava che la realtà di questo Dio dovesse essere ricercata nell'immenso concatenamento universale e che l'ordine profondo della materia fosse la vera rivelazione; quello che egli definì il suo pensiero paziente lo condusse a cercare nella discriminazione delle cause, degli effetti, dei fenomeni, una Causa Prima, che tuttavia gli rimase fatalmente preclusa, tanto che egli stesso, malinconicamente scrisse: «sembra che io sia stato soltanto come un fanciullo stilla sponda del mare divertendomi nel trovare di tanto in tanto un sassolino più liscio o una conchiglia più leggiadra del solito, però il grande oceano della verità mi stava ancora inesplorato dinanzi» (Bredster's Memoirs).
Newton stimava che l'alchimia, l'astrologia, la teologia di cui era pervasa tutta la sua opera, ne costituissero la sostanza più importante; lo diceva e ne traeva motivo d'orgoglio davanti ai pochi che gli ispiravano fiducia ed ai quali confessò le sue recondite ansie; ma per il solo fatto che il Governo inglese lo aveva nominato direttore della zecca, Newton era restio a parlare dei suoi lavori alchemici, proprio perchè dalla ignoranza, dalla incomprensione, dai pregiudizi non potessero derivare inconvenienti e danno a lui stesso ed al credito dello Stato. Quando il quotidiano Times annunciò la data e le condizioni di vendita delle carte di Newton, pubblicò un articolo timido e guardingo per spiegare che ogni grande uomo è nel contempo mortale ed immortale, fuori dei tempi e del proprio tempo; voleva dire cioè, che Newton era immortale quale creatore della scienza moderna, ma mortale quale continuatore dell'alchimia. All'ombra del suo genio profondo, ma senza influenza su di lui, sarebbe esistita, secondo il Times, una qualche bizzarria ancestrale che non aveva niente a che vedere con la sua mente creatrice. Attraverso queste affermazioni superficiali più che semplicistiche tutti i lati e gli aspetti della personalità di Newton divenivano chiari e soddisfacenti per la ottusa aspettativa dei più e nello stesso tempo venivano scusati coloro che avevano fino allora conservate quelle carte con diffidenza e coloro che avevano in qualche modo cercato di dissimulare le vere credenze di Newton. Fortunatamente la realtà non concorda affatto con la favola accreditata dal Times e dai rappresentanti della scienza ufficiale del XVIII secolo e che qualcuno ancor oggi vorrebbe non smentita. Non è lecito sostenere la tesi di due personalità e di due punti di vista in un uomo quale Newton, il quale invece, da tutta la sua opera, risulta unitario e coerente. Alchimia e Astrologia mistica sono al centro stesso dello spirito del filosofo e senza quelle egli non si sarebbe avviato alle sue grandi scoperte – le quali ne derivano e vi restano legate indissolubilmente – come egli stesso affermò e come provano i suoi archivi. Separata da questi orientamenti interiori la sua logica sarebbe presumibilmente rimasta immobile e sterile e non si sarebbe mossa attraverso l'universo alla ricerca del Grande Architetto. Per Newton, come per altri scienziati del XVIII secolo, la scienza non fu una ricerca a sé stante, una elaborazione tecnica, ma un mezzo per raggiungere la visione mistica del mondo.
Sarebbe una illusione, infatti, pensare che il XVIII secolo sia stato il campione di una logica implacabile; come tutte le altre epoche anch'esso fu sospinto da passioni che hanno modellato le forme dell' intelligenza. Il progresso intellettuale, indipendente dalla vita spirituale e sentimentale, è un mito. A favore delle carte di Newton noi possiamo affermare che le nostre scoperte filosofiche e scientifiche non furono la maturazione fatale della saggezza umana ed il termine inevitabile, della tecnica di quel secolo, ma uno dei molteplici aspetti dei suoi sogni e delle sue aspirazioni. Tutta la complessa opera di Newton presuppone una «metafisica» e poiché quello che più colpisce è la coerenza del suo spirito, pensiamo essere nel vero se affermiamo che per Newton, tra la trasmutazione alchemica di ordine cosmologico e iniziatico e quella di significato reale e fisico e quindi non più simbolico, esistono rapporti di analogia, in quanto certi principi che hanno un senso cosmologico e metafisico sono suscettibili a vedere non solo per l'una ma anche per l'altra trasmutazione, per quella dell'uomo e per quella dei metalli; «che unica é la fornace, unico il cammino da seguire, unica anche l'Opera».
Infatti la vera alchimia fu una scienza d'ordine cosmologico e iniziatico. Renè Guènon, nella sua "Crisi del Mondo Moderno", dice che ciò che ha dato origine alla chimica moderna non è per nulla l'alchimia, con la quale essa non ha insomma alcun rapporto: ne è una deformazione, nel senso più rigoroso delle parola, la quale dette luogo, forse a partire dal medio–evo, all'incomprensione di certe persone che, incapaci di penetrare il senso vero dei simboli, presero tutto alla lettera, credendo che in tutto questo non si trattasse che di operazioni puramente materiali. Questi contraffattori dell'alchimia erano chiamati brûleurs de charbon non senza ironia, dai pochi in pieno possesso spirituale dei simboli. Anteriormente a Newton appariva sensato che la Causa Prima fosse conosciuta per intuizione e che le cause secondarie derivassero da quella base. Ma l'intuizione non ha più la purezza e l'ampia chiaroveggenza che ne faceva per i Bramani, ad esempio, una qualità trascendentale; pertanto il grande merito di Newton fu di capovolgere questo modo di vedere, tentando di avvicinarsi alla Causa Prima attraverso le cause secondarie. Egli infatti affermò che le proposizioni ricavate e confermate dall'esperienza, non possono essere negate per via di ipotesi, ma possono solo essere perfezionate, precisate, soggette ad eccezioni per via di altre esperienze. Al limite della conoscenza positiva, limite che può avanzare indefinitamente, si appalesa tuttavia un agnosticismo che la meta fisica tenta colmare: «È funzione e scopo della filosofia naturale, dice Newton, non solo di spiegare il meccanismo del mondo, ma ancora e sopratutto di innalzarsi per via di ragionamento dagli effetti alle cause, fino a giungere alla Causa Prima che, senza dubbio, non è meccanica» (Ottica).
Come tanti altri grandi geni, Newton presenti molto più di quanto poté manifestare. «Molte ragioni mi portano a sospettare - egli dice nella prefazione ai Principii - che i fenomeni naturali dipendono tutti da qualche forza di cui sono sconosciute le cause e dalle quali tuttavia le particelle dei corpi sono spinte le une verso le altre e si uniscono in figure regolari, attraendosi e sfuggendosi mutuamente. É per avere ignorato fino ad ora queste forze che i filosofi sono stati impediti a tentare con successo la spiegazione della natura ». Alle proprietà che la filosofia meccanica attribuiva alla materia, Newton aggiunge l'attrazione. «Questa attrazione fa sentire i suoi effetti attraverso lo spazio vuoto, senza l'aiuto di alcun supporto, ma diminuisce di intensità in ragione inversa del quadrato della distanza. Questa legge non è una causa, ma l'effetto di una causa ignota che tende ad avvicinare i corpi indipendentemente dalla loro superficie, dalla loro figura e dal loro movimento e li penetra proporzionalmente alla quantità di materia che essi contengono». Questo enunciato dimostra di per se stesso le ragioni per cui poté apparire assurda ai contemporanei.
Il trasformismo universale di Newton ha come agente l'etere considerato più come spirito che come ipotesi fisica. «I corpi si trasformano in luce e la luce in corpi, cosa che è perfettamente conforme all'ordine e ai metodi della natura, che sembra compiacersi, per così dire, a metamorfosi di questo genere. Io sospetto inoltre, che questo spirito che è la più piccola parte della nostra vita, la più sottile e nello stesso tempo la più eccellente in quanto necessaria per conferire la vita ad ogni cosa, viene principalmente dalle comete». «É per mezzo delle forze e per l'azione di questo spirito, soggiunge ancora Newton, che le particelle dei corpi si attirano mutuamente alle più piccole distanze e che aderiscono quando sono contigue; è per esso che i corpi elastici agiscono a maggiore distanza sia per attirare che per respingere i corpuscoli vicini; ed è ancora per mezzo di questo spirito che la luce emana, si riflette, s'inflette, si rifrange e scalda i corpi; che tutte le sensazioni sono eccitate dalle vibrazioni di questa sostanza spirituale, che si propaga dagli organi esteriori dei sensi lungo i filetti solidi dei nervi fino al cervello e quindi dal cervello ai muscoli. Ma queste cose non possono essere spiegate con poche parole e non sono state ancora eseguite abbastanza esperienze per poter determinare esattamente la legge secondo la quale agisce questo spirito universale».
Queste parole di Newton ci richiamano quelle di Agrippa nel suo "De Occulta Philosophia": «I filosofi caldei si diffondono sul potere della mente la quale... può essere così piena di luce da effonderne i raggi attraverso i singoli intermediari sino al corpo crasso, tenebroso, pesante e mortale; circondando anch'esso di copiosa luce, lo rende radiante come un astro e, per l'abbondanza dei raggi e per la loro leggerezza, può elevarlo in alto come la stoppa elevata dal fuoco e talora trasportarlo di colpo con lo spirito in lontane contrade».
Sulla base di osservazioni già fatte da Keplero, Newton costrusse il sito grande "teorema". Tutti e due erano ancora allacciati alla tradizione occulta e ne deriva l'universalità del loro spirito. Newton seppe fondare su questa conoscenza il suo senso speculativo spintovi dalla propria chiaroveggenza e governato da quella disciplina istintiva che gli faceva riportare le intuizioni in limiti sperimentali. Secondo Newton, l'intelligenza deve muovere dall'esperienza stessa, diffidando degli eccessi di immaginazione che possono fuorviare anche una grande intelligenza, come avvenne per i mistici che sorpassarono il piano dell'esperienza e pertanto non furono compresi e non fu loro possibile realizzare opere utili nè per i contemporanei nè per l'avvenire. Tale non fu la sorte di Newton perchè egli seppe imporre alle proprie speculazioni i confini derivati dall'osservazione diretta e dall'esperienza e quindi trasmetterci il frutto incorruttibile della sua conoscenza. Tuttavia, dobbiamo come sempre amareggiarci che, solo un secolo più tardi, questa chiarissima teoria fosse unanimemente accettata.
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