In Italia, la questione nazionale ebbe breve vita e rapida soluzione, fino alla sua ultima manifestazione, il Nazionalismo, che finì con l'essere assorbito dal primo Fascismo. In ogni caso, alcuni periodi sono facilmente identificabili. La questione nazionale emerse dai sogni letterari divenendo una esperienza civile e politica durante il periodo Napoleonico. Poi ebbe un periodo di costruzione teorica ed etno-linguistica durante il tormentato periodo della restaurazione post-Napoleonica (1815-1848); poi fu tradotta in una azione militare e politica che condusse alla fabbricazione di uno stato unitario (1849-1861); senza rottura di continuità, cambiò ancora in un patriottismo di stato animato dall'alto dalle élite dirigenti (1861-1892), che lasciava spazio alla questione dell'irredentismo. Più tardi, parte di quelle élite trasformò il patriottismo di stato in un primo nazionalismo, optando per risposte protezionistiche e coloniali alle domande sociali ed economiche; solo dopo il 1905 comparve infine anche in Italia un nazionalismo maturo, come aggravamento mitologico delle questioni nazionali attraverso tutta l'Europa. La questione nazionale si collocò nel mezzo dei cambiamenti radicali che interessarono l'Italia durante la seconda metà del XIX secolo. Nello stesso periodo, la rinata Massoneria Italiana, sempre caratterizzata da una forte volontà di partecipazione politica, avendo ereditato le ispirazioni e gli uomini del Risorgimento, fu una protagonista primaria del processo di nation building. In altre parole, la Massoneria fu strettamente collegata con il patriottismo di stato, ed occasionalmente, seguendo le spinte del momento, con l'irredentismo e il primo nazionalismo. Questa ampia presenza del patriottismo di stato entro la Massoneria nascente, solleva l'opportunità di uno studio interessante dei rapporti tra quella Massoneria e la questione nazionale. La nostra analisi seguirà l'argomento per i primi 25 anni, fino alla Gran Maestranza di Adriano Lemmi (1885-1896), l'ultimo Gran Maestro che partecipò direttamente al Risorgimento. L'Italia era un paese di recente unificazione, come la Germania. II processo di formazione della nazione vi si manifestò più rapido, più concentrato, mentre gli eccessi nazionalistici non furono ammorbiditi da una lunga storia nazionale, come in Francia o nel Regno Unito. Questo processo di fare una nazione mostra una larga presenza e più tardi un forte attivismo politico della Massoneria Italiana, che aiutano a comprendere il conflitto finale tra Massoneria e Nazionalismo. Nel prendersi cura della nazione in Italia, tre fasi sono facilmente riconoscibili. La prima quella giacobina-napoleonica, derivata dalle aspettative sollevate dalla Rivoluzione Francese e che conduce con sé i tre aspetti di un principio di nazione, realizzato mediante la sovranità popolare, di un principio democratico, realizzato mediante l'uguaglianza politica, e di un principio di modernizzazione, realizzato mediante la liberazione degli individui dalle antiche istituzioni locali, economiche e sociali. In questo modo, gli individui che partecipano a questo prendersi cura della nazione, possono identificare l'ottenimento dei propri diritti e il progresso delle loro condizioni materiali con la formula politica della nazione. Tutto arrivò improvvisamente, con la doppia avventura napoleonica e la riorganizzazione internazionale dell'Italia. L'Italia fece l'esperienza dell'accesso al circuito economico e culturale europeo; l'esperienza di un mercato interno aperto e moltiplicato; la pratica di una burocrazia pubblica ottima e centralizzata, dove i burocrati professionali potevano sviluppare una piena carriera; la pratica di uno stato che, eliminati i vecchi ordini sociali, si pone in relazione diretta con ogni cittadino, monopolizzando tutte le giurisdizioni e realizzando l'eguaglianza giuridica. Il paese fu tuffato nella modernità; e il fatto e l'idea della nazione erano il fondamento della modernità. Così vennero alla luce, e occuparono la riflessione politica, e qualche volta anche l'azione, i temi unificazione/federazione, repubblica/costituzionalismo moderato, governo amministrativo/società degli ordini. La nazione stava al nucleo del pensiero politico. Entro questo orizzonte, una nuova borghesia degli affari (finanza, commercio e manifatture) e delle alte professioni (avvocati, medici, ingegneri), trovò spazio per espandersi e ampliarsi, facendo esperienza di un ambiente civile adatto; una nuova borghesia della burocrazia venne, fianco a fianco alla nobiltà modernista nelle deleghe dello stato, infine, la geografia delle élite cambiò le sue mappe. A quelle élite fu concessa l'esperienza del governo. Come risultato, sotto la stella di Napoleone, che era il portatore della modernità e della idea di nazione in essa contenuta, la formula politica della nazione fu introiettata dalle nuove élite. Il ceto dirigente napoleonico si costituì riunendo la nuova alta classe media dell'intelligenza e dell'educazione con il ceto nobiliare disponibile e l'alta borghesia dei patrimoni. E le nuove classi dirigenti, dipendenti dall'astro di Napoleone, furono decisamente Massoniche. Tenendo in considerazione che il collasso della società di vecchio sistema lasciò piccolissimo o nessuno spazio per l'associazionismo, la Massoneria assunse la forma di un luogo privilegiato per l'associazionismo e l'auto-organizzazione delle nuove élite locali, dove la nobiltà modernizzante e le classi medie di rango maggiore potevano unirsi, riconoscersi e differenziarsi dalle vecchie élite. La seconda fase è quella chiamata in Italia Risorgimento e in Europa Rivoluzione Italiana. La spinta maggiore venne dal ritorno dei vecchi governanti dopo il collasso napoleonico: la natura giurisdizionale degli stati rimase principalmente napoleonica, i governi presero un carattere conservatore, il controllo diretto o indiretto ritornò all'Impero Austriaco, mentre la chiesa Cattolica fu reinstallata a supporto del vecchio regime. Il Risorgimento fu un movimento ideologico e letterario che fece sorgere la coscienza nazionale attraverso alcune élite. Da un lato, esso diffuse, sull'onda del romanticismo letterario, un sentimento orgoglioso di italianità etno-linguistica, coltivato da intellettuali e scrittori; dall'altro lato, esso consolidò la precisa sensazione che l'unificazione e la modernizzazione avrebbero generato nuove opportunità sociali, economiche e politiche. Il Risorgimento sviluppò una ideologia dell'indipendenza e dell'unità, secondo la quale l'Italia avrebbe dovuto essere resa indipendente, modernizzata e in qualche modo unificata. Ma non diede origine ad un progetto politico unificato per quella ideologia. Così il Risorgimento ebbe molte anime: quella federalista, sotto un governo civile, o papale, quella unitarista, repubblicana e democratica, e rivoluzionaria, simboleggiata da Giuseppe Mazzini; quella azionista, unitaria e democratica, e laica, simboleggiata da Giuseppe Garibaldi (entrambi ricevettero la proposta della Gran Maestranza); quella costituzionalista, moderata e Savoia-lealista, simboleggiata da Camillo Cavour (del quale si ritiene che abbia sostenuto e favorito l'avviamento della primissima loggia nel 1859), che alla fine vinse. Dopo un tentativo nel 1849, l'unificazione fu improvvisamente ottenuta nel 1859-61, poi completata nel 1871 con l'annessione di Venezia e di Roma. La nazione potenziale era divenuta reale. Che cosa e quanto la Massoneria fece durante il Risorgimento, fu il soggetto di una lunga discussione storiografica. La Massoneria era proibita dovunque. Piccole logge avrebbero potuto sopravvivere, con una vita effimera, isolata e nascosta. Cominciando dagli ultimi decenni del XIX secolo, la Massoneria in cerca di un fondamento per i propri crediti patriottici, sì sforzò di sostenere la tesi secondo la quale l'idea unitarista era stata generata e coltivata entro la stessa Massoneria, che le associazioni segrete fossero di conseguenza derivate dalla Massoneria, come la Carboneria o la Giovane Italia. L'Ospite interessato può consultare nella sezione dedicata “Carboneria e Massoneria” il documento: Dallo scisma della Massoneria ecco la Carboneria Oreste Dito, storico e Massone, nel 1905 rivendicò ai metodi e ai principi della Massoneria la fonte di ispirazione di molti movimenti rivoluzionari e segreti durante il Risorgimento, in modo tale che la Massoneria sarebbe stata un fattore favorente la nascita di molti movimenti liberali e nazionali. Al contrario, Alessandro Luzio, storico e pregiudizialmente anti-Massone, nel 1925 scrisse un lavoro ponderoso e largamente documentato, nel quale evidenziò la scomparsa della Massoneria dopo i divieti post-napoleonici e perciò la sua assenza dalle battaglie risorgimentali. Negli ultimi decenni, la prospettiva è leggermente cambiata. Mentre filiazioni indirette Carboneria-Massoneria possono essere stabilite, dopo il 1820 tutto scomparve. Tuttavia alcuni autori hanno connesso l'esperienza Massonica al sentimento di una nuova società e di una nuova azione politica, attraverso idee come quelle di una società di eguali, di un progresso sociale ottenuto attraverso il progresso personale, di un nuovo progetto di società. Terza fase è quella del nation building. Il nuovo stato era stato creato precipitosamente, raccogliendo qualunque interesse immediato per l'unificazione, lasciando i popoli al di fuori del processo, rompendo antiche lealtà e fedeltà tradizionali. Il nuovo stato, e il suo status di nazione, fu sfidato da tre forze anti-nuova-nazione, che comprendevano le antiche lealtà e giurisdizioni e poteri locali (aristocrazie periferiche, la campagna profonda tradizionale e i suoi fattori e contadini), il mondo Cattolico (che non accettava l'occupazione finale di Roma e che rigettava l'ispirazione laica della legislazione Piemontese), i potenziali effetti politici e sociali delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione. Dopo un Risorgimento che fu "una guerra civile tra due élite governanti", al quale l'assoluta maggioranza della popolazione non aveva partecipato, e che aveva ricevuto l'acquis Piemontese più che altro come una imposizione, il nuovo stato aveva bisogno, fondamentalmente, della fedeltà e della partecipazione dei suoi cittadini. I costruttori della nazione così diedero il via, imitando modelli esteri, a una ideologia del patriottismo, per mezzo della quale le classi medie di minor livello, non ancora presenti tra il ceto governante, e progressivamente tutti i gruppi e le classi sociali, potessero progressivamente essere nazionalizzate, o chiamate a dividere le idee di nazione e di diritti e doveri della cittadinanza. Durante il Risorgimento e il primo periodo di nation building, le élites Italiane assunsero la configurazione di fine secolo. Dopo il collasso napoleonico, le fondazioni dello stato di modello Francese furono mantenute e adattate, seppure con tutta la gradualità richiesta dalla molteplicità degli stati e delle giurisdizioni. Di conseguenza, la nobiltà perse progressivamente il controllo dello stato, mentre le carriere amministrative cominciavano a professionalizzarsi e a riempirsi di membri della classe media in possesso di una educazione universitaria. Qui, al fianco della vecchia aristocrazia, un nuovo gruppo di notabili cresceva velocemente: quelle delle funzioni pubbliche (e politiche), accessibili per mezzo del sapere. Vicino ad essi, cresceva in numero e in importanza una classe media moderna delle alte professioni e della cultura: avvocati, medici, ingegneri e architetti, docenti universitari; ancora una volta, un nuovo un gruppo di notabili guadagnava peso sociale: quello del sapere tecnico. La antica aristocrazia impiegò la maggior parte del secolo cambiando stili di vita, modificando le strategie di matrimonio, abbandonando la separatezza sociale; in altre parole, comprendendo che le vecchie giurisdizioni erano cadute e che doveva essere "inventata" una nuova posizione nella società. L'aristocrazia trovò una alleanza naturale con la alta classe media dei patrimoni, già ben mescolata con la nobiltà grazie alle scelte matrimoniali, il cui orizzonte e modello era quello della nobilitazione raggiunta. I due gruppi di notabili si incontrarono, grazie alla mediazione dei giovani. Essi accettarono l'idea che notabili per sangue e notabili per patrimonio avrebbero dovuto "ri-nobilitarsi" attraverso la pratica delle virtù civili (patriottismo, sostegno all'indipendenza nazionale, impegno per il progresso e per la modernizzazione...). Nello stesso tempo, la classe media dei funzionari pubblici di grado elevato e delle professioni, accettò l'idea di poter raggiungere una "nobilitazione informale" per mezzo del lavoro intellettuale e della pratica delle stesse virtù civili. I nuovi notabili stavano mostrando il loro desiderio di stabilire uno nuova organizzazione delle élite, dando nascita a una nuova aristocrazia e alla sua nuova società, quella liberale, nella sua nuova nazione, l'Italia. Infatti, le classi alte e medie furono le prime protagoniste e le prime rappresentanti dell'ideologia dell'indipendenza e dell'unità; protagoniste di persona della propaganda, delle barricate, delle azioni militari più o meno regolari, insieme con gruppi di studenti universitari, futuri membri della classe media, che possedevano la cultura necessaria ed erano pronti a gesti rivoluzionari. Alla nascita della nuova nazione, i notabili di queste élite divennero le élite di governo. Per i seguenti trent'anni, lo spazio dei nobili nella classe dirigente rimase importante, ma decrescente, mentre aumentavano la separatezza e la centralità dei possessi terrieri di questa classe, i nuovi posti furono occupati dai professionisti e dagli ancora pochi imprenditori, mentre la mobilità dell'economia giocava un ruolo enorme nella re-distribuzione delle ricchezze, così che tutte le gerarchie del denaro furono rifondate; come conseguenza, i gruppi dirigenti locali mossero da una composizione di proprietari con una buona presenza di nobili a una composizione di professionisti e alti burocrati. Dai primi tentativi ala fine del 1859, il Grande Oriente, provvisorio e ispirato alla Francia, in quindici anni riuscì nell'unificazione con quasi tute le altre Grandi Logge o Supremi Consigli nel frattempo comparsi. Nello stesso tempo, il governo del Grande Oriente si spostò dalle radici piemontesi, moderate e liberali, alle tendenze democratiche e azioniste, di ispirazione Mazziniana e Garibaldina. Nel 1874, il Grande Oriente raggruppava circa 6.000 membri in 156 logge in Italia e 15 paesi esteri; questi numeri non cambiarono sostanzialmente fino alla fine del secolo. Se invece guardiamo alla stabilità, possiamo osservare che solo dopo il 1885 il sistema delle logge dimostrò una certa continuità. Nel decennio 1874-1885, 200 logge furono fondate o rilanciate, ma 160 furono chiuse o sospese, mentre gli ingressi rimanevano intorno ai 500 l'anno, come le dimissioni o le esclusioni. La precarietà era il segno fondamentale dell'organizzazione Massonica; il che testimonia anche per una non ancora trovata omogeneità di idee e metodi. É interessante evidenziare come il fenomeno Massonico fosse principalmente urbano e fortemente concentrato intorno ai capoluoghi regionali. Fino al 1900, le aree provinciali furono Torino, Milano, Genova La Spezia, Livorno Firenze, Roma, Napoli, Bari, Cosenza e Palermo Messina; ogni capoluogo concentrava non meno del 70% dei nuovi ingressi. La Massoneria non era un fenomeno esclusivamente delle élite; ma la partecipazione di lavoratori e membri del popolo, apparsa in alcuni casi all'inizio, divenne rapidamente marginale. La composizione dei membri nel 1874 era per il 66% di borghesia e classe media e per il 14% di alta classe media. La tendenza seguente mostrò il dimezzamento di artigiani e lavoratori manuali, la quasi scomparsa dei proprietari, la buona riduzione degli imprenditori e la fortissima crescita di professionisti e pubblici funzionari, vale a dire, portando la classe media borghese a oltre l'80% dei membri. L'elitismo fu alla fine stabilito con le quote di partecipazione, che passarono da 1,5 lire per anno nel 1872 (equivalenti a 10 ore di lavoro di un lavoratore specializzato) e 100 lire una volta per tutte nel 1887 (equivalenti a quasi 500 ore di lavoro per un lavoratore specializzato); interessante il fatto che questa restrizione elitista venisse giusto cinque anni dopo l'allargamento del suffragio... Le élite della società civile erano intanto determinate dalla legge elettorale: nel 1874, meno del 7% della popolazione maschile oltre i 25 anni era elettrice attiva (2,5% della popolazione), con la riforma del 1882 più del 21 % della popolazione maschile oltre i 21 anni era elettrice attiva (7% della popolazione in generale). Di essi, l'1 % era Massone nel 1874 e lo 0,3% nel 1882. Una frazione minima; ma che cambia se si considera le classi dirigenti. Non possiedo valutazioni documentate: ma una cifra tra 40 e 50.000 per i membri dei gruppi dirigenti per i primi anni '80 è accettabile; in questo caso, la Massoneria contava tra i propri iscritti più del 10% dei membri dei gruppi dirigenti. Poiché il sistema costituzionale del Piemonte fu esteso alla nuova Italia, e poiché una gran parte dei protagonisti del Risorgimento era stata formata alla scuola Piemontese, la nuova Italia si trovò a ripetere la struttura politica del regno di Sardegna. Gli attori risorgimentali dell'unità erano ben separati tra liberal-conservatori (di destra o di sinistra) e democratici-radicali (Garibaldini, Mazziniani, repubblicani). Alla fine del Risorgimento, nel parlamento del nuovo stato, le due anime risorgimentali si sistemarono in un panorama politico diviso in "destra storica"" e "sinistra storica". La destra dimostrò di essere la prima a trarre insegnamenti dall'unificazione, sebbene rimanesse cauta e conservatrice di fronte alle innovazioni (e avendo perduto il riferimento cattolico); i politici della sinistra rappresentarono invece la tendenza a una più larga inclusione nella cittadinanza, a una generale eguaglianza di diritti e opportunità, a una società che si muovesse più velocemente, laddove essi avevano maggiori opportunità di essere inclusi nelle gerarchie dirigenti. La Massoneria Italiana vide, fin dall'inizio, la presenza delle élite del Risorgimento. Fin dall'inizio, vide una forte corrente di ingressi di membri della sinistra, dei quali molti in posizioni preminenti in Parlamento o tra i gruppi dirigenti di livello più alto. Già a partire dalla Assemblea Generale del 1864, la direzione dell'associazione si spostò dalla destra storica ai gruppi di ispirazione Garibaldina-Mazziniana, corrispondenti alla "sinistra storica". In questo modo, la Massoneria Italiana fu in grado di coinvolgere quelle classi medie che si rispecchiavano nel pensiero politico di sinistra, agendo così come un incubatore politico per quella classe media. Fin dall'inizio, i Massoni Italiani mostrano un forte desiderio di partecipazione politica. Da un lato, l'influenza sullo stato e sulla società veniva dichiarata come uno scopo fondamentale della Massoneria, nonostante periodici tentativi di re-indirizzare l'associazione verso principi di stile Inglese. Dall'altro lato, la connessione con la politica era assicurata dall'alto numero di deputati e senatori nelle sue posizioni di comando. A causa di quelle influenze, la Massoneria fu spinta a cercare un possibile ruolo nella società contemporanea, ruolo che, considerata la ristrettezza numerica delle élite, non poteva non essere che molto vicino alla politica, tra patriottismo, difesa del principio di nazione contro le forze disaggreganti, democrazia, e inclusione delle nuove classi tra i gruppi dirigenti. La Massoneria fu allora luogo di elaborazione, e filo per comunicare ai suoi membri, dall'alto in basso, di un progetto di politica di nation building. E grazie alla sua struttura ben organizzata, fu un solido riferimento in assenza di partiti politici o di altri spazi politici aperti alle classi medie. Da questo punto di vista, la Massoneria in Italia, almeno fino all'inizio delle avventure coloniali e alla grande crisi degli anni '90, per una larga parte della classe media Italiana (ovviamente, non cattolica) fu un paradigma identitario e uno strumento di integrazione in una visione politica, anche grazie al suo ruolo non esplicito di incubatore di tante nuove manifestazioni associative connesse alla Massoneria stessa. Forse queste conclusioni possono aiutare a rispondere alla domande poste da Nello Rosselli nella sua analisi del libro del Luzio: perché, dopo l'Unità, la Massoneria riunì tutte le anime del Risorgimento? Perché così tanti membri si avvicinarono alla Massoneria accettando un progetto di nation building capace di legittimare le nuove istituzioni e di proteggerle dagli attacchi dei conservatori e dei clericali? Perché la Massoneria diede un così grande contributo alla creazione della mitologia del Risorgimento? Perché vedere nella Massoneria un passo fondamentale per affermare la cultura laica indispensabile alla modernizzazione e al progresso del paese? La vasta presenza di membri della sinistra, rappresentanti delle nuovi classi medie, la larga presenza di uomini del Risorgimento, la concentrazione di attori della politica, gli scopi politici più o meno accettati, l'assenza di organizzazioni similari estese in tutto il paese, i ricordi della forte rappresentazione Napoleonica delle classi dirigenti, tutte queste cose possono fornire un buon inizio di risposta, lasciando da parte le suggestioni provenienti dalle eredità della Massoneria del XVIII secolo (e forse anche le letture gramsciane riferite a tempi posteriori). La sinistra che faceva parte della Massoneria fu la principale forza al lavoro per sviluppare il nuovo stato come una nazione, in direzione della nazionalizzazione delle classi medie e popolari, dando sostanza a una ideologia del patriottismo. Questa ideologia fece del patriottismo una religione civile, legando i cittadini dello stato allo stato, domandando nuove fedeltà civiche, chiedendo ai cittadini di adattarsi a una nuova terra natia, a un nuovo territorio e a una nuovo panorama istituzionale. L'ideologia del patriottismo comprendeva tre elementi facilmente in conflitto reciproco quello patriottico, idea guida e colla universale del sistema nazione, contenente il Risorgimento e la storia della lotta per l'indipendenza; un'idea pronta ad evolvere verso aspetti irredentisti, o a mutarsi naturalmente in aspetti imperialistici, a imitazione e in competizione con altri paesi europei: -quello laico e liberale, idea guida dei sistemi social i liberali e di libero mercato, fondamento della nuova società modellata dalle nuove aristocrazie, contenente in robusto sentimento anti-clericale e anti-Cattolico, capace di evolvere in direzione di una maggiore laicizzazione e di una ulteriore riduzione delle influenze clericali sulla società civile, intendendo clericalismo e cattolicismo come temi antinazionali e antiliberali (senza mai essere in grado di avviare qualcosa come la Kulturkampf bismarkiana); - quello della giustizia sociale, idea guida di ogni sistema democratico; della progressiva inclusione di tutte le classi sociali in una nuova cittadinanza, contenente l'idea dell'allargamento del suffragio e quella della repubblica. Ispirata dal pensiero delle scienze sociali positive e dai progetti di miglioramento delle condizioni di vita delle classi inferiori, contenente l'idea internazionalista e pacifista, e quella della risoluzione negoziata delle questioni internazionali, questa corrente finì in conflitto tanto con il nazionalismo quanto con la questione di classe. Come ogni religione, il patriottismo ha bisogno di simboli (statue, palazzi, luoghi), di santi (gli eroi delle epoche di fondazione) e liturgie (commemorazioni, processioni, feste nazionali...). Al di là dell'azione politica attraverso la formazione interna di attivisti centrali e periferici, la Massoneria fu assai attiva nel costruire elementi di quella religione a vantaggio di tutti i cittadini: qualcosa come una pedagogia del patriottismo, destinata a tutti e naturalmente fondata su una mitologia del Risorgimento visto come un programma educativo. Così le logge furono attive nel promuovere l'erezione di infiniti monumenti a Italiani importanti del passato come Dante Alighieri a Napoli o Cesare Beccarla a Milano, ai caduti del Risorgimento, come quelli del 1848 e 1860 a Messina o quelli del 1867 a Milano, agli uomini del Risorgimento, come i Fratelli Bandiera a Milano o Giuseppe La Farina a Messina, fino ai progetti per il più famoso monumento alla Repubblica Romana, o quello a Giuseppe Garibaldi (Roma). Uno sforzo simile fu dedicato alla celebrazione di grandi liturgie, come i funerali civili e Massonici del Gran Maestro Giuseppe Mazzoni a Prato (1880) o la partecipazione in abiti Massonici e Labari al pellegrinaggio nazionale alla chiesa del Panteon a Roma, alla tomba del re Vittorio Emanuele II (1884). Ancora significativo, l'impegno per fare del 20 settembre una festa nazionale, che domandasse speciali celebrazioni alla Massoneria. L'ideologia del patriottismo, avendo giocato un ruolo principale, rimase come primo punto dell'agenda socio-politica della Massoneria Italiana, e divenne una potente formula di auto-comprensione della Massoneria stessa, grazie anche alle battaglie anti-clericali di fine secolo; mentre l'originale ispirazione democratico-socialista, proveniente dalla stessa radice della sinistra storica, era pronta a riemergere nel momento nel quale gli uomini del Risorgimento avessero perso la loro preminenza; e anche l'anima internazionalista e moralisteggiante, temporaneamente rimossa dallo spirito patriottico e nazionalista, rimaneva alla porta. Con queste tre anime la Massoneria Italiana traversò l'epoca Crispina e Lemmiana e si presentò alla crisi economica, politica ed ideologica degli anni '90, cui l'ideologia del patriottismo non era più in grado di offrire risposte adeguate, mentre i ceti dirigenti del Risorgimento e della prima Italia unitaria lasciavano il posto a gruppi sociali del tutto nuovi. La crisi identitaria della Massoneria Italiana di fine secolo era alle porte.
Crediti: Il documento è opera d'ingegno del Carissimo F:. Giuseppe M. Vatri, ed è tratto da "L'Ipotenusa" n.9 Solstizio d'Inverno 2006 quinta serie. Ogni diritto è riconosciuto. La libera circolazione in rete del documento è subordinata alla citazione della fonte (completa di Link) e dell'autore. © Giuseppe M. Vatri |