Aesh

 

 Mezareph

 

 

A cura di 

S. Magaldi  e F. Pignatelli

Pericle Tangerine Editore

 

Il traduttore (Sergio Magaldi) risponde all'indirizzo:

http://www.sergiomagaldi.it

Per l'anonimo autore di Aesh Mezareph l'uomo è una pietra grezza che deve essere sgrossata; più ancora, collegando il corpo umano con le Sephiroth dell'Albero della vita, l'uomo deve apprendere a purificare i metalli impuri che si trovano in lui. Se riuscirà nell'impresa, non otterrà ricchezze materiali ma acquisterà in cambio longevità e saggezza.
S'intravede già dalle prime righe del testo il collegamento tra Qabalah e Alchimia, nel senso tuttavia che senza la conoscenza della prima non sarà neppure possibile accostarsi alla seconda, a meno di non voler fare come "gli studenti volgari della natura" che, male interpretando e per di più facendosi vanto di possedere la chiave di ogni segreto, finiscono per ottenere, in luogo di longevità e saggezza, malattie e disprezzo.

Il discorso cabalistico in Aesh Mezareph si avvale, com'è nella tradizione della Qabalah, del continuo riferimento ai versetti biblici, dell'uso talora anche eccessivo delle ghematrie e del costante rapporto tra le Sephiroth e i metalli, con analogie a prima vista sorprendenti solo perché hanno la possibilità di essere comprese all'interno di una prospettiva alchemica. Meraviglierà così, per esempio, che la materia prima dell'Opera venga attribuita a H’ocmâ (Sapienza)-Piombo, la medicina dei metalli a Malcouth (Regno e Luna degli alchimisti) e l'oro a Guebourâ (Potenza), e dove ci saremmo aspettati di trovare l'oro nella Sephirâ più alta, vi troviamo invece il metallo più vile e dove la lebbra o la corruzione dei metalli troviamo al contrario la medicina per purificarli. Quanto all'oro di Guebourâ, apprendiamo subito dal testo che il fondamento dell'oro è nel ferro misto al fango e che esistono ben dieci qualità di oro. Spetta dunque a questa Sephirâ esprimere le diverse e potenziali trasformazioni dell'oro, giacché in fondo un po' d'oro si nasconde in ogni Sephirâ e in ciascun metallo e tutto può essere purificato per l'azione di quella - per usare il linguaggio caro agli Orfici - "scintilla di luce" che si trova nei corpi.
Si comprende così anche il ruolo delle Sephiroth H’ocmâ e Malcouth. La prima e l'ultima, perché Kether, la Corona dell'Albero sephirotico, è la radice stessa dei metalli. Solo il saggio perviene alla comprensione della vera materia prima dell'Opera e solo lui conosce il potere della Luna per sbiancare i metalli impuri.

Unico trattato conosciuto di alchimia cabalistica. L'autore è ignoto e l'originale aramaico è andato perduto. La traduzione, arricchita di note esplicative, è condotta con rigore filologico direttamente dal testo latino, ricostruito dagli sparsi frammenti della monumentale opera di Knorr von Rosenroth La Kabbala Denudata, pubblicata nel 1677 e di difficile reperimento.


Edito in lingua inglese nel 1714, mai pubblicato in italiano, Aesh Mezareph fonde in mirabile sintesi i segreti della dottrina esoterica degli Ebrei con la tradizione ermetico-alchemica nota in Occidente.

 
 

 

 
 
 

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Musica: "Fuga I° di Atalanta Fugiens" di Michaël Maier 1687