"Atalanta Fugiens Fuga VII°"

Michaël Maier 1687

 

Il documento che di seguito si presenta per lo studio e l'indagine, è un documento poco noto ed è estratto da: "Lettere critiche, giocose, morali, scientifiche ed erudite del Conte Agostino Santo Pupieni"; pseudonimo dell’Avvocato Giuseppe Antonio Costantini. Il testo è estratto dalla II° edizione Tomo II in Venezia anno 1708 appresso Giuseppe Zoari.

L'autore in numerosi volumi a stile epistolare, ha sviluppato gli argomenti più vari e disparati tra cui l'Alchimia.

De Lapis Philosophorum

... non por mai mano a sperienze poiche' certamente nulla si potra' conseguire, essendo necessario di avere tutte le cognizioni della materia e dell'arte e del fuoco prima di mettere mano all'opra, e per conseguenza il contrassegno piu' certo di non sapere nulla e' l'andare vagando senza sapere l'intero.

... quantunque nello studio andassi formando le mie idee, mai pero' ho posto mano a esperienze, ricordevole dell'avvertimento che prima dovevo esser certo di tutto.

Mi contentai dunque dello studio e di formare in me stesso vari argomenti che mi facevano credere vera codesta scienza, quanto altrettanto mi assicuravano che io non ero giunto a veruna cognizione, ma solo a formare varie idee intorno alla materia ed al fuoco, ma non mai intorno all'arte

... a tutti i metalli si puo' estrarre il mercurio ossia l'argento vivo, e che da esso ricevono la loro gravita'.

... l'oro ha un maggior peso sugli altri metalli perche' contiene maggior quantita' di mercurio che e' noto essere pesantissimo.

Quindi: se il mercurio e' in tutti i metalli, la loro diversa configurazione, compagine e colore, proviene dalla diversita' della terra ossia zolfo che corporifica il mercurio; sicche' quando giungasi a trovare quella terra o quel zolfo che corporifica il mercurio per produr l'oro, non solo si potra' convertire in oro il mercurio semplice, ma anche ogni altro metallo, corporificando in oro quel mercurio che prima era legato

... allora intesi che Opus Nostrum non et sumptuosum ad altra terra che lo faceva esser rame, stagno, piombo, ecc. che non vi abbisogna che:

un vaso

uno furno

una igne

che l'opera e' Ludus puerorum et opus mulierum e che le tante putrefazioni, calcinazioni, coobazioni, sublimazioni, precipitazioni, ecc. delle quali son piene le opere dei filosofi, Creduntur sudores artis et sunt operationes naturae.

Oltre l'incoazione del primo capitolo Tota prius conscientia tua ab omni macula peccati, alias nihil boni assequeris, eravi un capitolo De Deo in cui si rende ragione della necessita' della retta coscienza e del buon fine nell'operare, con valide ragioni e con maturi argomenti, per distraere chiunque con soli fini umani volesse accingersi all'opera.

Vi e' poi un altro capitolo: De Igne in cui con vivi esempi si sostiene necessario il reggimento del fuoco nei termini da esso prescritti.

Inculca soprattutto che non si voglia affrettare; osserva, dice egli, le opere della natura; se l'uovo e' posto ad un tenue calore durevole per longo tempo, si forma il pollo e vi si introduce la vita; il grano del frumento gettato in terra, riscaldato dal lento calore del sole, germoglia e produce un'erba vivente, ed a suo tempo la spiga; ma se tu poni l'uovo in una caldaia bollente, ed il grano fra le brage, dando loro tutto ad un tempo quel calore che dovrebbero ricevere in lunghe giornate, ecco in essi perduta ogni speranza di vita.

... non vi crediate pero' che l'autore del libro scopra tutto, poiche' la materia e' nascosta.

É vero che l'iscrizione del primo capitolo e' Verba septem lapide pingunt. Vero altrettanto che dopo l'accennata premessa ei prosiegue: Accipide de lapide, quem si coecus non es, vides scriptum in hoc folio, ma non vi immaginate di vedere la pietra di balzo. Vi e' descritta, e le sette parole dipingono tutta l'opera.

Voi stupirete s'io vi dicessi che a prima vista, per cosi' dire, io toccai le tracce per rilevare le sette parole, e vidi infatti che quelle contenevano la materia e l'arte.

L'amico, pero' non ebbe difficolta' di lasciarmi vedere l'opera che dopo qualche mese aveva intrapresa e che dovette abbandonare, chiamato al campo al servizio del suo Principe. Vi diro' di piu': che egli era in altro luogo, ove l'avea riassunta, giunto a vedere il Caput corvi che e' la negrezza primo colore, ma che credendo di aver errato e non intendendo li termini dei filosofi, dopo quattordici mesi di assidua assistenza l'avea abbandonata.

Scopertogli poi da me il suo inganno, ricomincio' da capo.

... allora fissai esser vero che la materia non e' alcuno dei metalli, ne' zolfo, ne' allume e ne' vitriolo, ed esser vero quel detto dei filosofi:

 

Vis facere hominem? Sume semen hominis.

Vis facere lactucam? Sume semen lactucae.

Vis facere metallum? Sume semen metallicum.

Absurdum enim est, ex femine hominis quaerere lactucam, ex femine lactucae quaerere nominem.

 

Certo e' che questo seme metallico non puo' essere alcun metallo perche' altro e' il seme, altro il corpo prodotto dal seme.

É certo altrettanto che mi ricordo aver allora compreso che molti lavoravano ed avevano lavorato nella vera materia, quanto al soggetto, ma era materia non piu' viva ma morta, poiche' credendo che le materie fossero due, ingannati dalle dicerie degli autori, quando infatti e' una sola materia che due ne contiene, essi operavano intorno a quella che era gia' spoglia della seconda materia invisibile.

Mi ricordo del pari che fermai in me stesso esser vero quel:

 

Datur in rerum natura corpus metallicum quoddam facilis solutionis, facilisque putrefactionis; si hoc invenisti felix medicus eri.

 

E so che mi avvidi che il mio amico militante avea scelto una materia troppo compatta; quindi l'operazione gli riusciva si lunga che tardo' sino al quattordicesimo mese per vedere il primo colore.

Infatti mi sovviene essere questo uno degli avvertimenti del manoscritto, cioe' di non abbandonarsi d'animo se l'opera tardava oltre il dodicesimo mese, perche' cio' nascea dalla maggior durezza della materia, si' che talora potea potrarsi fino al trentesimo.

 

 

Torna a Indice Alchimia