Download "Lo Stipite destro basso"

Sullo stipite destro, in basso, vi è il simbolo del Sole, Oro, colore porporino e più sotto l'epigrafe:

 

 

Nostro figlio, morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto 

 

 

L'Argento, figlio delle fatiche degli alchimisti, vive dopo essere morto ed aver abbandonato le scorie, ma non è più Argento, finalmente è diventato Oro alchemico.

Torna dalla sublimazione, è diventato Zolfo rosso o Sole determinato dal sacro accoppiamento: Sole e Luna o Re e Regina con il loro amplesso hanno generato l'immortale Figlio, cosi si compie la grande Opera.

Come non ricordare, ancora, la Fenice misteriosa che risorge dalle sue ceneri, Dante che attraversa le fiamme come ultima purificazione, le prove del fuoco di molte fratellanze iniziatiche e, perché no, il Cristo risorto e sceso all'inferno per risalire alla destra del Padre. Inoltre, per comprendere chi sia questo Re, siamo aiutati dall'iscrizione Filius Noster. In Alchimia egli è il figlio del Sole e della Luna, è il Telesma di Ermete, forte di ogni forza, che sale dalla terra e discende dal cielo. E la terra è sua nutrice e suo ricettacolo.

Continua Ermete: "separerai la terra dal fuoco, il sottile dallo spesso, lentamente con gran cura".

Le analogie non mancano e tutte ci conducono a una affermazione, forse sorprendente: che tutte le epigrafi della porta alchemica fin qui considerate descrivono, in modi diversi, la stessa operazione, quella espressa da Ermete nella Tavola di Smeraldo.

È il solve et coagula degli alchimisti, lo sciogliere e legare dei cristiani che, guarda caso, è attribuito come facoltà a Pietro apostolo, cui Cristo disse: "Tu es petra" (tu sei pietra),

è la morte e resurrezione del Cristo, è la morte del Re Nero di Rosenkreutz e la sua trasmutazione in splendido volatile. Quanto al coniugio della frase, esso va interpretato come unione o matrimonio permanente, indissolubile.

La Pietra, nettata dal fuoco, ha stabilità infinita. La sua duplice natura (del rebis) è diventata una cosa diversa, ma unica, non è più suscettibile di separazione ulteriore (per la meraviglia della Cosa unica, dice Ermete).

È lo yoga degli induisti, il cui senso è unificazione con l'Assoluto, unione che, una volta raggiunta, non può ricreare lo status precedente. È la scritta del medaglione trinus et unus che fonde permanentemente Padre, madre e figlio, ovvero il Sole, la Luna e Oro.

Se con l'opera al bianco il Re era rinato alla vita (l'anima al di sopra delle acque come candida colomba), con l'opera al rosso è ridisceso in essa trasferendole la luce, ma soprattutto riacquistando totalmente la sua vera natura, quella divina, immortale. Questa condizione veniva chiamata nell'antichità corpo perfetto.

San Paolo enunciava il medesimo concetto chiamandola armatura di luce, il Buddismo tantrico con l'espressione corpo di diamante folgore.

Come possiamo vedere, l'umanità che è riuscita a porsi nella visione della Verità sul piano metafisico con linguaggio diverso esprime una unica Tradizione, una Verità identica, che è l'essenza noumenica.

Raphaël scrive: «Sotto questa prospettiva, si può essere d'accordo con Sofocle quando afferma, su ispirazione orfica: Non esser nati! Ecco ciò che trascende ogni pensiero. Ma se qualcuno appare nel mondo dell'esistenza, c'è un'altra cosa che ha senso: tornare al più presto da dove si era venuti".

E Pindaro non è da meno: Esseri effimeri! Che cos'è ciascuno di noi? L'uomo è il sogno di un'ombra!.

Se per un accidente siamo precipitati nel non-essere, è nostro dovere e destino ridare le ali all'Anima in modo che possa volare, senza indugio, verso la sua patria naturale.

Ancora Raphaël in Iniziazione alla Filosofia di Platone scrive: La fuga dal corpo e dal mondo è sì fuga, ma non verso l'annichilimento e l'evasione, bensì è fuga verso la vera patria dell'Essere, è fuga dal mondo delle ombre, è fuga dal sensoriale passionale irrazionale...».

Chi avrà saputo salire questa via in salita, non facile, otterrà l'ultima chiave, quella d'Oro di Dante.